Il razzismo e la misoginia dove proprio non te li aspetti. Jann Wenner, co-fondatore della storica rivista musicale Rolling Stone, è al centro di molte critiche dopo le dichiarazioni rilasciate al New York Times dove ha ammesso e rivendicato che negli anni Sessanta e Settanta non prendeva i musicisti neri e le musiciste sul serio. Almeno non quanto gli uomini bianchi.
Frasi che lo hanno portato, tra l’altro, all’esclusione dal consiglio di amministrazione della Rock & Roll Hall of Fame Foundation.
“Le donne e i neri articolano il loro pensiero ad un livello inferiore”
Wenner fondò Rolling Stone nel 1967 insieme al critico Ralph J. Gleason. Per due decenni consecutivi, la rivista è diventata un riferimento mondiale del giornalismo musicale, raccontando l’affermazione del rock e i cambiamenti culturali negli Stati Uniti di quegli anni.
Il 77enne ne è rimasto l’anima principale della rivista fino al 2017, quando ha venduto le sue quote. Qualche giorno fa è arrivata invece la frase al centro delle polemiche: “Le cantanti e musiciste donne e gli artisti neri articolano il loro pensiero ad un livello inferiore rispetto ad alcuni artisti uomini bianchi”.
Dopo la dichiarazione e le critiche ricevute Wanner si è poi scusato. “Nella mia intervista con il New York Times ho fatto commenti che hanno sminuito l’importanza dei contributi, il genio e l’impatto degli artisti neri e delle donne, e di questo mi scuso pienamente”, ha fatto sapere attraverso un comunicato diffuso dalla sua casa editrice, la Little, Brown and Company.
Il razzismo e la misoginia al centro dell’intervista
Parole pronunciate nel corso di un dialogo con Dave Marchese che, nell’introduzione del libro ha osservato come Wenner dichiari che i musicisti neri e le musiciste “non rappresentavano lo spirito del suo tempo”.
A proposito delle donne il 77enne ha risposto che “nessuna era sufficientemente eloquente a livello intellettuale”. “Non è che non fossero geni creativi. Non è che non fossero sofisticate”, ha proseguito.
“Però andate a fare una conversazione profonda con Janis Joplin. Prego, dopo di voi“, alludendo al fatto che secondo lui non era possibile. Secondo Wenner, “non è che Joni [Mitchell] fosse una filosofa del rock’n’roll. A mio avviso non superava questo test. Non con il suo lavoro, non con le sue interviste. Le persone che ho intervistato erano quel tipo di filosofi del rock”.
Poi è arrivata l’altra frecciatina. “Quanto agli artisti neri, Stevie Wonder è un genio della musica, giusto? Con lui, semmai, il problema è usare una parola ampia come ‘maestro’. Lo erano forse Marvin Gaye o Curtis Mayfield? Non penso si siano mai espressi a quel livello. Voglio dire, guardate di cosa stava scrivendo Pete Townshend, o cosa ha scritto Jagger, o qualcun altro di loro”, ha continuato.
“Erano cose profonde su una particolare generazione, uno spirito particolare e un particolare atteggiamento nei confronti del rock ‘n’ roll. Non che gli altri non lo fossero, ma questi erano quelli che potevano davvero articolarlo”.
Le scuse di Wenner
La raccolta di interviste contenute in The Masters è quella che secondo Wenner “rappresenta meglio l’idea dell’impatto del rock’n’roll sul suo mondo”, si legge nel comunicato.
“Non intende rappresentare la musica nella sua totalità e i suoi creatori nella loro diversità e importanza, ma restituire i momenti più alti della mia carriera e le interviste che a mio avviso mostrano la portata e l’esperienza di quella carriera […] Capisco perfettamente la natura incendiaria delle parole da me pronunciate e scelte male e mi scuso profondamente, e ne accetto le conseguenze”.