Main Partner
Partner
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce

Home » Spettacolo » Drusilla e Pegah a Sanremo: “Insieme sul palco per dare voce alle donne dell’Iran”

Drusilla e Pegah a Sanremo: “Insieme sul palco per dare voce alle donne dell’Iran”

Madame Foer è tornata all'Ariston per affiancare l'influencer italo-iraniana, attivista dei diritti umani: "La paura non mi fa più paura"

Caterina Ceccuti
8 Febbraio 2023
Drusilla Foer e Pegah Moshir Pour, attivista dei diritti umani in prima fila nelle proteste in Iran, a Sanremo 2023

Drusilla Foer e Pegah Moshir Pour, attivista dei diritti umani in prima fila nelle proteste in Iran, a Sanremo 2023

Share on FacebookShare on Twitter

Risuona forte sul palco dell’Ariston la voce delle donne iraniane: Drusilla Foer approda a sorpresa a Sanremo  e affianca Pegah Moshir Pour, 33enne lucana di origine Persiana. Madame Foer e l’influencer italo-iraniana recitano un testo sui diritti negati nel Paese martoriato, diventato il simbolo di tutti i paesi in guerra, dove i diritti umani e delle donne non esistono più.

Di rosso bordeaux vestita, in tailleur pantaloni e coni capelli raccolti, Drusilla Foer si è fatta seria per per accompagnare Pegah, una ragazza italo-iraniana attivista dei diritti umani: “Mi chiamo Pegah, sono italiana di origini iraniani. Ho deciso che la paura non ci fa più paura e di dare voce a una generazione cresciuta sotto un regime di terrore e depressione, in uno dei paesi più belli al mondo, uno scrigno dei patrimoni dell’umanità. Come si può chiamare un posto dove il regime uccide anche i bambini?”: è il racconto di Pegah che sul palco del Festival di Sanremo porta all’attenzione il tema dei diritti in Iran. “Il popolo iraniano sta sacrificando con il sangue il diritto a difendere il proprio paradiso”, aggiunge.

Drusilla e Pegah Moshir Pour, attivista dei diritti umani in prima fila nelle proteste in Iran, a Sanremo 2023
Drusilla e Pegah Moshir Pour, attivista dei diritti umani in prima fila nelle proteste in Iran, a Sanremo 2023

“Per la liberta’”. Drusilla e Pegah Moshir Pour, attivista dei diritti umani in prima fila nelle proteste in Iran, lo ripetono piu’ volte al termine del loro intervento, fianco a fianco, sul palco dell’Ariston a sostegno della lotta delle donne, dei dissidenti e di tutti coloro i quali si battono per sciogliersi dalle catene del regime.

Le parole di Pegah e Drusilla a Sanremo

“In Iran non mi sarei potuta truccare, mi avrebbero arrestato. Per poter ballare per strada si rischiano fino a 10 anni di carcere. In Iran è proibito baciarsi, e si paga con la vita il desiderio di esprimere la propria femminilità. Più di 20 milionidi persone sotto la soglia della povertà. In Iran chi è omosessuale rischia l’impiccagione”.

Drusilla Foer e Pegah Moshir Pour portano sul palco di Sanremo l’Iran dei diritti negati. L’artista en travesti e l’attivista italiana di origini iraniane hanno offerto al pubblico del festival un intenso momento accendendo i riflettori sui diritti e le libertà negate nel Paese e sulla situazione delle donne iraniane, da settembre al centro di una protesta rivoluzionaria causata dall’uccisione di alcune attiviste tra cui Masha Amini, arrestata e poi uccisa dalla polizia morale del Paese.

“Ma ora ho deciso che la paura non ci fa più paura, e di dare voce ad una generazione cresciuta sotto la paura in uno dei paesi più belli al mondo”, ha detto Pegah, raggiunta in scena da Drusilla con la quale, con il sottofondo della canzone ‘Baraye’ dell’artista iraniano Shervin Hajipour, ha elencato l’impressionante elenco di diritti negati agli iraniani. “Il popolo iraniano sta sacrificando con il sangue il diritto a difendere il proprio paradiso -ha aggiunto Pegah- Io vi ringrazio a nome di tutti i ragazzi iraniani perché ricordate al mondo che la musica è uno dei diritti umani”. per sciogliersi dalle catene del regime.

Chi è Pegah Moshir Pour, 33enne lucana di origine Persiana

Pegah, nel suo video di denuncia – divenuto virale online – fa riferimento a gravissimi episodi di violenza anche nei confronti dei bambini e degli studenti nelle scuole…

“Non è novità. Purtroppo abbiamo visto e vediamo tutt’ora ciò che il regime fa da 44 anni. La polizia entra nelle scuole elementari, medie e superiori, sia femminili che maschili, senza alcuna distinzione. Si mette ad interrogare gli studenti per capire cosa pensino e cosa provino rispetto al regime. Se mostrano segni di disobbedienza vengono picchiati brutalmente. Alcuni di loro, soprattutto le ragazze, a seguito delle percosse sono morte per emorragia interna.
È una situazione gravissima in merito alla quale non è più possibile tacere. In alcune scuole superiori femminili in cui le ragazze si rifiutavano di portare il velo, è capitato che la polizia abbia tentato di ucciderle avvelenando il cibo della mensa o rilasciando gas tossici nelle aule. Stiamo assistendo ad una vera e propria violazione dei diritti umani”.

Perché tanto accanimento?

“Probabilmente il regime non si aspettava così tanto coraggio da parte delle giovani generazioni. Invece i ragazzi sono coraggiosi e sono tanti, considerando che in Iran il 70% della popolazione è al di sotto dei 35 anni e, soprattutto, che sa esattamente quello che vuole e quello che non vuole più, ossia un regime che non ha scelto, qualcosa che non gli somiglia. Per non dare segni di debolezza il regime non cede davanti alla resistenza, anzi intensifica la propria violenza. Esempio ne è l’attuale taglio del gas operato in alcune città, dove le persone vengono lasciate al gelo”.

Pegah Moshir Pour, 33 anni , in una foto tratta dal suo profilo instagram
Pegah Moshir Pour, 33 anni , in una foto tratta dal suo profilo instagram

Nel suo video ha spiegato che il regime sta oscurando e disconnettendo internet al bisogno, può spiegarci meglio?

“Possiamo definire l’Iran “un autoritarismo digitale”, al pari della Cina e della Russia. Il Governo iraniano oscura la libera informazione internazionale, attraverso apposite infrastrutture controllate che bloccano siti web e applicazioni ritenuti inadeguati. Il Regime sa bene che internet rappresenta un mezzo di espressione libera e, soprattutto, di denuncia, che può quindi compromettere la propria posizione. Nonostante ciò, però, vediamo bene che un questi quattro mesi il popolo è riuscito, seppur con grandi difficoltà, a condividere foto e video continuamente. Tutti i giorni circolano contenuti e testimonianze di quanto sta accadendo in Iran. Finalmente il mondo ha la possibilità di guardare in faccia il vero volto del regime della Repubblica islamica, che non è assolutamente una repubblica, piuttosto una dittatura. Il grido del popolo iraniano è una legittima protesta per la libertà, anche solo di poter postare un video o una foto su un social network e condurre la stessa vita che fanno i coetanei in altre parti del mondo”.

Cosa state rischiando lei e Nilufar portando avanti la vostra importante azione di protesta online?

“Quello che rischiano tutti gli iraniani che si esprimono contro il regime. Siamo sotto osservazione. Ma non abbiamo paura, perché a guidarci è il coraggio delle donne e degli uomini che si trovano in territorio iraniano e che affrontano a mani nude i Basigi (un corpo para militare addestrato solo per contenere le manifestazioni) o il Corpo dei Guardiani della rivoluzione (i Pasdaran, appunto), la cui brutalità è ormai drammaticamente nota al mondo. Il capo supremo ha definito coloro che protestano al di fuori dell’Iran “mercenari” che si vendono per sostenere manifestazioni promosse dagli Stati Uniti, principale nemico del regime. Ma, come sappiamo, il regime non si lascia intimidire, resiste ancora e anzi si alimenta della propaganda anti-americana. Ecco perché, ora più che mai, il nostro compito è quello di essere la voce degli iraniani”.

Quale appello vorreste lanciare?

“Chiediamo alle persone di diffondere i contenuti sulla situazione iraniana, di non smettere neanche un giorno di parlarne, perché nel momento in cui dovesse accadere il Regime potrebbe aggravare la propria azione contro il suo stesso popolo. Vi prego di non smettere di chiedere notizie sulla condizione dei prigionieri, dei giornalisti arrestati, degli intellettuali e dei giovanissimi che vengono fatti sparire nel nulla. Aiutateci ad ottenere risposte, condividete più possibile i contenuti di denuncia sull’Iran perché è veramente di vitale importanza. Dobbiamo avviare un vero e proprio movimento social, capace di raccontare la verità su una rivoluzione che, ovviamente, non riguarda il diritto di togliersi un velo dalla testa, ma di far cadere il regime e poter scegliere il proprio Governo ed il proprio futuro. Vogliamo la libertà e la democrazia. Vogliamo essere la voce degli iraniani ed insistere che i governi internazionali riconoscano il regime della Repubblica islamica come un governo illegittimo e quindi aiutino il popolo ad uscire da questo buio, dal velo che è stato messo sull’informazione, sulla scuola, sull’università. Sulla vita. Vogliamo riacquistare il nostro diritto alla libertà”.

Amadeus consegna i fiori di Sanremo all'attivista iraniana Pegah e Drusilla
Amadeus consegna i fiori di Sanremo all’attivista iraniana Pegah e Drusilla

Il discorso integrale di Pegah e drusilla Foer  a Sanremo 2023

Pegah: Buonasera a tutte ed a tutti, mi chiamo Pegah Moshir Pour Italiana di origine Iraniana, nata tra i racconti del “Libro dei Re”, cresciuta tra i versi de”La Divina Commedia”. Consulente e Attivista dei diritti umani e digitali. In Iran non sarei potuta essere così vestita e truccata e non avrei potuto parlare di diritti umani da un palcoscenico. Perché sarei stata arresta o forse addirittura uccisa. E per questo, come molte ragazze e ragazzi del mio paese, ho deciso che la paura non ci fa più paura e di dare voce ad una generazione cresciuta sotto un regime di terrore e di repressione, in uno dei paesi più belli al mondo, uno scrigno dei Patrimoni dell’Umanità. La parola Paradiso deriva dall’antico termine persiano Pardis, giardino protetto. Allora io vi chiedo: Esiste un Paradiso Forzato?
Ahimè sì…come altro si può chiamare un luogo dove il regime uccide persino i bambini? Dal 16 settembre 2022, da quando Mahsa Jina Amini, una ragazza colpevole solo di essere sospettata di non indossare in modo corretto il velo, è stata uccisa dalla polizia morale, il popolo iraniano sta sacrificando con il sangue il diritto a difendere il proprio paradiso. Io vi ringrazio a nome di tutti i ragazzi iraniani perché ricordate al mondo che la musica è un diritto umano. E per spiegare meglio il dramma che i miei coetanei stanno vivendo nel nostro paese, vorrei usare la melodia e le parole di una canzone che è diventata l’inno della rivoluzione. L’ha composta Shervin Ajipour, musicando i tweet che i ragazzi hanno scritto sulle libertà negate. Shervin per questo è stato arrestato e il suo account silenziato. La canzone si chiama Baraye che in italiano vuol dire: Per…

Parte la musica e si sente la voce di Shervin, poi entra Drusilla e comincia a recitare in italiano le frasi a cui Pegah risponde dando la spiegazione.

Drusilla: Per poter ballare per strada. Pegah: In Iran si rischiano fino a 10 anni di prigione se si balla per strada o si ascolta musica occidentale. Drusilla: Per paura di baciarsi. Pegah: In Iran è proibito baciarsi e stare mano nella mano con la persona che ami.
Drusilla: Per mia sorella, tua sorella e le nostre sorelle. Pegah: In Iran si paga con la vita il desiderio di esprimere la propria femminilità. Drusilla: Per l’imbarazzo e la vergogna. Pegah: Più di 20 milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà, senza soldi per mangiare. Drusilla: Per i bambini che perdono i loro sogni. Pegah: Sono moltissimi i bambini sfruttati, che chiedono l’elemosina e vivono raccogliendo i rifiuti. Drusilla: Per i cani innocenti proibiti. Pegah: ll regime uccide i cani sia di proprietà che di strada. Drusilla: Per queste lacrime e questo pianto ininterrotto. Drusilla: Per questo paradiso forzato. Drusilla: Per gli intellettuali imprigionati. Pegah: nella prigione di Evin ci sono più di diciottomila tra intellettuali, dissidenti e prigionieri politici che spariscono nel silenzio. Drusilla: Per i bambini rifugiati afghani. Pegah: In Iran ci sono più di 1 milione di profughi afgani, perseguitati senza possibilità di ricostruirsi una vita. Drusilla: Per sentire il senso di pace. Drusilla: Per il sorgere del sole dopo lunghe notti. Drusilla: Per la ragazza che desiderava essere un ragazzo. Pegah: In Iran essere omosessuali è punito con l’impiccagione. Drusilla: Per donna, vita, libertà. Pegah (magari dette in persiano): le parole chiave della rivoluzione. Qui riprende il canto di Shervin Insieme: Per la libertà. Per la libertà. Per la libertà. Per la libertà.

Potrebbe interessarti anche

In Uganda approvata una legge anti-gay (Amnesty International)
Attualità

Uganda, sì alla legge anti-gay. Carcere anche per chi si dichiara Lgbtq

22 Marzo 2023
FS Italia: sono stati avviati percorsi di training e iniziative dedicati a mamme e papà per migliorare la conciliazione vita-lavoro
Lifestyle

Festa del papà, i padri di oggi più motivati ed energici rispetto alle mamme

19 Marzo 2023
L'iraniana Elaheh Tavakolian
Attualità

Iran, Elaheh Tavakolian in Italia per operarsi all’occhio

21 Marzo 2023

Instagram

  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Risuona forte sul palco dell'Ariston la voce delle donne iraniane: Drusilla Foer approda a sorpresa a Sanremo  e affianca Pegah Moshir Pour, 33enne lucana di origine Persiana. Madame Foer e l'influencer italo-iraniana recitano un testo sui diritti negati nel Paese martoriato, diventato il simbolo di tutti i paesi in guerra, dove i diritti umani e delle donne non esistono più. Di rosso bordeaux vestita, in tailleur pantaloni e coni capelli raccolti, Drusilla Foer si è fatta seria per per accompagnare Pegah, una ragazza italo-iraniana attivista dei diritti umani: “Mi chiamo Pegah, sono italiana di origini iraniani. Ho deciso che la paura non ci fa più paura e di dare voce a una generazione cresciuta sotto un regime di terrore e depressione, in uno dei paesi più belli al mondo, uno scrigno dei patrimoni dell’umanità. Come si può chiamare un posto dove il regime uccide anche i bambini?”: è il racconto di Pegah che sul palco del Festival di Sanremo porta all’attenzione il tema dei diritti in Iran. “Il popolo iraniano sta sacrificando con il sangue il diritto a difendere il proprio paradiso”, aggiunge.
Drusilla e Pegah Moshir Pour, attivista dei diritti umani in prima fila nelle proteste in Iran, a Sanremo 2023
Drusilla e Pegah Moshir Pour, attivista dei diritti umani in prima fila nelle proteste in Iran, a Sanremo 2023
“Per la liberta’”. Drusilla e Pegah Moshir Pour, attivista dei diritti umani in prima fila nelle proteste in Iran, lo ripetono piu’ volte al termine del loro intervento, fianco a fianco, sul palco dell’Ariston a sostegno della lotta delle donne, dei dissidenti e di tutti coloro i quali si battono per sciogliersi dalle catene del regime.

Le parole di Pegah e Drusilla a Sanremo

“In Iran non mi sarei potuta truccare, mi avrebbero arrestato. Per poter ballare per strada si rischiano fino a 10 anni di carcere. In Iran è proibito baciarsi, e si paga con la vita il desiderio di esprimere la propria femminilità. Più di 20 milionidi persone sotto la soglia della povertà. In Iran chi è omosessuale rischia l’impiccagione”. Drusilla Foer e Pegah Moshir Pour portano sul palco di Sanremo l’Iran dei diritti negati. L’artista en travesti e l’attivista italiana di origini iraniane hanno offerto al pubblico del festival un intenso momento accendendo i riflettori sui diritti e le libertà negate nel Paese e sulla situazione delle donne iraniane, da settembre al centro di una protesta rivoluzionaria causata dall’uccisione di alcune attiviste tra cui Masha Amini, arrestata e poi uccisa dalla polizia morale del Paese. “Ma ora ho deciso che la paura non ci fa più paura, e di dare voce ad una generazione cresciuta sotto la paura in uno dei paesi più belli al mondo”, ha detto Pegah, raggiunta in scena da Drusilla con la quale, con il sottofondo della canzone ‘Baraye’ dell’artista iraniano Shervin Hajipour, ha elencato l’impressionante elenco di diritti negati agli iraniani. “Il popolo iraniano sta sacrificando con il sangue il diritto a difendere il proprio paradiso -ha aggiunto Pegah- Io vi ringrazio a nome di tutti i ragazzi iraniani perché ricordate al mondo che la musica è uno dei diritti umani”. per sciogliersi dalle catene del regime.

Chi è Pegah Moshir Pour, 33enne lucana di origine Persiana

Pegah, nel suo video di denuncia – divenuto virale online – fa riferimento a gravissimi episodi di violenza anche nei confronti dei bambini e degli studenti nelle scuole… “Non è novità. Purtroppo abbiamo visto e vediamo tutt’ora ciò che il regime fa da 44 anni. La polizia entra nelle scuole elementari, medie e superiori, sia femminili che maschili, senza alcuna distinzione. Si mette ad interrogare gli studenti per capire cosa pensino e cosa provino rispetto al regime. Se mostrano segni di disobbedienza vengono picchiati brutalmente. Alcuni di loro, soprattutto le ragazze, a seguito delle percosse sono morte per emorragia interna. È una situazione gravissima in merito alla quale non è più possibile tacere. In alcune scuole superiori femminili in cui le ragazze si rifiutavano di portare il velo, è capitato che la polizia abbia tentato di ucciderle avvelenando il cibo della mensa o rilasciando gas tossici nelle aule. Stiamo assistendo ad una vera e propria violazione dei diritti umani”. Perché tanto accanimento? “Probabilmente il regime non si aspettava così tanto coraggio da parte delle giovani generazioni. Invece i ragazzi sono coraggiosi e sono tanti, considerando che in Iran il 70% della popolazione è al di sotto dei 35 anni e, soprattutto, che sa esattamente quello che vuole e quello che non vuole più, ossia un regime che non ha scelto, qualcosa che non gli somiglia. Per non dare segni di debolezza il regime non cede davanti alla resistenza, anzi intensifica la propria violenza. Esempio ne è l’attuale taglio del gas operato in alcune città, dove le persone vengono lasciate al gelo”.
Pegah Moshir Pour, 33 anni , in una foto tratta dal suo profilo instagram
Pegah Moshir Pour, 33 anni , in una foto tratta dal suo profilo instagram
Nel suo video ha spiegato che il regime sta oscurando e disconnettendo internet al bisogno, può spiegarci meglio? “Possiamo definire l’Iran “un autoritarismo digitale”, al pari della Cina e della Russia. Il Governo iraniano oscura la libera informazione internazionale, attraverso apposite infrastrutture controllate che bloccano siti web e applicazioni ritenuti inadeguati. Il Regime sa bene che internet rappresenta un mezzo di espressione libera e, soprattutto, di denuncia, che può quindi compromettere la propria posizione. Nonostante ciò, però, vediamo bene che un questi quattro mesi il popolo è riuscito, seppur con grandi difficoltà, a condividere foto e video continuamente. Tutti i giorni circolano contenuti e testimonianze di quanto sta accadendo in Iran. Finalmente il mondo ha la possibilità di guardare in faccia il vero volto del regime della Repubblica islamica, che non è assolutamente una repubblica, piuttosto una dittatura. Il grido del popolo iraniano è una legittima protesta per la libertà, anche solo di poter postare un video o una foto su un social network e condurre la stessa vita che fanno i coetanei in altre parti del mondo”. Cosa state rischiando lei e Nilufar portando avanti la vostra importante azione di protesta online? “Quello che rischiano tutti gli iraniani che si esprimono contro il regime. Siamo sotto osservazione. Ma non abbiamo paura, perché a guidarci è il coraggio delle donne e degli uomini che si trovano in territorio iraniano e che affrontano a mani nude i Basigi (un corpo para militare addestrato solo per contenere le manifestazioni) o il Corpo dei Guardiani della rivoluzione (i Pasdaran, appunto), la cui brutalità è ormai drammaticamente nota al mondo. Il capo supremo ha definito coloro che protestano al di fuori dell’Iran “mercenari” che si vendono per sostenere manifestazioni promosse dagli Stati Uniti, principale nemico del regime. Ma, come sappiamo, il regime non si lascia intimidire, resiste ancora e anzi si alimenta della propaganda anti-americana. Ecco perché, ora più che mai, il nostro compito è quello di essere la voce degli iraniani”. Quale appello vorreste lanciare? “Chiediamo alle persone di diffondere i contenuti sulla situazione iraniana, di non smettere neanche un giorno di parlarne, perché nel momento in cui dovesse accadere il Regime potrebbe aggravare la propria azione contro il suo stesso popolo. Vi prego di non smettere di chiedere notizie sulla condizione dei prigionieri, dei giornalisti arrestati, degli intellettuali e dei giovanissimi che vengono fatti sparire nel nulla. Aiutateci ad ottenere risposte, condividete più possibile i contenuti di denuncia sull’Iran perché è veramente di vitale importanza. Dobbiamo avviare un vero e proprio movimento social, capace di raccontare la verità su una rivoluzione che, ovviamente, non riguarda il diritto di togliersi un velo dalla testa, ma di far cadere il regime e poter scegliere il proprio Governo ed il proprio futuro. Vogliamo la libertà e la democrazia. Vogliamo essere la voce degli iraniani ed insistere che i governi internazionali riconoscano il regime della Repubblica islamica come un governo illegittimo e quindi aiutino il popolo ad uscire da questo buio, dal velo che è stato messo sull’informazione, sulla scuola, sull’università. Sulla vita. Vogliamo riacquistare il nostro diritto alla libertà”.
Amadeus consegna i fiori di Sanremo all'attivista iraniana Pegah e Drusilla
Amadeus consegna i fiori di Sanremo all'attivista iraniana Pegah e Drusilla

Il discorso integrale di Pegah e drusilla Foer  a Sanremo 2023

Pegah: Buonasera a tutte ed a tutti, mi chiamo Pegah Moshir Pour Italiana di origine Iraniana, nata tra i racconti del “Libro dei Re”, cresciuta tra i versi de”La Divina Commedia”. Consulente e Attivista dei diritti umani e digitali. In Iran non sarei potuta essere così vestita e truccata e non avrei potuto parlare di diritti umani da un palcoscenico. Perché sarei stata arresta o forse addirittura uccisa. E per questo, come molte ragazze e ragazzi del mio paese, ho deciso che la paura non ci fa più paura e di dare voce ad una generazione cresciuta sotto un regime di terrore e di repressione, in uno dei paesi più belli al mondo, uno scrigno dei Patrimoni dell’Umanità. La parola Paradiso deriva dall’antico termine persiano Pardis, giardino protetto. Allora io vi chiedo: Esiste un Paradiso Forzato?
Ahimè sì…come altro si può chiamare un luogo dove il regime uccide persino i bambini? Dal 16 settembre 2022, da quando Mahsa Jina Amini, una ragazza colpevole solo di essere sospettata di non indossare in modo corretto il velo, è stata uccisa dalla polizia morale, il popolo iraniano sta sacrificando con il sangue il diritto a difendere il proprio paradiso. Io vi ringrazio a nome di tutti i ragazzi iraniani perché ricordate al mondo che la musica è un diritto umano. E per spiegare meglio il dramma che i miei coetanei stanno vivendo nel nostro paese, vorrei usare la melodia e le parole di una canzone che è diventata l’inno della rivoluzione. L’ha composta Shervin Ajipour, musicando i tweet che i ragazzi hanno scritto sulle libertà negate. Shervin per questo è stato arrestato e il suo account silenziato. La canzone si chiama Baraye che in italiano vuol dire: Per… Parte la musica e si sente la voce di Shervin, poi entra Drusilla e comincia a recitare in italiano le frasi a cui Pegah risponde dando la spiegazione. Drusilla: Per poter ballare per strada. Pegah: In Iran si rischiano fino a 10 anni di prigione se si balla per strada o si ascolta musica occidentale. Drusilla: Per paura di baciarsi. Pegah: In Iran è proibito baciarsi e stare mano nella mano con la persona che ami. Drusilla: Per mia sorella, tua sorella e le nostre sorelle. Pegah: In Iran si paga con la vita il desiderio di esprimere la propria femminilità. Drusilla: Per l’imbarazzo e la vergogna. Pegah: Più di 20 milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà, senza soldi per mangiare. Drusilla: Per i bambini che perdono i loro sogni. Pegah: Sono moltissimi i bambini sfruttati, che chiedono l’elemosina e vivono raccogliendo i rifiuti. Drusilla: Per i cani innocenti proibiti. Pegah: ll regime uccide i cani sia di proprietà che di strada. Drusilla: Per queste lacrime e questo pianto ininterrotto. Drusilla: Per questo paradiso forzato. Drusilla: Per gli intellettuali imprigionati. Pegah: nella prigione di Evin ci sono più di diciottomila tra intellettuali, dissidenti e prigionieri politici che spariscono nel silenzio. Drusilla: Per i bambini rifugiati afghani. Pegah: In Iran ci sono più di 1 milione di profughi afgani, perseguitati senza possibilità di ricostruirsi una vita. Drusilla: Per sentire il senso di pace. Drusilla: Per il sorgere del sole dopo lunghe notti. Drusilla: Per la ragazza che desiderava essere un ragazzo. Pegah: In Iran essere omosessuali è punito con l’impiccagione. Drusilla: Per donna, vita, libertà. Pegah (magari dette in persiano): le parole chiave della rivoluzione. Qui riprende il canto di Shervin Insieme: Per la libertà. Per la libertà. Per la libertà. Per la libertà.
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Cos’è Luce!
  • Redazione
  • Board
  • Contattaci
  • 8 marzo

Robin Srl
Società soggetta a direzione e coordinamento di Monrif
Dati societariISSNPrivacyImpostazioni privacy

Copyright© 2023 - P.Iva 12741650159

CATEGORIE
  • Contatti
  • Lavora con noi
  • Concorsi
ABBONAMENTI
  • Digitale
  • Cartaceo
  • Offerte promozionali
PUBBLICITÀ
  • Speed ADV
  • Network
  • Annunci
  • Aste E Gare
  • Codici Sconto