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Oscar 2023, la depressione femminile in corsa per 11 statuette

“Everything Everywhere All at Once” affronta il tema del disagio mentale. L'esperto: "Le persone si riconoscono nelle esperienze dei film e si sentono non più delle mosche bianche"

di BARBARA BERTI -
12 marzo 2023
Michelle Yeoh nel film "Everything Everywhere All at Once"

Michelle Yeoh nel film "Everything Everywhere All at Once"

La depressione femminile in lizza agli Oscar 2023. Tra i film favori agli Oscar 2023 c’è anche “Everything Everywhere All at Once”, pellicola del 2022 scritta e diretta dai visionari Daniel Kwan e Daniel Scheinert, sotto lo pseudonimo di Daniels. La pellicola arriva con undici nomination e un poker di vittorie ai premi di categoria (produttori, registi, attori e sceneggiatori). Ma, al di là della corsa per le statuette, nel film - nel vortice dei sentimenti e delle situazioni che vengono rappresentate – la depressione femminile che assume le sembianze di un grande bagel-buco nero. E’ uno dei mille volti che può avere questa malattia nell'immaginario, ma anche nel vissuto delle persone. Ci può essere la tristezza, il dolore per un lutto, l'impatto sulle funzioni cognitive, il mal di vivere che logora, o che dà una spinta per risalire. E se il cinema è lo specchio della realtà, anche queste esperienza più scomode e dolorose trovano spazio sul grande schermo. “Un film può aiutare” spiega Matteo Balestrieri, co-presidente della Società italiana di neuro-psico-farmacologia (Sinpf) e professore di Psichiatria all'Università di Udine, che ne ha parlato nei giorni scorsi a Milano in un corso dedicato ai disturbi affettivi di genere.
Una scena del film "Everything Everywhere All at Once"

Una scena del film "Everything Everywhere All at Once"

Aspettando la notte degli Oscar (in Italia la diretta su Sky, Tv8 e Now inizia alle 23,15 del 12 marzo), lo specialista fa un excursus delle pellicole che hanno rappresentato la depressione rosa. Il cinema ci offre “diverse rappresentazioni, non tantissime - analizza - Ma quelle che ci sono possono avere un impatto sulle persone. Il fatto che venga rappresentata la depressione, e nello specifico la depressione al femminile, sdogana un po' questo tema e le persone che si riconoscono nelle esperienze raccontate si sentono non più delle mosche bianche o qualcosa da nascondere. Il cinema ha un ruolo nell'accompagnare la società”. Sul mal di vivere delle donne, prosegue, “ci sono film molto belli che offrono rappresentazioni adeguate ed esprimono quello che è la depressione, che non è unica. Ce ne sono tanti tipi, tante situazioni”. Lo specialista fa alcuni esempi. “In primo piano metto ‘The Hours’, che racconta le storie di tre donne che vivono in epoche diverse” e sono unite da un romanzo. La prima è l'autrice, “la scrittrice inglese Virginia Woolf, tormentata dalla depressione, che riversa tutta se stessa nella scrittura del romanzo ‘Mrs Dalloway’”; le altre due donne con un vissuto difficile, una si muove nella Los Angeles degli anni Cinquanta e l'altra nella New York anni '90. “E' un film molto indicativo anche perché ci testimonia non solo l'aspetto affettivo, ma anche cognitivo e tocca il tema del rischio suicidario”. Woolf infatti si toglie la vita.
Una scena del film "La pazza gioia"

Una scena del film "La pazza gioia"

Tra i film italiani, l’esperto cita “Un’ora sola ti vorrei”, film documentario del 2002 diretto di Alina Marazzi che ricostruisce la vita della madre Liseli, morta suicida quando aveva 7 anni. “E' una sorta di documentario su una donna che era all'interno della dinastia Hoepli, basato su materiale originale della famiglia” dice Balestrieri. Altro film: “La pazza gioia” del 2016 diretto da Paolo Virzì. “Racconta bene il disturbo bipolare di una donna, interpretata dall'attrice Valeria Bruni Tedeschi, e la depressione dell'altra protagonista, impersonata da Micaela Ramazzotti”. Altro film, anche premiato con un David di Donatello, è “Piccolo corpo”, è ambientato in Friuli all’inizio del ‘900. “Racconta di una donna che perde la propria figlia alla nascita e la piccola non può essere battezzata perché la Chiesa dell'epoca non lo permetteva. La sua anima, secondo la credenza, è dunque condannata a perdersi nel limbo. La mamma non lo accetta e fa tutto un cammino per resuscitarla, per un solo respiro, in modo da poterla battezzare e liberare la sua anima” ricorda Balestrieri, spiegando che “viene dunque rappresentato il percorso di una donna che non si arrende e per superare il lutto cerca di trovare una via per riscattare questa perdita. E' un film che colpisce molto”. Insomma, per lo specialista, “il cinema può raccontare tanti aspetti: il lutto, le connessioni dei disturbi affettivi con altri elementi, come il rischio suicidario, l'aspetto dell'impoverimento sul piano cognitivo, della capacità di memoria, di attenzione e di progettazione che derivano dal fatto di essere depressi”. I film "vengono anche utilizzati" all'interno dei Dipartimenti di salute mentale con i pazienti, conferma Balestrieri: "Diciamo che il cinema è un mezzo, si utilizza per fare un lavoro dopo. Si parte da una clip o dalla visione del film intero, ma poi si deve costruire un lavoro di riflessione, la parte più importante".