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Il canto di Moni Ovadia: "Il diritto di ogni essere umano? Considerarsi un cittadino di questo pianeta"

Musicista, attore e co-sceneggiatore, l'intellettuale bulgaro si batte da sempre per l'eguaglianza e la pace: "Tutti gli uomini nascono liberi, chi infrange questo precetto va contro la legge"

di GUIDO GUIDI GUERRERA -
2 gennaio 2023
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Un uomo di cultura, una persona affascinante, un attore dal carisma e dal talento indiscussi. Moni Ovadia, ebreo di discendenza sefardita, nato in Bulgaria ma milanese di adozione, è uno dei personaggi più singolari del nostro panorama intellettuale contemporaneo. Le sue idee sganciate totalmente dal mainstream ordinario e per questo spesso molto discusse, quando non invise, lo hanno reso anche per questo famoso. Un uomo libero, Moni, diminutivo di Salomon, che non si preoccupa mai di esternare il proprio pensiero anche a costo di attirare su di sé l’ostracismo di molti benpensanti. Direttore del Teatro di Ferrara dal 2020, vanta un curriculum lungo quanto un treno tanto nelle vesti di attore teatrale, che in quelle di protagonista al cinema e in televisione. Vegetariano per scelta etica, è stato un grande ammiratore e amico del presbitero Andrea Gallo per l’onesta dei suoi principi, e si batte da sempre per i diritti umani, senza alcun confine di razza o religione, senza manicheismi che dividano il bianco dal nero o il male dal bene in modo netto. Condizioni, queste, insite nella natura umana che vanno dunque accettate, come scontate e inevitabili.
Attore, co-sceneggiatore e musicista, Moni Ovadia è nato il 16 aprile 1946 a Plovdiv (Bulgaria)

Attore, co-sceneggiatore e musicista, Moni Ovadia è nato il 16 aprile 1946 a Plovdiv (Bulgaria)

In aperta polemica da tempo con la Comunità Israeliana di Milano, Ovadia non esita a sostenere i diritti dei palestinesi, spesso calpestati in modo violento e umiliante, convinto che l'ossessione per l'antisemitismo e per la Shoah, uniti all'ultranazionalismo israeliano, siano strumentalizzati da Israele e dalla destra "reazionaria" di Netanyahu. Da sempre l’attore ha levato la sua voce contrastando le discriminazioni razziali, a cominciare da quelle che pesano su Sinti e Rom, in nome di un principio intangibile che è la libertà e il diritto di ogni essere umano di considerarsi cittadino del pianeta. Comunque venga ravvisato il più piccolo segno di ingiustizia, quando anche lontanamente si avverta il maleodorante sospetto di fascismo in qualsiasi forma appaia, Moni sarà pronto a schierarsi in prima linea e a dire la sua senza peli sulla lingua, da idealista, da uomo assolutamente libero. L’artista è attualmente impegnato nella sua professione di ‘teatrante’ con la riproposta di Oylem Goylem, che in yiddish significa 'mondo scemo', in cui si fondono umorismo ‘witz’ tipico della cultura ebraica e canzoni tradizionali. Uno spettacolo di grande fascino che, dopo trent’anni, riesce ancora a stupire e a divertire, brillando della luce vivida di una attualità che, come la storia ci insegna, non può essere mai troppo diversa dal passato e da quei mali che vorremmo poter cancellare. Moni Ovadia, lei che si è spesso battuto l’accoglienza, quale significato attribuisce nel mondo di oggi alle parole emarginazione e inclusione? "Parto da un preciso assunto sottoscritto da 198 popoli del mondo, che è la Carta universale dei diritti dell’uomo. All’articolo 1, recita : "Tutti gli uomini nascono liberi e uguali per dignità e diritti. E questo principio ricomprende tutti i possibili aspetti etici. Dunque a prescindere dal pensiero ebraico, islamico o cristiano va sottolineata l’assoluta identità di ogni persona per il fatto incontrovertibile di essere tutti abitanti di questo pianeta terra, seppure con evidenti differenze culturali e religiose. Chi infrange questo diritto va contro la legge e lede un precetto sacro". Possiamo parlare nel nostro tempo del pericoloso riaffacciarsi dell'antisemitismo? "È una presenza latente destinata a durare finché nelle società non sarà promossa, risvegliata e conquistata la coscienza in ogni essere umano. E questo comprendendo bene il valore della diversità, perché essere diversi non equivale a essere anormali. Ognuno deve rispondere per quello che fa, per come si comporta, non per quello che è, per la sua appartenenza a una etnia piuttosto che a un’altra. Se ad esempio un ebreo commette un reato come nel caso del truffatore Bernard Madoff condannato a 150 anni di galera , è giusto che paghi per i reati che ha commesso. Ma ritengo stupido partendo da un fatto del genere mettere gli ebrei alla stessa stregua di quel criminale. Continuando possiamo sostenere che Soros è un individuo spregiudicato, come tutti i banchieri in quanto tali possono esserlo: se esistessero delle prove contro di lui andrebbe condannato per i propri illeciti di finanziere, ma non in quanto ebreo. George Soros ha messo in pratica le sue idee e ha usato i suoi tantissimi soldi per sostenere le cosiddette ‘società aperte’, così come immaginate da Karl Popper a cui la sua visione filosofica si ispira: a mio avviso puntare il dito contro di lui perché ebreo oltre ad essere un atteggiamento razzista è da idioti".
Moni Ovadia (76 anni, a sinistra) e Shel Shapiro posano sulla scena di ’Shylock - Il mercante di Venezia in prova’

Moni Ovadia (76 anni, a sinistra) e Shel Shapiro posano sulla scena di ’Shylock - Il mercante di Venezia in prova’

Si è mai sentito personalmente discriminato? "Per fortuna ne sono stato risparmiato: forse mi ha in qualche misura salvato la mia professione di artista, ma non ne sono sicuro. Devo dire che al massimo sono stato vittima di attacchi da bar, facezie più o meno gravi prive di conseguenze emotive. Invece sono stato attaccato per il fatto di sostenere i diritti della causa palestinese perché non ho dubbi né remore quando è l’ora di difendere gli oppressi di qualsiasi razza siano. In occidente e in Europa in particolare esiste un tabù che impedisce di muovere critiche agli ebrei per via della ‘shoah’. Non possiamo mescolare le cose, sono aspetti che vanno considerati separatamente . In realtà mi sento attratto in modo speciale dalla bellezza molteplice dell’universale umano e quindi ritengo intollerabili le esibizioni di ipernazionalismo israeliano: una vera e propria pestilenza non solo nei confronti dei palestinesi ma anche degli stessi israeliani perché la sua conseguenza non può che portare a discriminazioni e a guerre. Il governo militare israeliano è da condannare dal momento che pratica forme di apartheid, vessazione, segregazione e stillicidio costringendo a vivere in una sorta di prigione a cielo aperto”. Qual è la sua idea riguardo alla guerra in atto tra Russia e Ucraina? "Probabilmente apparirò anche in questo caso impopolare e ‘voce fuori dal coro’. Non esito ad attribuire ogni responsabilità agli Stati Uniti , colpevoli di aver preparato con cinica determinazione questo scenario muovendo le carte in modo tale che si scatenasse questo putiferio. Putin aveva ripetuto da tempo che per lui la situazione geopolitica che andava profilandosi stava diventando inaccettabile. Non dimentichiamo, a questo riguardo, le prove registrate in cui ben due presidenti americani avevano giurato a Gorbaciov che la Nato non si sarebbe espansa di un solo centimetro oltre i confini dell’ex Germania Orientale. Perciò Putin, che comunque ha tutte le caratteristiche negative dei dittatori, ha per forza di cose dedotto che la parola del presidente degli Stati Uniti vale assai meno della carta straccia. Inoltre va considerata la questione ‘difensiva’ della Nato nei confronti dei Paesi che ne fanno parte e di quelli che vorrebbero entrarci: in realtà questa alleanza difensiva si è estesa fino ai confini della Russia, che implicitamente è stato dichiarata paese nemico. Riflettiamo inoltre su questo aspetto logico: la Polonia ha bisogno di sentirsi sicura, così come la Bulgaria, la Romania e un po’ tutti i paesi baltici: solo la Russia non ha il diritto di sentirsi sicura? Bene, la conseguenza è che quando l’America attraverso la Nato ha messo le mani sull’Ucraina, Putin ha reagito nel modo che è sotto gli occhi di tutti. Le ragioni che hanno una fonte, vanno sempre indagate con molta attenzione". Ci sarà mai pace tra arabi ed ebrei? Secondo lei c’è un interesse preciso nel fomentare certi conflitti? "È difficile profetizzarlo, certamente potrà nascere la pace solo quando ci sarà equilibrio tra diritti e doveri. Sicuramente i fomentatori di guerra fanno enormi affari, ma il problema che riguarda la questione israelo-palestinese è molto delicato e di non agevole soluzione, almeno nell’immediato. Molti palestinesi hanno casa nel territorio israeliano e per questo aspetto gli ebrei non hanno mai proposto una vera e propria soluzione se non relegare in gabbie a cielo aperto il popolo palestinese costretto a vivere in una condizione di oppressione vergognosa. Questa non si può chiamare soluzione. Secondo me gli israeliani non contemplano per adesso nessuna via d’uscita, finché non verranno costretti dalle Comunità della terra a osservare le risoluzioni internazionali che valgono per il resto del mondo. Basti pensare che ogni stato detentore di armi nucleari deve sottostare a severi regimi di controllo tranne Israele, dotata notoriamente di parecchie testate nucleari nonostante l’evidenza resti nel vago".
Moni Ovadia con Roberto Andò

Moni Ovadia con Roberto Andò

Se dovesse immaginare un mondo nuovo e diverso che forma gli darebbe? "Come primo gesto di abbellimento del nostro pianeta immagino un passaporto universale . Un documento in cui si certifica che innanzitutto sei abitante della terra , e poi sei cittadino europeo, americano o asiatico... Con la specifica di dove sei nato in grado di garantire la possibilità di viaggiare ovunque senza che si pretenda un permesso di soggiorno. Un po’ come stare su internet, puoi navigare come meglio ti piace ma se sgarri c’è un IP che ti inchioda. Inoltre andrebbe fissato un diritto universale garantito in forza del quale poter chiamare in giudizio qualsiasi stato che non ottemperi. Dopo di che apporterei questa modifica alla nostra carta: il pianeta terra è bene comune di chi lo abita. Basti pensare che persone senza scrupoli, né principi etici si sentono liberi di disboscare intere aree grandi quanto la Svizzera, sicuri che in nome del business comune non verranno mai indagati". Che cosa la fa arrabbiare di più? “Avere a che fare con individui che hanno il potere di decidere pur essendo totalmente estranei al mondo dello spettacolo. Soffro del fatto che tanti teatri mi hanno ostracizzato non perché sono un cattivo attore ma per essere politicamente sgradito . In effetti mi sento un anarchico con la propensione per l’eleganza signorile che non ammette e non sopporta la mediocrità supponente di certi soggetti, incompetenti e decisamente volgari. Non dimentichiamo che un teatrante è un cittadino il quale in quanto tale può essere di destra, di sinistra o di centro, senza per questo dover temere la discriminazione o la penalizzazione del suo talento e della sua arte. In questo clima di oscurantismo politico, ho visto uno spiraglio di luce grazie a Vittorio Sgarbi, uomo di straordinaria equanimità, persona attenta e dotata di grande sensibilità: il nostro è stato un incontro tra uomini di cultura che si sono subito riconosciuti e per questo piaciuti. Lo definirei un rapporto tra gentiluomini". C’è speranza? "La speranza deve essere sempre tenuta accesa per il semplice fatto che non possiamo trasmettere le nostre delusioni, la mancanza di coraggio e il nostro cinismo alle generazioni che verranno. Conosco giovani di autentico grande valore e passione, futuri uomini che sono sicuro ce la faranno, che si affermeranno nel mondo anche molto meglio di noi, contribuendo a renderlo più bello e vivibile. Tutta la speranza che ripongo è proprio in loro, custodi attenti di quegli ideali che sapranno difendere e far crescere per un futuro di pace".