
L’attrice Lupita Nyong’o posa sul red carpet del Met Gala 2025
Tra celebrity, abiti scintillanti e polemiche, come tutti gli anni nel primo lunedì di maggio si è tenuto il Met Gala: il 5 maggio al Metropolitan Museum di New York è andato in scena uno degli eventi più attesi del mondo della moda e dell’intrattenimento. Il tema di quest’anno, ispirato al libro “Slave to Fashion” Monica L. Miller, era “Superfine: Tailoring Black Style”: così come la mostra associata al galà, il tema esplora l'importanza della sartoria e della moda nella formazione dell'identità nera. E il dress code - “Tailored for you” - invitava gli ospiti a a reinterpretare la sartoria classica in modo personale e creativo, con riferimenti a silhouette zoot, stili dei sapeurs congolesi e accessori distintivi come cappelli e bastoni.

La volontà del Met di celebrare l’eleganza e l’identità sartoriale nera non è stata però rispettata da tutti. Sono state diverse le voci critiche che hanno sottolineato l’assenza di rappresentatività coerente tra i partecipanti rispetto al tema: molti ospiti bianchi hanno sfoggiato look ritenuti culturalmente insensibili o superficiali nell’interpretazione. Eppure, il tema sottolineava un filone di grande importanza per la black culture, che si può riassumere nell’idea che vestirsi bene, in modo elegante e raffinato, può rappresentare per la comunità nera un atto di resistenza.
Il dandysmo nero: non solo un'estetica
“In contesti dove i corpi neri venivano svalutatati, ridotti o esclusi, scegliere con cura come apparire diventava un modo per affermare la propria dignità”, spiega il magazine Essere Nero. Il dandismo nero è un gesto culturale, sociale e storico che utilizza l’eleganza come “arma culturale” per “sfidare gli stereotipi e riscrivere i codici della bellezza”, continua l’articolo.

Non si tratta solo di apparire belli, ma di sfidare un mondo che cerca di definire e confinare l’identità nera al di fuori del concetto di eleganza: secondo Vogue, il dandismo nero è “una rivoluzione della moda, un movimento ricco di storia, resistenza e orgoglio”. E il suo impatto non è allora solo estetico, ma culturale: “un atto di protesta e una celebrazione duratura dell’individualità” di persone appartenenti a una comunità oppressa.
Il dandismo in sè è un’estetica - ma anche un movimento - che celebra la moda come strumento di auto-espressione e di ribellione contro le norme sociali. Ed è proprio a questa ribellione che fa riferimento il back dandyism: in un mondo in cui le persone afrodiscendenti sono sempre state emarginate, il dandy diventa una figura che sfida le rigide categorie di razza e classe che cercavano di confinarlo.

“Durante schiavitù e colonialismo, quando i neri venivano disumanizzati, adottare uno stile di abbigliamento eurocentrico poteva essere visto come una strategia di sopravvivenza ma anche come un atto di ribellione”, racconta Jordan Anderson su StyleMagazine. Anderson sottolinea il paradosso di questa estetica: se da un lato rappresenta un modo per sfidare le nozioni razziste dell’inferiorità e per affermare la propria dignità personale attraverso l’eleganza, dall’altro può anche essere interpretata come un’assimilazione, un allineamento alla moda eurocentrica per ottenere accettazione sociale.
Il rischio dell’estetizzazione della protesta

Il tema del dandismo nero è quindi intrinsecamente legato a una storia di protesta, resilienza e riscrittura dei codici sociali dominanti. Ma in un evento come il Met Gala - che ruota attorno allo spettacolo e all’immagine - esiste sempre il rischio che questo messaggio venga assorbito e neutralizzato dall’apparato mediatico. Quando ogni gesto, abito o dichiarazione viene filtrato attraverso le lenti del glamour e del consumo, anche l’atto più politico rischia di diventare un’estetica “instagrammabile”.
Sebbene l'evento abbia visto la partecipazione di numerosi designer neri e queer, come Christopher John Rogers e Maximilian Davis, che hanno cercato di mantenere viva la narrazione culturale attraverso le loro creazioni, la spettacolarizzazione e la ricerca del consenso mediatico hanno diluito il messaggio originale, trasformando atti di resistenza in semplici tendenze estetiche Il black dandyism nasce per sfidare l’ordine stabilito, se traslato senza contesto in uno spazio dominato dalla celebrità e dallo status, può rischiare di essere percepito come una semplice tendenza da replicare, perdendo il suo valore dirompente. Questo pone una questione fondamentale: la moda può ancora essere un veicolo di protesta se viene completamente inglobata dai circuiti del privilegio?