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Home » Spettacolo » Pilar Fogliati presenta “Romantiche”: “La sfida? Raccontare le ragazze del 2023 rompendo i tabù”

Pilar Fogliati presenta “Romantiche”: “La sfida? Raccontare le ragazze del 2023 rompendo i tabù”

L'intervista alla giovane regista e attrice romana. Nel film anche la cantante Levante: "Ero una sua fan, incredibile lavorare con lei"

Ilaria Vallerini
4 Febbraio 2023
Pilar Fogliati, in uscita il suo nuovo film "Romantiche" (Foto Instagram)

Pilar Fogliati, in uscita il suo nuovo film "Romantiche" (Foto Instagram)

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Eugenia Praticò, aspirante sceneggiatrice, Uvetta Budini di Raso, l’aristocratica “bella addormentata”, Michela Trezza, la provinciale in procinto di sposarsi, Tazia De Tiberis, un po’ bulla e accentratrice. Sono le protagoniste del nuovo film di Pilar Fogliati: “Romantiche”, di cui l’interprete romana firma anche la regia (è la prima volta che veste questo duplice ruolo). È tornata nella terra della sua nonna, Pisa, al Cinema Odeon, in occasione del tour promozionale accompagnata dallo sceneggiatore Giovanni Veronesi (che prevedeva la visione in anteprima del film e l’incontro con il pubblico e i fan) in attesa dell’uscita ufficiale il prossimo 23 febbraio.

Per la sua prima creazione da regista perché ha scelto un film tutto al femminile?
“La sfida è stata quella di raccontare le ragazze del 2023. Ho provato a vedere che aria tirava tra le mie coetanee, esagerando alcuni aspetti del loro carattere, l’ambizione però è stata fin dal primo momento di essere onesta”.

Secondo lei la regia è ancora un mondo prettamente maschile?
“Me ne accorgo anch’io, perché è sempre la domanda che mi pongono. Il giorno che non sarà la notizia, ma semplicemente un fatto appurato, allora diventerà una cosa normale e resterà solo il giudizio sul film e non se è stato fatto da un uomo o una donna”.

Nel film interpreta quattro figure femminili molto diverse tra loro, quale le è rimasta più appiccicata addosso?
“Voglio bene a tutte loro. Sono quattro amiche per me e le tiro fuori quando c’è bisognoo. Hanno dei lati del carattere che vorrei, ma non è il caso di essere completamente una di loro. Probabilmente Michela Trezza è quella che mi rappresenta di più. È una ragazza della provincia romana, molto pura, ingenua, che trova a scontrarsi con i sette vizi capitali”.

 

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Un post condiviso da Indiana Production (@theindianaway)

Perché ‘Romantiche’?
“Sognare, mente annebbiata, essere sentimentale ma allo stesso tempo inquieto. Un binomio interessante che mi divertiva dato che sono quattro ragazze molto buffe, con gli occhi tondi di quando non ti accorgi delle cose che accadono intorno a te”.

Nella serie firmata Netflix ‘Odio il Natale’ ha scardinato il pregiudizio che a 30 anni le ragazze devono essere già sposate…
“Sì, ho ricevuto moltissimi messaggi sui social di ragazze che mi dicevano ‘Finalmente, che noia queste domande’, tanta è la voglia di infrangere questo tabù. I trent’anni sono diventati un compleanno che significa qualcosa, come per i 18 anni quando devi sapere chi vuoi diventare. Abbiamo voluto ironizzare su questo, perché ognuno ha il suo tempo per capirlo, chi prima, chi dopo. Le mie amiche che non hanno il fidanzato, che sono la metà, stanno benissimo e non si pongono proprio il problema. Se l’obiettivo è raccontare uno spaccato del nostro presente, non è possibile far finta che intorno ci sia qualcosa di diverso. Questo è stato il punto di partenza”.

Pilar Fogliati insieme ad una fan al Cinema Odeon di Pisa

Ha collaborato al film “Romantiche” anche Levante, che tipo di rapporto avete instaurato?
“Inizialmente ero solo una sua fan. È un’artista che ha una visione del mondo tutta sua ed è integra con se stessa. Nel film si è messa in gioco non solo a livello musicale, ma anche come attrice. È venuta a Castiglione della Pescaia e mentre noi scrivevamo si è messa in un angolino della casa con la sua chitarra per carpire l’atmosfera. Uno di quei momenti incredibili in cui ti accorgi che sta nascendo qualcosa”.

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Eugenia Praticò, aspirante sceneggiatrice, Uvetta Budini di Raso, l'aristocratica "bella addormentata", Michela Trezza, la provinciale in procinto di sposarsi, Tazia De Tiberis, un po' bulla e accentratrice. Sono le protagoniste del nuovo film di Pilar Fogliati: "Romantiche", di cui l'interprete romana firma anche la regia (è la prima volta che veste questo duplice ruolo). È tornata nella terra della sua nonna, Pisa, al Cinema Odeon, in occasione del tour promozionale accompagnata dallo sceneggiatore Giovanni Veronesi (che prevedeva la visione in anteprima del film e l'incontro con il pubblico e i fan) in attesa dell'uscita ufficiale il prossimo 23 febbraio. Per la sua prima creazione da regista perché ha scelto un film tutto al femminile? "La sfida è stata quella di raccontare le ragazze del 2023. Ho provato a vedere che aria tirava tra le mie coetanee, esagerando alcuni aspetti del loro carattere, l'ambizione però è stata fin dal primo momento di essere onesta". Secondo lei la regia è ancora un mondo prettamente maschile? "Me ne accorgo anch'io, perché è sempre la domanda che mi pongono. Il giorno che non sarà la notizia, ma semplicemente un fatto appurato, allora diventerà una cosa normale e resterà solo il giudizio sul film e non se è stato fatto da un uomo o una donna". Nel film interpreta quattro figure femminili molto diverse tra loro, quale le è rimasta più appiccicata addosso? "Voglio bene a tutte loro. Sono quattro amiche per me e le tiro fuori quando c'è bisognoo. Hanno dei lati del carattere che vorrei, ma non è il caso di essere completamente una di loro. Probabilmente Michela Trezza è quella che mi rappresenta di più. È una ragazza della provincia romana, molto pura, ingenua, che trova a scontrarsi con i sette vizi capitali".
 
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