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Home » Spettacolo » Ranko Yokoyama, una vita sulle punte. “La danza? Un mondo estraneo a forme di razzismo o discriminazioni”

Ranko Yokoyama, una vita sulle punte. “La danza? Un mondo estraneo a forme di razzismo o discriminazioni”

Giapponese di nascita ma cosmopolita per destino, la ballerina ricorda gli esordi: "In America venivo scelta per il talento e poi scartata per ragioni burocratiche"

Guido Guidi Guerrera
7 Gennaio 2023
Ranko Yokoyama

Ranko Yokoyama

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Il suo volto è dolce quanto il sorriso che la illumina, la sua espressione è quella di una donna forte che ispira calma. Da quarant’anni in Italia, Ranko Yokoyama si esprime benissimo nella nostra lingua, imprimendole una cadenza singolare, il suo è un eloquio sommesso eppure ricco di vibrazioni piene, quasi musicali. Ranko è una ballerina di fama internazionale, giapponese di nascita ma cosmopolita per destino. Una giramondo che dalla sua Nishinomi si sposta, ancora bambina, in Germania dove inizia lo studio della danza classica alla prestigiosa Senta Dabelstein Tanz Schule di Amburgo. Ma il suo percorso è solo all’inizio: tornata dopo qualche anno in Giappone, frequenta la Kaitani Artistic School of Dance a Tokyo e in seguito a Osaka, con un’insegnante proveniente dall’ Accademia di San Pietroburgo. Sono i primi anni Settanta quando si trasferisce a New York per frequentare i corsi di livello avanzato dell’American Ballet Theatre School sotto la guida di Leon Danielian e Patricia Wilde. Per lei è il momento di spiccare il volo quando inizia a far parte della Louis Falco Dance Company, dove le verrà presto assegnato il ruolo di prima ballerina.

La ballerina giapponese Ranko Yokoyama

Iniziano così le sue  tournée in tutto il mondo, riscuotendo ovunque ampi consensi tanto di pubblico che di critica. Dopo aver debuttato al Nederlands Dans Theater nel ruolo principale di “Lobster Quadrille”, vola a Lisbona per sostituire lo stesso Louis Falco in occasione della messa in scena di “Hero”, e infine approda a Parigi su invito del grande Rudolf Nureyev per dar vita al balletto “Black and Blue”. Ma sarà il film “Fame” di Alan Parker, in cui spiccano tutte le sue doti di principal dancer, a decretarne la notorietà. Ranko, preceduta dalla sua fama, arriva nel nostro Paese nel 1982, ed è étoile incontrastata al Teatro della Fenice di Venezia nell’opera “Aida“, diretta da Mauro Bolognini e con le coreografie di Geoffrey Cauley. Anche la televisione si accorge di lei: è ospite in diverse trasmissioni, come nel caso di Fotofinish o Ladymagic in compagnia di Louis Falco, e si afferma come prima ballerina a Canale 5 nella trasmissione “Premiatissima”.

Il talento speciale di Ranko non sfugge a uno dei più apprezzati coreografi del tempo, Franco Miseria, che la sceglie come assistente. Non si contano da quel momento le partecipazioni alle più importanti trasmissioni come “Fantastico”, “Serata d’Onore”, “Festival di Sanremo” o in occasione della consegna dei David di Donatello. Ranko Yokoyama non si ferma, la sua carriera è ormai costellata da un numero infinito di trionfi. Nel 2001 la troviamo in coppia con Raffaele Paganini per l’allestimento del balletto nell’opera “Carmen”, mentre nel dicembre dello stesso anno le viene consegnato il Premio Internazionale per l’Arte a Reggio Calabria. Ma qualcosa in quel maledetto 2007 accade e fa inceppare all’improvviso quella macchina perfetta che è il suo corpo. La priorità è lottare e vincere. E ancora una volta la timida, dolcissima Ranko, indistruttibile come il titanio, ce la fa. Ultimamente ha curato le coreografie per il musical “M.A.F.I.A.” prodotto da Luce in scena a Foggia e, nonostante i fastidi dovuti agli strascichi della patologia contro la quale non smette di combattere, insegna in varie scuole di danza italiane, organizzando stage di danza moderna-contemporanea. Lei è una guerriera, lei come Lady Oscar ha la forza delle eroine giapponesi, ed è vera.

La ballerina giapponese Ranko Yokoyama, in Italia da ormai più di 20 anni, oggi continua a insegnare danza nonostante combatta con una malattia che l’ha colpita nel 2007

Ranko, come è arrivata in Italia dal lontano Giappone e come è stata accolta?
“Il mio è stato un giro lungo: prima sono stata a New York con la famiglia per otto anni, dal ’75 ho iniziato a lavorare professionalmente. In Italia sono arrivata invece sette anni dopo, quando Canale 5 mi aveva proposto uno show che si chiamava ‘Premiatissima 82’ con il ruolo di prima ballerina. Quella è stata la prima esperienza in assoluto in quello che ormai considero il mio Paese di adozione, dove sono stata subito accolta molto bene. In realtà in Italia sono stata rispettata soprattutto per la mia arte, inserita in un mondo come quello della danza da sempre estraneo a forme di razzismo o discriminazione. Piuttosto mi è rimasto impresso un episodio singolare durante il periodo della pandemia, quindi in tempi abbastanza recenti. Ero in teatro ad assistere a uno spettacolo e notavo molti sguardi puntati su di me. Senza dubbio i miei tratti inequivocabilmente orientali attiravano sospetto e diffidenza, mi osservavano come fossi un’appestata. Ho sorriso dentro di me considerando quanta confusione esista ancora nel distinguere un cinese da un giapponese: per molti italiani ‘siamo tutti uguali’. Io ero seduta accanto ad Andrè De La Roche e questo aumentava la perplessità generale. Ho questo siparietto tutto sommato molto divertente”.

Quali ostacoli ha incontrato nel suo percorso professionale?
“Non appena arrivata in America mi sono scontrata con una realtà molto dura. Nonostante le tante audizioni come ballerina classica superate con successo, era di fatto impossibile ottenere un permesso di lavoro. Arrivavo sempre tra le prime, ero scelta per il mio talento ma presto venivo scartata per ragioni burocratiche. È stato un periodo molto difficile, anche perché non ho mai usato scorciatoie di alcun genere pur di arrivare e specialmente non ho mai permesso che qualcuno allungasse le mani, prendendosi delle libertà. Nell’ambiente di lavoro ho sempre preteso e ottenuto rispetto. Il nostro era un gruppo di ballerini molto affiatato, eravamo tutti molto giovani e quando uscivamo, la sera, era inevitabile lasciarsi andare un po’. Ma il mattino dopo si tornava in teatro dove riprendevamo le lezioni con estrema disciplina mantenendo un rapporto molto serio tra allievi e maestro di danza”.

Diventare una ballerina famosa come lei comporta molti sacrifici?
“In genere arrivare a un certo grado di abilità nella danza implica notevole sacrificio. Personalmente confesso di essere stata piuttosto fortunata. Ho iniziato a studiare danza in Germania a nove anni, sotto la guida di una danzatrice molto famosa allora che impartiva le sue lezioni in un teatro di Amburgo. Lei ha subito intuito in quella bambina un’attitudine speciale, facendone una sua protetta: così quando sono tornata in Giappone potevo mostrare una sua meravigliosa lettera di presentazione, grazie alla quale mi sono state aperte molte strade”.

Ranko Yokoyama, una vita sulle punte
Ranko Yokoyama, una vita sulle punte

A un certo punto qualcosa è andato storto e il suo corpo ha rischiato di tradirla…
“Sì, era il 2007. Ho avuto un grave problema di salute a carico di vescica e reni, tanto da arrivare alla decisione di smettere di danzare. Subito dopo un intervento piuttosto invasivo ma indispensabile eseguito a Perugia ho potuto riprendere la mia vita professionale. Il prezzo è che devo pur sempre fare i conti con la fragilità del mio corpo: tutte le volte che le mie difese si abbassano rischio di andare incontro a serie forme di anemia. Per fortuna non sono costretta, almeno per il momento, a ricorrere alla dialisi. In realtà mi sento per fortuna abbastanza bene, e soprattutto posso continuare a lavorare, a insegnare alle allieve delle mie scuole. E questo mi basta per sentirmi viva”.

Come è iniziata la sua collaborazione con il coreografo Franco Miseria?
“Franco è un caro amico, una persona straordinaria e ottimista che continua a starmi vicina e a infondermi coraggio, nonostante tutto. L’ho conosciuto all’epoca di una trasmissione televisiva con Lino Banfi; in quella occasione stavo allestendo una coreografia particolare. Rimase talmente colpito da chiedermi di diventare sua assistente. E’ così che tutto ha avuto inizio. Mi occupavo di mettere in scena balletti, ma mi è capitato anche di danzare diverse volte anche come ballerina solista, specialmente quando c’era da sostituire qualcuno…”.

Cosa vede Ranko nel suo futuro?
“Non saprei. L’esperienza dovuta all’età mi ha insegnato a vivere giorno per giorno. Considerata la mia condizione fisica non posso sapere come andrà a finire. Troppe incertezze esistenziali, a livello personale ma non solo. Epidemie, venti di guerra, situazione economica insostenibile, generano troppi interrogativi per poter pianificare il futuro. Se penso al mio Giappone sto male. La crisi che sta subendo è molto profonda ed è esposto di continuo a tensioni internazionali che ne fanno potenziale bersaglio. Quando posso torno a far visita a mia madre, una donna molto forte e attiva nonostante l’età. Ha 93 anni, è costretta su una sedia a rotelle ma canta, canta con la sua bella voce. Ha sempre affrontato la vita cantando”.

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  • Nino Gennaro cresce in un paese complesso, difficile, famigerato per essere stato il regno del boss Liggio, impegnandosi attivamente in politica; nel 1975 è infatti responsabile dell’organizzazione della prima Festa della Donna, figura tra gli animatori del circolo Placido Rizzotto, presto chiuso e, sempre più emarginato dalla collettività, si trova poi coinvolto direttamente nel caso di una sua amica, percossa dal padre perché lo frequentava e che sporse denuncia contro il genitore, fatto che ebbe grande risonanza sui media. Con lei si trasferì poi a Palermo e qui comincia la sua attività pubblica come scrittore; si tratta di una creatività onnivora, che si confronta in diretta con la cronaca, lasciando però spazio alla definizione di mitologie del corpo e del desiderio, in una dimensione che vuole comunque sempre essere civile, di testimonianza.

Nel 1980 a Palermo si avviano le attività del suo gruppo teatrale “Teatro Madre”, che sceglie una dimensione urbana, andando in scena nei luoghi più diversi e spesso con attori non professionisti (i testi si intitolano “Bocca viziosa”, “La faccia è erotica”, “Il tardo mafioso Impero”), all’inseguimento di un cortocircuito scena/vita. Già il logo della compagnia colpisce l’attenzione: un cuore trafitto da una svastica, che vuole alludere alla pesantezza dei legami familiari, delle tradizioni vissute come gabbia. Le sue attività si inscrivono, quindi, in uno dei periodi più complessi della storia della città siciliana, quando una sequenza di delitti efferati ne sconvolge la quotidianità e Gennaro non è mai venuto meno al suo impegno, fondando nel 1986 il Comitato Cittadino di Informazione e Partecipazione e legandosi al gruppo che gestiva il centro sociale San Saverio, dedicandosi quindi a numerosi progetti sociali fino alla morte per Aids nel 1995.

La sua drammaturgia si alimenta di una poetica del frammento, del remix, con brani che spesso vengono montati in modo diverso rispetto alla loro prima stesura.

Luca Scarlini ✍

#lucenews #lucelanazione #ninogennaro #queer
  • -6 a Sanremo 2023!

Questo Festival ha però un sapore dolceamaro per l
  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

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  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

#lucenews #lucelanazione #mariekondo
Il suo volto è dolce quanto il sorriso che la illumina, la sua espressione è quella di una donna forte che ispira calma. Da quarant'anni in Italia, Ranko Yokoyama si esprime benissimo nella nostra lingua, imprimendole una cadenza singolare, il suo è un eloquio sommesso eppure ricco di vibrazioni piene, quasi musicali. Ranko è una ballerina di fama internazionale, giapponese di nascita ma cosmopolita per destino. Una giramondo che dalla sua Nishinomi si sposta, ancora bambina, in Germania dove inizia lo studio della danza classica alla prestigiosa Senta Dabelstein Tanz Schule di Amburgo. Ma il suo percorso è solo all’inizio: tornata dopo qualche anno in Giappone, frequenta la Kaitani Artistic School of Dance a Tokyo e in seguito a Osaka, con un'insegnante proveniente dall’ Accademia di San Pietroburgo. Sono i primi anni Settanta quando si trasferisce a New York per frequentare i corsi di livello avanzato dell'American Ballet Theatre School sotto la guida di Leon Danielian e Patricia Wilde. Per lei è il momento di spiccare il volo quando inizia a far parte della Louis Falco Dance Company, dove le verrà presto assegnato il ruolo di prima ballerina.
La ballerina giapponese Ranko Yokoyama
Iniziano così le sue  tournée in tutto il mondo, riscuotendo ovunque ampi consensi tanto di pubblico che di critica. Dopo aver debuttato al Nederlands Dans Theater nel ruolo principale di "Lobster Quadrille", vola a Lisbona per sostituire lo stesso Louis Falco in occasione della messa in scena di "Hero", e infine approda a Parigi su invito del grande Rudolf Nureyev per dar vita al balletto "Black and Blue". Ma sarà il film "Fame" di Alan Parker, in cui spiccano tutte le sue doti di principal dancer, a decretarne la notorietà. Ranko, preceduta dalla sua fama, arriva nel nostro Paese nel 1982, ed è étoile incontrastata al Teatro della Fenice di Venezia nell’opera "Aida", diretta da Mauro Bolognini e con le coreografie di Geoffrey Cauley. Anche la televisione si accorge di lei: è ospite in diverse trasmissioni, come nel caso di Fotofinish o Ladymagic in compagnia di Louis Falco, e si afferma come prima ballerina a Canale 5 nella trasmissione "Premiatissima". Il talento speciale di Ranko non sfugge a uno dei più apprezzati coreografi del tempo, Franco Miseria, che la sceglie come assistente. Non si contano da quel momento le partecipazioni alle più importanti trasmissioni come "Fantastico", "Serata d’Onore", "Festival di Sanremo" o in occasione della consegna dei David di Donatello. Ranko Yokoyama non si ferma, la sua carriera è ormai costellata da un numero infinito di trionfi. Nel 2001 la troviamo in coppia con Raffaele Paganini per l’allestimento del balletto nell’opera "Carmen", mentre nel dicembre dello stesso anno le viene consegnato il Premio Internazionale per l’Arte a Reggio Calabria. Ma qualcosa in quel maledetto 2007 accade e fa inceppare all'improvviso quella macchina perfetta che è il suo corpo. La priorità è lottare e vincere. E ancora una volta la timida, dolcissima Ranko, indistruttibile come il titanio, ce la fa. Ultimamente ha curato le coreografie per il musical "M.A.F.I.A." prodotto da Luce in scena a Foggia e, nonostante i fastidi dovuti agli strascichi della patologia contro la quale non smette di combattere, insegna in varie scuole di danza italiane, organizzando stage di danza moderna-contemporanea. Lei è una guerriera, lei come Lady Oscar ha la forza delle eroine giapponesi, ed è vera.
La ballerina giapponese Ranko Yokoyama, in Italia da ormai più di 20 anni, oggi continua a insegnare danza nonostante combatta con una malattia che l'ha colpita nel 2007
Ranko, come è arrivata in Italia dal lontano Giappone e come è stata accolta? "Il mio è stato un giro lungo: prima sono stata a New York con la famiglia per otto anni, dal ’75 ho iniziato a lavorare professionalmente. In Italia sono arrivata invece sette anni dopo, quando Canale 5 mi aveva proposto uno show che si chiamava 'Premiatissima 82' con il ruolo di prima ballerina. Quella è stata la prima esperienza in assoluto in quello che ormai considero il mio Paese di adozione, dove sono stata subito accolta molto bene. In realtà in Italia sono stata rispettata soprattutto per la mia arte, inserita in un mondo come quello della danza da sempre estraneo a forme di razzismo o discriminazione. Piuttosto mi è rimasto impresso un episodio singolare durante il periodo della pandemia, quindi in tempi abbastanza recenti. Ero in teatro ad assistere a uno spettacolo e notavo molti sguardi puntati su di me. Senza dubbio i miei tratti inequivocabilmente orientali attiravano sospetto e diffidenza, mi osservavano come fossi un’appestata. Ho sorriso dentro di me considerando quanta confusione esista ancora nel distinguere un cinese da un giapponese: per molti italiani 'siamo tutti uguali'. Io ero seduta accanto ad Andrè De La Roche e questo aumentava la perplessità generale. Ho questo siparietto tutto sommato molto divertente". Quali ostacoli ha incontrato nel suo percorso professionale? "Non appena arrivata in America mi sono scontrata con una realtà molto dura. Nonostante le tante audizioni come ballerina classica superate con successo, era di fatto impossibile ottenere un permesso di lavoro. Arrivavo sempre tra le prime, ero scelta per il mio talento ma presto venivo scartata per ragioni burocratiche. È stato un periodo molto difficile, anche perché non ho mai usato scorciatoie di alcun genere pur di arrivare e specialmente non ho mai permesso che qualcuno allungasse le mani, prendendosi delle libertà. Nell’ambiente di lavoro ho sempre preteso e ottenuto rispetto. Il nostro era un gruppo di ballerini molto affiatato, eravamo tutti molto giovani e quando uscivamo, la sera, era inevitabile lasciarsi andare un po’. Ma il mattino dopo si tornava in teatro dove riprendevamo le lezioni con estrema disciplina mantenendo un rapporto molto serio tra allievi e maestro di danza". Diventare una ballerina famosa come lei comporta molti sacrifici? "In genere arrivare a un certo grado di abilità nella danza implica notevole sacrificio. Personalmente confesso di essere stata piuttosto fortunata. Ho iniziato a studiare danza in Germania a nove anni, sotto la guida di una danzatrice molto famosa allora che impartiva le sue lezioni in un teatro di Amburgo. Lei ha subito intuito in quella bambina un’attitudine speciale, facendone una sua protetta: così quando sono tornata in Giappone potevo mostrare una sua meravigliosa lettera di presentazione, grazie alla quale mi sono state aperte molte strade".
Ranko Yokoyama, una vita sulle punte
Ranko Yokoyama, una vita sulle punte
A un certo punto qualcosa è andato storto e il suo corpo ha rischiato di tradirla… "Sì, era il 2007. Ho avuto un grave problema di salute a carico di vescica e reni, tanto da arrivare alla decisione di smettere di danzare. Subito dopo un intervento piuttosto invasivo ma indispensabile eseguito a Perugia ho potuto riprendere la mia vita professionale. Il prezzo è che devo pur sempre fare i conti con la fragilità del mio corpo: tutte le volte che le mie difese si abbassano rischio di andare incontro a serie forme di anemia. Per fortuna non sono costretta, almeno per il momento, a ricorrere alla dialisi. In realtà mi sento per fortuna abbastanza bene, e soprattutto posso continuare a lavorare, a insegnare alle allieve delle mie scuole. E questo mi basta per sentirmi viva". Come è iniziata la sua collaborazione con il coreografo Franco Miseria? "Franco è un caro amico, una persona straordinaria e ottimista che continua a starmi vicina e a infondermi coraggio, nonostante tutto. L’ho conosciuto all’epoca di una trasmissione televisiva con Lino Banfi; in quella occasione stavo allestendo una coreografia particolare. Rimase talmente colpito da chiedermi di diventare sua assistente. E’ così che tutto ha avuto inizio. Mi occupavo di mettere in scena balletti, ma mi è capitato anche di danzare diverse volte anche come ballerina solista, specialmente quando c’era da sostituire qualcuno…". Cosa vede Ranko nel suo futuro? "Non saprei. L’esperienza dovuta all’età mi ha insegnato a vivere giorno per giorno. Considerata la mia condizione fisica non posso sapere come andrà a finire. Troppe incertezze esistenziali, a livello personale ma non solo. Epidemie, venti di guerra, situazione economica insostenibile, generano troppi interrogativi per poter pianificare il futuro. Se penso al mio Giappone sto male. La crisi che sta subendo è molto profonda ed è esposto di continuo a tensioni internazionali che ne fanno potenziale bersaglio. Quando posso torno a far visita a mia madre, una donna molto forte e attiva nonostante l’età. Ha 93 anni, è costretta su una sedia a rotelle ma canta, canta con la sua bella voce. Ha sempre affrontato la vita cantando".
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