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Home » Spettacolo » Neon, emozioni in scena con attori disabili: “Tutti i corpi possono fare tutto”

Neon, emozioni in scena con attori disabili: “Tutti i corpi possono fare tutto”

A Catania il progetto teatrale di inclusione nato dalla visione artistica di Piero Ristagno e Monica Felloni: "Siamo umani. Meravigliosamente umani”

Elsa Toppi
6 Gennaio 2023
Un momento dello spettacolo (foto di Luca Di Prato)

Neon, un momento dello spettacolo (foto di Luca Di Prato)

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Corpi in movimento, connessi ad altri corpi, esibiti in quella che possiamo definire la poetica della diversità. Corpi insoliti quelli che, con abilità differenti, si esprimono nel laboratorio di Neon. Che è più di un laboratorio, è un vero e proprio liberatorio delle differenze. Anime che si incontrano e interagiscono nel teatro, nella poesia, nella musica e nella danza. Qui la disabilità va in scena senza compromessi in tutta la sua autenticità e unicità espressiva. Il risultato è commovente ma mai pietoso. Coinvolgente e mai commiserevole.

Neon, un momento dello spettacolo (foto di Luca Di Prato)
Neon, un momento dello spettacolo (foto di Luca Di Prato)

Neon esiste dal 1989 ed è nato dall’intuizione e dalla visione artistica di Piero Ristagno, direttore artistico, e Monica Felloni, regista e attrice. Un progetto di inclusione artistica, il loro, dal valore assoluto che finisce per avere una importanza paradigmatica a livello culturale e sociale. Il laboratorio è condotto dalla stessa Monica Felloni assieme con Manuela Partanni, danzatrice, attrice e aiuto regista.

Piero Ristagno, direttore artistico
Piero Ristagno, direttore artistico (foto di Eletta Massimino)

Come è nata l’idea di Neon e soprattutto di lavorare con persone disabili?
Piero: “Sicuramente dal desiderio di fare Teatro e vivere con Poesia”.

Monica Felloni, regista e attrice(foto di Eletta Massimino)
Monica Felloni, regista e attrice(foto di Eletta Massimino)

Perché la scelta del nome Neon?
Monica: “Nella sala d’attesa del notaio non avevamo ancora scelto il nome e la luce dei neon ci colpì particolarmente. Fu una scelta, decisamente scanzonata, di luce”.

Perché proprio a Catania?
Piero: “E perché altrove?! La terra più bella e giusta è dove pianti una radice d’albero e la curi. Se poi hai alleati il sole, il mare e tante persone che ti stimano e ti hanno a benvolere non hai altro da desiderare”

Manuela Partanni, danzatrice, attrice e aiuto regista (foto Manuela Partanni)
Manuela Partanni, danzatrice, attrice e aiuto regista (foto Manuela Partanni)

Manuela, quali sono le differenze nel lavorare con allievi con disabilità e non?
Manuela: “Ho insegnato danza per anni, e contemporaneamente lavoravo per Neon. La danza si basa sulla disciplina, sulla forma fisica, su delle qualità più o meno prefissate: collo del piede, ginocchia a sciabola, bacino stretto, braccia lunghe, muscolatura affusolata. Si studia sulla musica sul tempo e sulla perfezione del movimento, tutto volto all’approfondimento della tecnica. Senza tutto questo non avrei mai potuto lavorare per Neon, non avrei mai potuto sperimentare su me stessa e sugli altri la libertà del movimento, l’imperfezione, la sbavatura, non avrei potuto smettere di contare sulla musica ogni passo, ogni movimento. Senza tutta quella disciplina non avrei mai potuto innamorarmi anche di altri corpi, di un movimento che può nascere da un gesto, da un suono o da un’immagine. Nel corso degli anni sono venuti a vedere i nostri spettacoli ballerini, coreografi, maestri, e la reazione è sempre stata la stessa, stupore. Probabilmente perché attraverso il lavoro di Neon si scopre qualcosa che spesso suona retorica, e che in realtà in pochi fanno, la danza è davvero per tutti, in ognuno di noi, a qualsiasi età e per qualsiasi corpo”.

Come nascono gli spettacoli nel vostro laboratorio teatrale?
Manuela: “Ognuno di noi è parte integrante dello sviluppo di uno spettacolo, ognuno di noi è spunto e fonte d’ispirazione”.

Invece il pubblico come reagisce ai vostri spettacoli?
Monica: “Con caloroso sbalordimento e occhi che applaudono prima delle mani”.

Neon, un momento dello spettacolo (foto di Luca Di Prato)
Neon, un momento dello spettacolo (foto di Luca Di Prato)

Quale è stato l’evento che vi ha fatto capire che la strada artistica che avevate intrapreso era quella giusta?
Piero: “E chi lo sa se è giusta? Noi sappiamo cosa faremo quest’anno. È il centenario della nascita di Roberto Roversi, poeta determinante nelle nostre scelte di Teatro e di Poesia, a lui e al suo libri dedicheremo l’iniziativa del laboratorio Corpi insoliti di Nèon Teatro, presso l’Istituto Ardizzone Gioeni, come laboratorio aperto alla partecipazione del pubblico. Uno spazio di libertà che sarà vissuto con mostre di foto, pittura, cinema e poesia”.

L’ultimo spettacolo prende il nome di Anima Mundi …a cosa è ispirato e da cosa prende spunto?
Monica: “È il terzo spettacolo dopo Ciatu e Invasioni, e va a chiudere il Trittico della felicità umana, si ispira a Baruch Spinoza”.

Quale è il messaggio finale di Anima Mundi?
Piero: “Siamo umani. Meravigliosamente umani”.

Neon, un momento dello spettacolo (foto di Luca Di Prato)
Neon, un momento dello spettacolo (foto di Luca Di Prato)

Il penultimo cortometraggio è Andrei bene per il cinema muto di Monica Felloni, di cui sono protagonisti Danilo Ferrari, un attore teatraplegico che parla solo con gli occhi e Felice Tagliaferri, uno scultore non vedente…
Monica: “Il corto può essere il chiarimento ulteriore della poetica di Neon Teatro che è in definitiva la comunicazione e non la disabilità. In tal senso se ne consiglia la visione, detto con l’umorismo sotteso al titolo, a tutti gli addetti al lavoro della comunicazione. L’ ultimo sta per essere Giardino D’inverno, con Angela Longo e Gaia Santuccio”.
Lo spettacolo non ha copioni prestabiliti, si crea tutti insieme. Sul palco come nella vita.

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  • Avete mai pensato a come fare quando siete in una foresta, in montagna o in una spiaggia solitaria, lontane da tutti, completamente immerse nella natura, ma avete il ciclo? 

🟪 A questa eventualità ha risposto una ragazza scozzese, che ha sviluppato un kit mestruale portatile da usare all’aperto quando non esistono i servizi igienici o non c’è accesso alle toilette. Erin Reid, 25 anni, ha concepito l’idea quando ha affrontato il cammino di 96 miglia (154 km) della West Highland Way da Milngavie, vicino a Glasgow, a Fort William. Ispirata dalle sue esperienze racconta: 

🗣“Ho avuto le mestruazioni per tutto il tempo ed è stata una vera seccatura Il mio obiettivo è quello di risolvere il problema e dare alle persone la possibilità di uscire all’aria aperta quando hanno le mestruazioni”. Secondo Erin, le donne che si trovano in luoghi isolati potrebbero correre il rischio di infezioni del tratto urinario, shock tossico o infertilità a causa della scarsa igiene, quando non c’è accesso a bagni, impianti per lavarsi le mani o luoghi per smaltire i prodotti sanitari usati.

La ragazza ha dichiarato che il suo kit è pensato per chi pratica l’escursionismo, il kayak e per il personale militare, ma ha spiegato che, grazie anche al design a forma di fiaschetta, potrebbe interessare persino il pubblico femminile dei festival all’aperto, preoccupati di utilizzare i bagni chimici. Il kit contiene: una coppetta mestruale riutilizzabile, salviette antibatteriche, che consentono di pulire la coppetta in viaggio e un semplice erogatore che può essere utilizzato anche senza avere le mani pulite, quindi in situazioni in cui non è possibile accedere a servizi igienici o all’acqua corrente. 

L’ex studentessa della Napier University, laureata in Design del Prodotto, spera ora di lanciare il prodotto nel 2024: appassionata escursionista e ciclista è ora alla ricerca di finanziamenti per portare sul mercato il suo kit per l’igiene mestruale LU Innovations. Che è stato sviluppato con il sostegno di Converge, società di supporto per le università e gli istituti di ricerca che lavorano su nuovi prototipi.

#lucenews #mestruazioni #kitmestruale #ciclomestruale #designdelprodotto
  • “Ho fatto un film artigianale, maldestramente ispirato a una lettera di Elsa Morante, e dedicato a tutte le ‘cattive ragazze’, che cattive non sono, e che lottano in tutto il mondo: dall’Iran all’Afghanistan, ma anche in Svezia e in Umbria”.

Il corto “Le Pupille” di Alice Rohrwcher ha ricevuto ieri, 24 gennaio, una nomination agli Oscar per il miglior Live Action Short. La cerimonia finale si terrà a Los Angeles il 12 marzo.

La reazione e la gioia delle piccole protagoniste, della troupe e della regista✨

#lucenews #lucelanazione #lepupille #oscar2023
  • C’è anche un film italiano in corsa per gli Oscar. 

È il cortometraggio "Le pupille" diretto da Alice Rohrwacher, regista quarantunenne nata in Toscana, cresciuta nella campagna umbra, regista "artigianale", autodidatta, i cui film hanno già ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali. Le pupille è prodotto dal regista premio Oscar Alfonso Cuarón, ed è entrato nella cinquina delle pellicole in corsa per l’Oscar del Miglior cortometraggio.

"Dedico questa nomination alle “bambine cattive“, che cattive non sono affatto, e che sono in lotta ovunque nel mondo: in Iran, in Afghanistan, ma anche in Svezia e in Umbria. Mi auguro che, come nel mio cortometraggio, possano rompere la torta e condividerla fra loro". 

Si parla, infatti, nel film, di una torta. E di costrizioni, divieti, imposizioni, rigide regole da sovvertire. Il film prende spunto, dice la regista, da una lettera che nel dicembre 1971 la scrittrice Elsa Morante inviò all’amico giornalista e critico cinematografico Goffredo Fofi.

Nella lettera, la Morante racconta una storia avvenuta in un collegio di preti, negli anni del fascismo. Una decina di ragazzi si preparano al pranzo di Natale, scoprendo che a chiudere il pasto c’è un’enorme zuppa inglese. Ma il priore li invita a "fare un fioretto" a Gesù Bambino, rinunciando alla loro fetta di dolce. Qualcuno si ribellerà: un "bimbo cattivo". La lettera è pubblicata, col titolo di Pranzo di Natale, per le edizioni milanesi Henry Beyle, nel 2014.

Invitata da Cuarón a prendere parte a un progetto di corti per Disney+, Alice Rohrwacher ha scelto questa storia. Ma con un radicale cambiamento: ha trasformato i ragazzi in ragazzine, in "pupille", piccole orfane ospitate dalle suore. L’intransigente priora è interpretata dalla sorella della regista, Alba Rohrwacher. A portare la torta in convento è una eccentrica nobildonna che chiede – in cambio del dono – di pregare per l’uomo che la ha tradita e abbandonata.

È la prima volta, invece, che la regista riceve una nomination agli Oscar, e lo fa con una fiaba anarchica, un Canto di Natale "in rosa", rivoluzionario e al femminile.

L
  • Messaggi osceni, allusioni, avances in ufficio e ricatti sessuali. La forma più classica del sopruso in azienda, unita ai nuovi strumenti tecnologici nelle mani dei molestatori. Il movimento Me Too, nel 2017, squarciò il velo di silenzio sulle molestie sessuali subite dalle donne nel mondo del cinema e poi negli altri luoghi di lavoro. Cinque anni dopo, con in mezzo la pandemia che ha terremotato il mondo del lavoro, le donne continuano a subire abusi, che nella maggior parte dei casi restano nell’ombra.

«Sono pochissime le donne che denunciano – spiega Roberta Vaia, della segreteria milanese della Cisl – e nei casi più gravi preferiscono lasciare il lavoro. Il molestatore andrebbe allontanato dalla vittima ma nei contratti collettivi dei vari settori non è ancora prevista una sanzione disciplinare per chi si rende responsabile di molestie o di mobbing».

Un quadro sconfortante che emerge anche da una rilevazione realizzata dalla Cisl Lombardia, nel corso del 2022, su lavoratrici di diversi settori, attraverso un sondaggio distribuito in fabbriche, negozi e uffici della regione. Sono seimila le donne che hanno partecipato all’indagine, e il 44% ha dichiarato di aver subìto molestie o di «esserne stata testimone» nel corso della sua vita lavorativa.

A livello nazionale, secondo gli ultimi dati Istat, sono 1.404.000 le donne che nel corso della loro vita lavorativa hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro. Quando una donna subisce un ricatto sessuale, nell’80,9% dei casi non ne parla con nessuno sul posto di lavoro. Quasi nessuna ha denunciato il fatto alle forze dell’ordine: appena lo 0,7% delle vittime.

✍🏻di Andrea Gianni

#lucenews #istat #donne #molestie #lavoro #diritti
Corpi in movimento, connessi ad altri corpi, esibiti in quella che possiamo definire la poetica della diversità. Corpi insoliti quelli che, con abilità differenti, si esprimono nel laboratorio di Neon. Che è più di un laboratorio, è un vero e proprio liberatorio delle differenze. Anime che si incontrano e interagiscono nel teatro, nella poesia, nella musica e nella danza. Qui la disabilità va in scena senza compromessi in tutta la sua autenticità e unicità espressiva. Il risultato è commovente ma mai pietoso. Coinvolgente e mai commiserevole.
Neon, un momento dello spettacolo (foto di Luca Di Prato)
Neon, un momento dello spettacolo (foto di Luca Di Prato)
Neon esiste dal 1989 ed è nato dall’intuizione e dalla visione artistica di Piero Ristagno, direttore artistico, e Monica Felloni, regista e attrice. Un progetto di inclusione artistica, il loro, dal valore assoluto che finisce per avere una importanza paradigmatica a livello culturale e sociale. Il laboratorio è condotto dalla stessa Monica Felloni assieme con Manuela Partanni, danzatrice, attrice e aiuto regista.
Piero Ristagno, direttore artistico
Piero Ristagno, direttore artistico (foto di Eletta Massimino)
Come è nata l’idea di Neon e soprattutto di lavorare con persone disabili? Piero: “Sicuramente dal desiderio di fare Teatro e vivere con Poesia”.
Monica Felloni, regista e attrice(foto di Eletta Massimino)
Monica Felloni, regista e attrice(foto di Eletta Massimino)
Perché la scelta del nome Neon? Monica: “Nella sala d’attesa del notaio non avevamo ancora scelto il nome e la luce dei neon ci colpì particolarmente. Fu una scelta, decisamente scanzonata, di luce”. Perché proprio a Catania? Piero: “E perché altrove?! La terra più bella e giusta è dove pianti una radice d’albero e la curi. Se poi hai alleati il sole, il mare e tante persone che ti stimano e ti hanno a benvolere non hai altro da desiderare”
Manuela Partanni, danzatrice, attrice e aiuto regista (foto Manuela Partanni)
Manuela Partanni, danzatrice, attrice e aiuto regista (foto Manuela Partanni)
Manuela, quali sono le differenze nel lavorare con allievi con disabilità e non? Manuela: “Ho insegnato danza per anni, e contemporaneamente lavoravo per Neon. La danza si basa sulla disciplina, sulla forma fisica, su delle qualità più o meno prefissate: collo del piede, ginocchia a sciabola, bacino stretto, braccia lunghe, muscolatura affusolata. Si studia sulla musica sul tempo e sulla perfezione del movimento, tutto volto all’approfondimento della tecnica. Senza tutto questo non avrei mai potuto lavorare per Neon, non avrei mai potuto sperimentare su me stessa e sugli altri la libertà del movimento, l’imperfezione, la sbavatura, non avrei potuto smettere di contare sulla musica ogni passo, ogni movimento. Senza tutta quella disciplina non avrei mai potuto innamorarmi anche di altri corpi, di un movimento che può nascere da un gesto, da un suono o da un'immagine. Nel corso degli anni sono venuti a vedere i nostri spettacoli ballerini, coreografi, maestri, e la reazione è sempre stata la stessa, stupore. Probabilmente perché attraverso il lavoro di Neon si scopre qualcosa che spesso suona retorica, e che in realtà in pochi fanno, la danza è davvero per tutti, in ognuno di noi, a qualsiasi età e per qualsiasi corpo”. Come nascono gli spettacoli nel vostro laboratorio teatrale? Manuela: “Ognuno di noi è parte integrante dello sviluppo di uno spettacolo, ognuno di noi è spunto e fonte d’ispirazione”. Invece il pubblico come reagisce ai vostri spettacoli? Monica: “Con caloroso sbalordimento e occhi che applaudono prima delle mani”.
Neon, un momento dello spettacolo (foto di Luca Di Prato)
Neon, un momento dello spettacolo (foto di Luca Di Prato)
Quale è stato l’evento che vi ha fatto capire che la strada artistica che avevate intrapreso era quella giusta? Piero: “E chi lo sa se è giusta? Noi sappiamo cosa faremo quest’anno. È il centenario della nascita di Roberto Roversi, poeta determinante nelle nostre scelte di Teatro e di Poesia, a lui e al suo libri dedicheremo l’iniziativa del laboratorio Corpi insoliti di Nèon Teatro, presso l’Istituto Ardizzone Gioeni, come laboratorio aperto alla partecipazione del pubblico. Uno spazio di libertà che sarà vissuto con mostre di foto, pittura, cinema e poesia”. L’ultimo spettacolo prende il nome di Anima Mundi …a cosa è ispirato e da cosa prende spunto? Monica: “È il terzo spettacolo dopo Ciatu e Invasioni, e va a chiudere il Trittico della felicità umana, si ispira a Baruch Spinoza”. Quale è il messaggio finale di Anima Mundi? Piero: “Siamo umani. Meravigliosamente umani”.
Neon, un momento dello spettacolo (foto di Luca Di Prato)
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Il penultimo cortometraggio è Andrei bene per il cinema muto di Monica Felloni, di cui sono protagonisti Danilo Ferrari, un attore teatraplegico che parla solo con gli occhi e Felice Tagliaferri, uno scultore non vedente… Monica: “Il corto può essere il chiarimento ulteriore della poetica di Neon Teatro che è in definitiva la comunicazione e non la disabilità. In tal senso se ne consiglia la visione, detto con l’umorismo sotteso al titolo, a tutti gli addetti al lavoro della comunicazione. L’ ultimo sta per essere Giardino D’inverno, con Angela Longo e Gaia Santuccio”. Lo spettacolo non ha copioni prestabiliti, si crea tutti insieme. Sul palco come nella vita.
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