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Il monito di Fabio Mascagni: "Il teatro e la cultura devono tornare a occuparsi di chi è stato espulso dalla società"

L'attore toscano si divide tra palco e corsi di formazione per ragazzi con un percorso 'incidentato': "Recitazione e pedagogia per aiutare gli altri"

di BARBARA BERTI -
18 ottobre 2022
L'attore Fabio Mascagni

L'attore Fabio Mascagni

“Il teatro e la cultura devono tornare ad occuparsi di chi è stato espulso dalla società”. E’ il pensiero dell’attore Fabio Mascagni, nato Prato e residente a Firenze, protagonista del monologo “Se ci sei batti un colpo”, in scena il 18 ottobre (ore 21,15) al Teatro Goldoni di Firenze, nell’ambito di Avamposti Teatro Festival. Sul palco porta tredici personaggi per una storia surreale e tragicomica volta a indagare la vita di un giovane uomo che ha tutto ciò che gli serve ma non il cuore: ci spiega meglio lo spettacolo? “E’ un testo scritto dall’amica, nonché pluripremiata drammaturga, Letizia Russo appositamente per me. Volevamo fare una riflessione del senso della vita. Così è nato Franco, un personaggio senza cuore, quindi politicamente scorretto, che osserva il mondo come fosse un alieno. Franco poi diventa altri personaggi nei quali il pubblico si può ritrovare. Tutto gira intorno a una domanda: ‘a cosa serve vivere se non si ha il cuore?’. Forte della sua immortalità, il personaggio viaggia senza sosta in giro per mondo, sconfinando nell’aldilà, alla ricerca del senso della vita, facendo incontri speciali oltre il tempo e lo spazio. Si confronta con i vertici delle religioni più seguite, arriva fino all’Olimpo, si misura con la dottoressa che ha studiato il suo caso, gli amici, i vicini di casa”.
L'attore toscano Fabio Mascagni, laureato in Scienze Pedagogiche

L'attore toscano Fabio Mascagni, laureato in Scienze Pedagogiche

Ma Franco, fondamentalmente, chi è? “E’ una persona qualsiasi che possiamo incontrare per strada nel quale possiamo immedesimarci. Lui nel suo percorso incontra personaggi stereotipati ed esilaranti, assurdi e ovvi allo stesso tempo, che restituiscono uno spaccato tragicomico della nostra società attuale vista con gli occhi di una asciutta razionalità che ha escluso la parte sentimentale di sé”. Lei si sente Franco? “Nella società di oggi abbiamo tante pressioni: dobbiamo lavorare, fare una famiglia, andare in palestra, seguire quel determinato corso o le lezioni di cucina tanto alla moda. Anche le vacanze sono diventate fonte di stress. Non ci fermiamo mai e io mi chiedo: 'dove sta il piacere?'. Sì, in questo senso mi sento inadeguato”. Vive in prima persona, quindi, il peso della società? “Ho cercato di trovare il mio posto nel mondo e di farmi accettare per quello che sono. Non è stato facile ma il teatro mi ha dato tanto in questo senso”. Ci spiega meglio? “Il teatro dà la possibilità di fare tutto, di essere chiunque e di comunicare tutte le emozioni anche quelle che non sono considerate positive, soprattutto con gli adolescenti che talvolta non riescono a canalizzare le energie che se male elaborate esplodono in violenza verso se stessi e verso gli altri. Il teatro è catartico”.
Fabio Mascagni è protagonista del monologo “Se ci sei batti un colpo”, in scena il 18 ottobre (ore 21,15) al Teatro Goldoni di Firenze, nell’ambito di Avamposti Teatro Festival

Fabio Mascagni è protagonista del monologo “Se ci sei batti un colpo”, in scena il 18 ottobre (ore 21,15) al Teatro Goldoni di Firenze, nell’ambito di Avamposti Teatro Festival

Il teatro ha sempre fatto parte della sua vita? “Purtroppo no, l’ho scoperto ‘da grandicello’, intorno ai 20 anni. Ma la recitazione è stata la mia salvezza per emanciparmi, riprendere gli studi interrotti, per maturare il mio potenziale. Ero un artigiano e riparavo macchine per cucire in un officina a Prato, ho provato la scuola di Teatro Laboratorio Nove diretta da Barbara Nativi, mi sono diplomato e da lì tutto è cambiato. Sono andato a Roma e ho avuto l’onore di lavorare con Lina Wertmuller, Massimo Castri, Michele Placido, Alvia Reale, Alessandro Haber e tanti altri”. Oggi non solo fa teatro, ma lo insegna anche… “Sì, tengo dei corsi di formazione teatrale per la Regione Toscana come pedagogista visto che sono laureato in Scienze Pedagogiche presso l’Università degli studi di Firenze. Insegno ai ragazzi in obbligo formativo, dai 14 ai 18 anni, che hanno lasciato la scuola per varie difficoltà. Sono gli ultimi, gli emarginati, quelli che la società tende a espellere. Ma io in questi ragazzi mi ci ritrovo: come loro anche io ho avuto un percorso ‘incidentato’ e il teatro mi ha aperto un mondo che per me era lontano, un mondo fatto di arte, cultura, bellezza. Ai ragazzi cerco di restituire questa speranza e insegnare che dalle difficoltà c’è sempre una via d’uscita, un’opportunità. Io durante la pandemia, per esempio, invece di deprimermi mi sono rimesso sui libri e ho preso la laurea”.
Fabio Mascagni in scena con “Se ci sei batti un colpo”, testo scritto dalla pluripremiata drammaturga Letizia Russo

Fabio Mascagni in scena con “Se ci sei batti un colpo”, testo scritto dalla pluripremiata drammaturga Letizia Russo

Cosa è per lei il teatro? “Vorrei non fosse un contenitore vuoto ma un posto per fare comunità. La gente ha sempre più bisogno di socializzare: ci stanno abituando a vivere in una società individualista dove appena cerchi di aiutare l’altro finisci per essere accusato di buonismo, dove il confine tra bene e male è sempre più labile. Ecco, il teatro può e deve essere, come già succede in altre città all’estero, un faro per il quartiere, per il paese. Così come ha salvato me, vorrei salvasse altre persone: è per questo che mentre lavoravo nei teatri in giro per l’Italia ho trovato il tempo di laurearmi in scienze pedagogiche. Oggi ho la possibilità di mettere queste due passioni e competenze a servizio di chi, come me vent'anni fa, non aveva possibilità perché nessuno gliene dava”. Cosa si può fare in questo senso? “Il mio obiettivo è proprio quello di trovare un luogo dove teatro e pedagogia possono andare a braccetto. Nella ricerca di questo spazio in cui dare corpo al progetto confesso, però, di avere qualche difficoltà. Anche solo capire come funziona l’accesso agli spazi pubblici, al di là della logica delle conoscenze, è difficile. Anche in questo senso, l’autoreferenzialità non fa bene al teatro e aprire le porte e le finestre è sempre una cosa buona”.
Fabio Mascagni in "Se ci sei batti un colpo"

Fabio Mascagni in "Se ci sei batti un colpo"

La politica cosa potrebbe fare? “Mi piacerebbe che chi gestisce la politica della cultura (che, come si sa, dipende dal denaro pubblico) iniziasse a dedicare spazio a chi sta fuori dalla società. Perché la cultura è davvero l’unica possibilità che abbiamo per integrare, accogliere e in un certo senso salvare pezzi interi di comunità. Non possiamo continuare a guardare inerti la disgregazione, abituarci a vedere i nostri teatri vuoti. Secondo me la politica dovrebbe occuparsi del benessere dei cittadini, invece fa altro per accaparrarsi il consenso”. Un esempio? “Oggi tutti siamo attanagliati dalla paura di non arrivare a fine mese e questo si riflette nel modo di vivere, non si fa più figli. Ma non è rimettendo in discussione l’aborto che si risolve il problema, piuttosto aiutando le famiglie con servizi e risorse per l’infanzia. Siamo in una società del benessere che non ci fa stare bene. Una società intelligente, invece, dovrebbe aiutare, recuperare e integrare tutti. E su questo c’è ancora molto da fare perché se appartieni a una qualsiasi minoranza, etica, religiosa, estetica, se sei anziano, subisci più pressioni. Lo stesso vale per il genere perché viviamo in una società ancora maschilista”.