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Home » Spettacolo » Nicolas Maury: dalla serie Netflix “Chiami il mio agente” alla giuria arcobaleno a Cannes

Nicolas Maury: dalla serie Netflix “Chiami il mio agente” alla giuria arcobaleno a Cannes

Francesco Lommi
13 Luglio 2021
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Mai nascondere chi siamo veramente.

Un pensiero sempre più diffuso grazie al via via maggiore grado di accettazione della diversità. Vedere personaggi pubblici e famosi esprimersi liberamente dà forza anche a tanti giovani per superare la paura dei giudizi. È infatti anche per dare un messaggio che Nicolas Maury, divenuto celebre grazie alla popolare serie tv Netflix “Chiami il mio Agente”, ha sfoggiato outfit sgargianti sul tappeto rosso di Cannes, dove è presidente della Giuria della Queer Palm, che dal 2010 viene assegnata al miglior film a tema Lgbtqia+ presente in gara. Maury infatti non ha mai fatto mistero della sua omosessualità:

“Non mi importa di essere etichettato, da attore e regista ho la responsabilità di metterci la faccia pensando ai ragazzini e alle ragazzine che sono come me e magari pensano al suicidio. Se mi vesto in questo modo non è per narcisismo ma per celebrare la differenza. Che ci provino a etichettarmi, sono un artista. Voglio fare le cose in cui credo e se qualcuno mi trova troppo gay o femminile, pazienza. Jodie Foster mi ha detto che apprezza il mio lavoro. Lei è la mia musa come artista e regista”.

L’attore francese ha sfruttato anche la popolarità derivata dalla celebre serie in cui recita il ruolo di Hervè Andrè-Jezak, per dirette culturali sui social. Ma, ogni volta, arrivano migliaia di commenti omofobi:

“Dozzine di insulti e minacce, sapevano dove abito, dicevano che avrebbero bruciato il mio gatto. È stato orribile, mio nipote è rimasto scioccato. Spaventoso”

Maury spiega come debba tutto all’educazione ricevuta dai propri genitori e dalle esperienze sul palco:

“I miei genitori mi hanno sempre accettato per come sono, a scuola già mi era tutto chiaro, sono fragile ma molto forte. Il coraggio me l’ha dato il teatro, quando ho deciso di costruire il mio corpo e stare di fronte al pubblico. Non per essere potente, ma solo per essere vivo. Le parole dei poeti sono

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  • Sono tre, per il momento, gli istituti superiori che si sono candidati ad accogliere Nina Rosa Sorrentino, la studentessa disabile di 19 anni che non può sostenere la maturità al liceo Sabin di Bologna (indirizzo Scienze umane) e che i genitori hanno per questo motivo ritirato da scuola.

La storia è nota: la studentessa ha cominciato il suo percorso di studi nel liceo di via Matteotti seguendo il programma differenziato. Già al terzo anno i genitori avevano chiesto di passare al programma degli obiettivi minimi che si può concludere con l’Esame di Stato, mentre quello differenziato ha solo la "certificazione delle competenze".

Il Consiglio di classe aveva respinto la richiesta della famiglia, anche perché passare agli obiettivi minimi avrebbe implicato esami integrativi. Da qui la decisione della famiglia, avvenuta giusto una settimana fa, di ritirare Nina da scuola – esattamente un giorno prima che i giorni di frequenza potessero essere tali da farle comunque ottenere la "certificazione delle competenze" – in modo tale che possa provare a sostenere la Maturità in un altro istituto del capoluogo emiliano.

Sulla storia di Nina, ieri, è tornata anche la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, che alla Camera ha risposto, durante il question time, a una domanda sulle iniziative volte a garantire l’inclusione sociale e lavorativa delle persone con sindrome di Down presentata dal capogruppo di FdI, Tommaso Foti.

"C’è ancora un po’ di strada da fare se una ragazza con la sindrome di Down non viene ammessa all’esame di maturità – ha detto la ministra –. Se non si è stati in grado di usare tutte le strategie possibili e l’accomodamento ragionevole, come previsto dalla Convenzione Onu per i diritti delle persone disabili che in Italia è legge; se non si è stati in grado di valorizzare i punti di forza dei ragazzi che non chiedono di essere promossi automaticamente ma di avere un’occasione e un’opportunità."

#lucenews #lucelanazione #ninasorentino #disabilityinclusion #bologna
  • “Ho fatto la storia”. Con queste parole Alex Roca Campillo ha postato sul suo account Twitter il video degli ultimi, emozionanti, metri della maratona di Barcellona.

Ed effettivamente un record Alex l’ha scritto: è la prima persona al mondo con una disabilità al 76 per cento a riuscire a percorrere la distanza di 42 km e 195 metri.
Alex ha concluso la sua gara in 5 ore 50 minuti e 51 secondi, ma il cronometro in questa situazione è passato decisamente in secondo piano. “tutto questo è stato possibile grazie alle mia squadra. Grazie a tutti quelli che dal bordo della strada mi hanno spinto fino al traguardo. Non ho parole”.

#lucenews #alexrocacampillo #maratonadibarcellona #barcellona
  • In Uganda dirsi gay potrà costare l’ergastolo. Il Parlamento dell’Uganda ha appena approvato una legge che propone nuove e severe sanzioni per le relazioni tra persone dello stesso sesso. Al termine di una sessione molto movimentata e caotica, la speaker del Parlamento Annet Anita Among, dopo il voto finale ha detto: “È stata approvata a tempo record”. La legge, che passa ora nelle mani del presidente Yoweri Museveni, che potrà scegliere se porre il veto o firmarla, propone nuove e molto dure sanzioni per le relazioni omosessuali in un Paese in cui l’omosessualità è già illegale.

La versione finale non è ancora stata pubblicata ufficialmente, ma gli elementi discussi in Parlamento includono che una persona condannata per adescamento o traffico di bambini allo scopo di coinvolgerli in attività omosessuali, rischia l’ergastolo; individui o istituzioni che sostengono o finanziano attività o organizzazioni per i diritti Lgbt, oppure pubblicano, trasmettono e distribuiscono materiale mediatico e testuale a favore degli omosessuali, rischiano di essere perseguiti e incarcerati. 

“Questa proposta di legge – ha detto Asuman Basalirwa, membro del Parlamento che l’ha presentata – è stata concepita per proteggere la nostra cultura, i valori legali, religiosi e familiari tradizionali degli ugandesi e gli atti che possono promuovere la promiscuità sessuale in questo Paese”. Il parlamentare ha poi aggiunto: “Mira anche a proteggere i nostri bambini e giovani che sono resi vulnerabili agli abusi sessuali attraverso l’omosessualità e gli atti correlati”.

Secondo la legge amici, familiari e membri della comunità avrebbero il dovere di denunciare alle autorità le persone omosessuali. Nello stesso disegno di legge, tra l’altro, si introduce la pena di morte per chi abusa dei bambini o delle persone vulnerabili. 

#lucenews #lucelanazione #uganda #lgbtrights
  • Un’altra pagina di storia del calcio femminile è stata scritta. Non tanto per il risultato della partita ma per il record di spettatori presenti. All’Olimpico di Roma andava in scena il match di andata dei quarti di finale di Champions League tra Roma e Barcellona quando si è stabilito un nuovo record: sono state 39.454 infatti le persone che hanno incoraggiato le ragazze fin dal primo minuto superando il precedente di 39.027 stabilito in Juventus-Fiorentina del 24 marzo 2019.

Era l’andata dei quarti di finale che la Roma ha raggiunto alla sua prima partecipazione alla Champions League, ottenuta grazie al secondo posto nell’ultimo campionato. Il Barcellona, campione di Spagna e d’Europa due anni fa, era favorito e in campo lo ha dimostrato, soprattutto nel primo tempo, riuscendo a vincere 1-0. La squadra di casa è stata tenuta a galla dalle parate di Ceasar, migliore in campo, ma ha provato a impensierire la corazzata spagnola nella ripresa dove più a volte ha sfiorato la rete con le conclusioni di Haavi, Giacinti e Giugliano, il primo “numero 10” a giocare all’Olimpico per la Roma dopo il ritiro di Francesco Totti.

✍ Edoardo Martini

#lucenews #lucelanazione #calciofemminile #championsleague
Mai nascondere chi siamo veramente. Un pensiero sempre più diffuso grazie al via via maggiore grado di accettazione della diversità. Vedere personaggi pubblici e famosi esprimersi liberamente dà forza anche a tanti giovani per superare la paura dei giudizi. È infatti anche per dare un messaggio che Nicolas Maury, divenuto celebre grazie alla popolare serie tv Netflix “Chiami il mio Agente”, ha sfoggiato outfit sgargianti sul tappeto rosso di Cannes, dove è presidente della Giuria della Queer Palm, che dal 2010 viene assegnata al miglior film a tema Lgbtqia+ presente in gara. Maury infatti non ha mai fatto mistero della sua omosessualità: “Non mi importa di essere etichettato, da attore e regista ho la responsabilità di metterci la faccia pensando ai ragazzini e alle ragazzine che sono come me e magari pensano al suicidio. Se mi vesto in questo modo non è per narcisismo ma per celebrare la differenza. Che ci provino a etichettarmi, sono un artista. Voglio fare le cose in cui credo e se qualcuno mi trova troppo gay o femminile, pazienza. Jodie Foster mi ha detto che apprezza il mio lavoro. Lei è la mia musa come artista e regista”. L’attore francese ha sfruttato anche la popolarità derivata dalla celebre serie in cui recita il ruolo di Hervè Andrè-Jezak, per dirette culturali sui social. Ma, ogni volta, arrivano migliaia di commenti omofobi: “Dozzine di insulti e minacce, sapevano dove abito, dicevano che avrebbero bruciato il mio gatto. È stato orribile, mio nipote è rimasto scioccato. Spaventoso” Maury spiega come debba tutto all’educazione ricevuta dai propri genitori e dalle esperienze sul palco: “I miei genitori mi hanno sempre accettato per come sono, a scuola già mi era tutto chiaro, sono fragile ma molto forte. Il coraggio me l’ha dato il teatro, quando ho deciso di costruire il mio corpo e stare di fronte al pubblico. Non per essere potente, ma solo per essere vivo. Le parole dei poeti sono
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