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Home » Spettacolo » The Good Mothers, la ‘Ndrangheta raccontata dal punto di vista delle donne che hanno osato sfidarla

The Good Mothers, la ‘Ndrangheta raccontata dal punto di vista delle donne che hanno osato sfidarla

La serie in concorso alla Berlinale 2023 segue la storia vera di tre madri che si ribellano per garantire ai figli un futuro diverso

Barbara Berti
17 Gennaio 2023
La nuova serie originale italiana targata Disney+, "The Good Mothers"

La nuova serie originale italiana targata Disney+, "The Good Mothers"

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La ‘Ndrangheta raccontata dal punto di vista delle donne che hanno osato sfidarla. E’ questo il tema di “The Good Mothers”, la nuova serie originale italiana Disney+, in concorso alla Berlinale 2023 (dal 16 al 26 febbraio) nella prestigiosa sezione “Berlinale Series”, che quest’anno assegna per la prima volta nella storia del festival il Berlinale Series Award.

 

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Con questo crime drama dal forte impatto emotivo – per la regia di Julian Jarrold ed Elisa Amoruso -, il creatore Stephen Butchard (già autore di “Baghdad Central” e “The Last Kingdom”) porta sugli schermi l’omonimo romanzo-inchiesta del giornalista Alex Perry, inedito in Italia ma diventato un bestseller all’estero. “The Good Mothers” (prodotta da Juliette Howell, Tessa Ross e Harriet Spencer per House Productions e da Mario Gianani e Lorenzo Gangarossa per Wildside del gruppo Fremantle) è, dunque, un’opera corale e sfaccettata che racconta la storia vera di tre donne, cresciute all’interno dei più feroci e ricchi clan della ‘Ndrangheta, che decidono di collaborare con una coraggiosa magistrata che lavora per distruggerla dall’interno. Queste donne dovranno quindi combattere contro le loro stesse famiglie per il diritto di sopravvivere e di costruire un nuovo futuro per se stesse e per i loro figli. La serie – sei episodi da 45 minuti – arriverà a breve sulla piattaforma Disney+ con il titolo “Le buone madri”.

L'attrice Gaia Girace interpreta Denise Cosco
L’attrice Gaia Girace interpreta Denise Cosco

La trama tra fiction e realtà

La serie parte dal lavoro di Anna Colace (l’attrice Barbara Chichiarelli, già vista in “Suburra– La serie”, in “Favolacce” e pure in “Corpo libero“), una giovane e brillante magistrata che attacca la criminalità organizzata calabrese e le sue ramificazioni nel Nord dell’Italia facendo leva sulla voglia di ribellarsi di tante donne, moglie e madri dei boss, vittime di oppressione e violenza. Le indagini della pm cominciano partendo dal caso di Lea Garofalo (interpretata da Micaela Ramazzotti), la donna brutalmente torturata, uccisa e sciolta nell’acido dal marito Carlo Cosco (l’attore Francesco Colella, già visto in “ZeroZeroZero” e “Trust”) perché aveva deciso di sfidare la ‘Ndrangheta, alla quale apparteneva per nascita e dalla quale voleva fuggire per iniziare una nuova vita con la figlia Denise ( interpretata da Gaia Girace, la “Lila” de “L’amica geniale”). La pm Anna scopre tante vicende come quella di Lea, in particolare le storie di Giuseppina Pesce (interpretata da Valentina Bellè, la Lucrezia Tornabuoni della serie evento “I Medici”), e Maria Concetta Cacciola (l’attrice Simona Distefano, vista nel film “Il Traditore”).

L'attrice Valentina Bellè nella serie "The Good Mothers"
L’attrice Valentina Bellè nella serie “The Good Mothers”

Donne diverse tra loro ma legate da un destino comune e dallo stesso desiderio di riscrivere il proprio destino. Figlia del boss Salvatore di Rosarno, Giuseppina Pesce appartiene ad uno dei clan più potenti della ‘Ndrangheta: quando sceglie di fare i nomi denunciando il padre, il fratello e il cugino, si condanna a morte ma riesce comunque a resistere alle intimidazioni che la famiglia riserva a lei e ai suoi tre figli. Non è da meno Maria Concetta Cacciola, condannata a morte dal padre Michele, cognato del boss Gregorio Bellocco, e dal marito, affiliato al clan Bellocco, per aver spezzato il sacro legame di sangue della ‘ndrina e scelto di collaborare. Il 20 agosto 2011, dodici giorni dopo il suo ritorno in famiglia a Rosarno preda della nostalgia per i figli, Concetta viene trovata morta nel bagno di casa: non ha retto la pressione e ha ingerito dell’acido muriatico. Aveva solo 31 anni.

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  • Nino Gennaro cresce in un paese complesso, difficile, famigerato per essere stato il regno del boss Liggio, impegnandosi attivamente in politica; nel 1975 è infatti responsabile dell’organizzazione della prima Festa della Donna, figura tra gli animatori del circolo Placido Rizzotto, presto chiuso e, sempre più emarginato dalla collettività, si trova poi coinvolto direttamente nel caso di una sua amica, percossa dal padre perché lo frequentava e che sporse denuncia contro il genitore, fatto che ebbe grande risonanza sui media. Con lei si trasferì poi a Palermo e qui comincia la sua attività pubblica come scrittore; si tratta di una creatività onnivora, che si confronta in diretta con la cronaca, lasciando però spazio alla definizione di mitologie del corpo e del desiderio, in una dimensione che vuole comunque sempre essere civile, di testimonianza.

Nel 1980 a Palermo si avviano le attività del suo gruppo teatrale “Teatro Madre”, che sceglie una dimensione urbana, andando in scena nei luoghi più diversi e spesso con attori non professionisti (i testi si intitolano “Bocca viziosa”, “La faccia è erotica”, “Il tardo mafioso Impero”), all’inseguimento di un cortocircuito scena/vita. Già il logo della compagnia colpisce l’attenzione: un cuore trafitto da una svastica, che vuole alludere alla pesantezza dei legami familiari, delle tradizioni vissute come gabbia. Le sue attività si inscrivono, quindi, in uno dei periodi più complessi della storia della città siciliana, quando una sequenza di delitti efferati ne sconvolge la quotidianità e Gennaro non è mai venuto meno al suo impegno, fondando nel 1986 il Comitato Cittadino di Informazione e Partecipazione e legandosi al gruppo che gestiva il centro sociale San Saverio, dedicandosi quindi a numerosi progetti sociali fino alla morte per Aids nel 1995.

La sua drammaturgia si alimenta di una poetica del frammento, del remix, con brani che spesso vengono montati in modo diverso rispetto alla loro prima stesura.

Luca Scarlini ✍

#lucenews #lucelanazione #ninogennaro #queer
  • -6 a Sanremo 2023!

Questo Festival ha però un sapore dolceamaro per l
  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

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  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

#lucenews #lucelanazione #mariekondo
La ‘Ndrangheta raccontata dal punto di vista delle donne che hanno osato sfidarla. E’ questo il tema di “The Good Mothers”, la nuova serie originale italiana Disney+, in concorso alla Berlinale 2023 (dal 16 al 26 febbraio) nella prestigiosa sezione “Berlinale Series”, che quest'anno assegna per la prima volta nella storia del festival il Berlinale Series Award.
 
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Un post condiviso da Disney+ IT (@disneyplusit)

  Con questo crime drama dal forte impatto emotivo - per la regia di Julian Jarrold ed Elisa Amoruso -, il creatore Stephen Butchard (già autore di “Baghdad Central” e “The Last Kingdom”) porta sugli schermi l’omonimo romanzo-inchiesta del giornalista Alex Perry, inedito in Italia ma diventato un bestseller all'estero. “The Good Mothers” (prodotta da Juliette Howell, Tessa Ross e Harriet Spencer per House Productions e da Mario Gianani e Lorenzo Gangarossa per Wildside del gruppo Fremantle) è, dunque, un’opera corale e sfaccettata che racconta la storia vera di tre donne, cresciute all’interno dei più feroci e ricchi clan della ‘Ndrangheta, che decidono di collaborare con una coraggiosa magistrata che lavora per distruggerla dall’interno. Queste donne dovranno quindi combattere contro le loro stesse famiglie per il diritto di sopravvivere e di costruire un nuovo futuro per se stesse e per i loro figli. La serie – sei episodi da 45 minuti – arriverà a breve sulla piattaforma Disney+ con il titolo “Le buone madri”.
L'attrice Gaia Girace interpreta Denise Cosco
L'attrice Gaia Girace interpreta Denise Cosco

La trama tra fiction e realtà

La serie parte dal lavoro di Anna Colace (l’attrice Barbara Chichiarelli, già vista in “Suburra– La serie”, in “Favolacce” e pure in "Corpo libero"), una giovane e brillante magistrata che attacca la criminalità organizzata calabrese e le sue ramificazioni nel Nord dell'Italia facendo leva sulla voglia di ribellarsi di tante donne, moglie e madri dei boss, vittime di oppressione e violenza. Le indagini della pm cominciano partendo dal caso di Lea Garofalo (interpretata da Micaela Ramazzotti), la donna brutalmente torturata, uccisa e sciolta nell'acido dal marito Carlo Cosco (l’attore Francesco Colella, già visto in “ZeroZeroZero” e “Trust”) perché aveva deciso di sfidare la ‘Ndrangheta, alla quale apparteneva per nascita e dalla quale voleva fuggire per iniziare una nuova vita con la figlia Denise ( interpretata da Gaia Girace, la “Lila” de “L’amica geniale”). La pm Anna scopre tante vicende come quella di Lea, in particolare le storie di Giuseppina Pesce (interpretata da Valentina Bellè, la Lucrezia Tornabuoni della serie evento “I Medici”), e Maria Concetta Cacciola (l’attrice Simona Distefano, vista nel film “Il Traditore”).
L'attrice Valentina Bellè nella serie "The Good Mothers"
L'attrice Valentina Bellè nella serie "The Good Mothers"
Donne diverse tra loro ma legate da un destino comune e dallo stesso desiderio di riscrivere il proprio destino. Figlia del boss Salvatore di Rosarno, Giuseppina Pesce appartiene ad uno dei clan più potenti della 'Ndrangheta: quando sceglie di fare i nomi denunciando il padre, il fratello e il cugino, si condanna a morte ma riesce comunque a resistere alle intimidazioni che la famiglia riserva a lei e ai suoi tre figli. Non è da meno Maria Concetta Cacciola, condannata a morte dal padre Michele, cognato del boss Gregorio Bellocco, e dal marito, affiliato al clan Bellocco, per aver spezzato il sacro legame di sangue della 'ndrina e scelto di collaborare. Il 20 agosto 2011, dodici giorni dopo il suo ritorno in famiglia a Rosarno preda della nostalgia per i figli, Concetta viene trovata morta nel bagno di casa: non ha retto la pressione e ha ingerito dell'acido muriatico. Aveva solo 31 anni.
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