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Home » Spettacolo » All Happy Mornings, il film sull’amore bisessuale in Iran dove è riconosciuta sola la famiglia ‘standard’

All Happy Mornings, il film sull’amore bisessuale in Iran dove è riconosciuta sola la famiglia ‘standard’

Il regista Omer Yefman racconta il suo percorso di accettazione e la presa di coscienza circa l’impossibilità di reprimere l’indole dei propri impulsi

Barbara Berti
1 Ottobre 2022
Una scena del documentario “All Happy Mornings – Bisessualità e Amore” (2012) del regista iraniano Omer Yefman

Una scena del documentario “All Happy Mornings – Bisessualità e Amore” (2012) del regista iraniano Omer Yefman

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Anche nel ventunesimo secolo, in Iran essere omosessuali può essere estremamente pericoloso. L’omosessualità, in epoca moderna, è da sempre illegale all’interno del Paese, seppur nel periodo dello Scià è state in parte accettata da parte della società. A partire dalla Rivoluzione Iraniana del 1979 l’omosessualità è diventata di nuovo punibile anche con la pena di morte, ispirandosi alle leggi che il codice penale iraniano aveva ai tempi della Dinastia Qajar del 1914. Quando non è prevista la pena di morte per omosessualità, la pena può essere commutata con la reclusione o la fustigazione. Tutte le persone omosessuali e lesbiche in Iran non godono di alcun tipo di riconoscimento e tutela da parte del governo, con l’unica eccezione delle persone transgender che hanno ottenuto il diritto di cambiare anagraficamente sesso nel 1987.

La cover del documentario “All Happy Mornings – Bisessualità e Amore”
La cover del documentario “All Happy Mornings – Bisessualità e Amore”

In questo contesto si inserisce il documentario “All Happy Mornings – Bisessualità e Amore” (2012) del regista iraniano Omer Yefman, in onda il 1° ottobre su Cielo (canale 26 del digitale terrestre). La pellicola ripercorre il viaggio personale del regista lungo il percorso di accettazione della propria bisessualità: il risultato è una presa di coscienza circa l’impossibilità di reprimere l’indole dei propri impulsi. Il film, girato con una semplice videocamera, espone un pezzo del mondo appassionato e selvaggio di Omer Yefman, attraverso il racconto del suo tumulto interiore per il bisogno di sentirsi ‘completo’, avendo rapporti sessuali con uomini pur mantenendo una relazione consolidata con una donna, la rock star nascente Chen Rotem che, se da un lato apprezza la sincerità del compagno, dall’altro non si sente abbastanza per lui. Accanto al dilemma personale c’è poi la pressione derivante dalla singolare famiglia del protagonista, soprattutto per via dei genitori che desiderano la continuità del loro albero genealogico. Per tutta la pellicola, infatti, il regista fa i conti con la propria coscienza domandandosi se sarebbe in grado di avere una famiglia ‘normale’ e generare un erede.

Omer Yefman – autore anche di una docuserie sulla storia della Terra d’Israele dalla preistoria al periodo ottomano – intreccia abilmente i suoi pensieri con quelli più intimi della fidanzata, dei suoi amanti e dei propri familiari, in un film che mette in correlazione le norme sociali, le dinamiche familiari e la sessualità attraverso uno sguardo attento alle tendenze culturali vigenti all’interno di un Paese che predilige l’essere sessualmente ‘standard’.

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  • Nino Gennaro cresce in un paese complesso, difficile, famigerato per essere stato il regno del boss Liggio, impegnandosi attivamente in politica; nel 1975 è infatti responsabile dell’organizzazione della prima Festa della Donna, figura tra gli animatori del circolo Placido Rizzotto, presto chiuso e, sempre più emarginato dalla collettività, si trova poi coinvolto direttamente nel caso di una sua amica, percossa dal padre perché lo frequentava e che sporse denuncia contro il genitore, fatto che ebbe grande risonanza sui media. Con lei si trasferì poi a Palermo e qui comincia la sua attività pubblica come scrittore; si tratta di una creatività onnivora, che si confronta in diretta con la cronaca, lasciando però spazio alla definizione di mitologie del corpo e del desiderio, in una dimensione che vuole comunque sempre essere civile, di testimonianza.

Nel 1980 a Palermo si avviano le attività del suo gruppo teatrale “Teatro Madre”, che sceglie una dimensione urbana, andando in scena nei luoghi più diversi e spesso con attori non professionisti (i testi si intitolano “Bocca viziosa”, “La faccia è erotica”, “Il tardo mafioso Impero”), all’inseguimento di un cortocircuito scena/vita. Già il logo della compagnia colpisce l’attenzione: un cuore trafitto da una svastica, che vuole alludere alla pesantezza dei legami familiari, delle tradizioni vissute come gabbia. Le sue attività si inscrivono, quindi, in uno dei periodi più complessi della storia della città siciliana, quando una sequenza di delitti efferati ne sconvolge la quotidianità e Gennaro non è mai venuto meno al suo impegno, fondando nel 1986 il Comitato Cittadino di Informazione e Partecipazione e legandosi al gruppo che gestiva il centro sociale San Saverio, dedicandosi quindi a numerosi progetti sociali fino alla morte per Aids nel 1995.

La sua drammaturgia si alimenta di una poetica del frammento, del remix, con brani che spesso vengono montati in modo diverso rispetto alla loro prima stesura.

Luca Scarlini ✍

#lucenews #lucelanazione #ninogennaro #queer
  • -6 a Sanremo 2023!

Questo Festival ha però un sapore dolceamaro per l
  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

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  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

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Anche nel ventunesimo secolo, in Iran essere omosessuali può essere estremamente pericoloso. L’omosessualità, in epoca moderna, è da sempre illegale all’interno del Paese, seppur nel periodo dello Scià è state in parte accettata da parte della società. A partire dalla Rivoluzione Iraniana del 1979 l’omosessualità è diventata di nuovo punibile anche con la pena di morte, ispirandosi alle leggi che il codice penale iraniano aveva ai tempi della Dinastia Qajar del 1914. Quando non è prevista la pena di morte per omosessualità, la pena può essere commutata con la reclusione o la fustigazione. Tutte le persone omosessuali e lesbiche in Iran non godono di alcun tipo di riconoscimento e tutela da parte del governo, con l’unica eccezione delle persone transgender che hanno ottenuto il diritto di cambiare anagraficamente sesso nel 1987.
La cover del documentario “All Happy Mornings – Bisessualità e Amore”
La cover del documentario “All Happy Mornings – Bisessualità e Amore”
In questo contesto si inserisce il documentario “All Happy Mornings – Bisessualità e Amore” (2012) del regista iraniano Omer Yefman, in onda il 1° ottobre su Cielo (canale 26 del digitale terrestre). La pellicola ripercorre il viaggio personale del regista lungo il percorso di accettazione della propria bisessualità: il risultato è una presa di coscienza circa l’impossibilità di reprimere l’indole dei propri impulsi. Il film, girato con una semplice videocamera, espone un pezzo del mondo appassionato e selvaggio di Omer Yefman, attraverso il racconto del suo tumulto interiore per il bisogno di sentirsi 'completo', avendo rapporti sessuali con uomini pur mantenendo una relazione consolidata con una donna, la rock star nascente Chen Rotem che, se da un lato apprezza la sincerità del compagno, dall’altro non si sente abbastanza per lui. Accanto al dilemma personale c'è poi la pressione derivante dalla singolare famiglia del protagonista, soprattutto per via dei genitori che desiderano la continuità del loro albero genealogico. Per tutta la pellicola, infatti, il regista fa i conti con la propria coscienza domandandosi se sarebbe in grado di avere una famiglia ‘normale’ e generare un erede. Omer Yefman - autore anche di una docuserie sulla storia della Terra d'Israele dalla preistoria al periodo ottomano - intreccia abilmente i suoi pensieri con quelli più intimi della fidanzata, dei suoi amanti e dei propri familiari, in un film che mette in correlazione le norme sociali, le dinamiche familiari e la sessualità attraverso uno sguardo attento alle tendenze culturali vigenti all’interno di un Paese che predilige l’essere sessualmente 'standard'.
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