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Roberta Torre: "Con le favolose porto al cinema il riscatto delle donne trans, storie belle di persone"

Il documentario, che vede come interprete principale la leader del movimento nazionale transessuali Porpora Marcasciano, verrà proiettato mercoledì 18 gennaio nell’Aula magna del Rettorato dell’Università di Siena

di RICCARDO JANNELLO -
17 gennaio 2023
Roberta Torre

Roberta Torre

Un tema assai importante di inclusione sociale è diventato docufilm, ma soprattutto ha emozionato il pubblico di tutto il mondo: la regista Roberta Torre con Le favolose, la storia di una comunità transessuale che vive emozioni e ricordi “normali”, dimostra quanto la vita vada vissuta nelle proprie emozioni senza cedere ad alcun ricatto. Trionfatore fra l’altro a Tokyo e Amsterdam, il film verrà proiettato mercoledì 18 gennaio nell’Aula magna del Rettorato dell’Università di Siena, in via Banchi di Sotto 55 alle 18, grazie all’intuizione di Maria Pia Corbelli, presidentessa del Terra di Siena International Film; al termine incontro-dibattito con la regista e l’interprete principale, Porpora Marcasciano, leader del movimento nazionale; condurrà Luca Venzi, docente di teorie e tecniche del linguaggio cinematografico nel locale ateneo.

Regista e sceneggiatrice, Roberta Torre ha 60 anni

Roberta Torre, come nasce l’idea del film? “Dalla lettura dei libri di Porpora che mi sembravano molto densi, pieni di storie belle di persone dagli anni 70 in poi, storie da raccontare, come quella di Antonia morta durante il periodo di transizione e sepolta dalla famiglia con gli abiti da uomo come se si volesse cancellare tutta la sua storia e rinnegarne il percorso”. Questo per lei che cosa significa? “Che non solo nel mondo trans ogni essere umano deve venire ricordato per quello che ha fatto e non per la sua identità violata. Il ricordo, la memoria, è l’unica cosa che abbiamo per ripercorrere la nostra storia. Negarlo è violenza”. E con il film che cosa vuole ottenere? “Un risarcimento per Antonia”. Come si è svolto il suo lavoro? “Ho mescolato documentario e finzione con attrici non professioniste trans, persone vere. Ho intrecciato le loro storie in una seduta spiritica dove vengono fuori i trascorsi, i problemi, le speranze”. Che cosa ha scoperto di questo mondo? “L’obbligo di un percorso che le ha portate all’inizio a dovere usare il proprio corpo per sopravvivere, ma poi lo stereotipo si è rovesciato e quello che emerge è il desiderio collettivo di avere una vita quotidiana normale: loro fra delirio e dramma hanno preferito lo spettacolo”.
"Le favolose" di Roberta Torre

"Le favolose" di Roberta Torre

Coma ha scelto le interpreti? Aiutata nel casting da Porpora che mi ha fatto conoscere sei amiche e io su di loro ho costruito i personaggi. Antonia assomiglia tanto a una giovane che ho visto sotto casa mia a Siena”. Il film vuole essere un esempio lampante di inclusione: che cosa significa per lei questa parola? Intanto andrei per etimologia: il contrario di esclusione laddove ci sia la possibilità di aprirsi a visioni che non separano la gente”. Come si fa a realizzarla? “Intanto ci vuole una mentalità aperta che preveda la possibilità che l’altro non sia come te e che non debba essere demonizzato”.
Regista e sceneggiatrice, Roberta Torre ha 59 anni

Regista e sceneggiatrice, Roberta Torre ha 60 anni

Che cosa impedisce questa mentalità? “La paura del diverso: è paralizzante vedere in quel mondo qualcosa che può turbare la propria esistenza. Quello che non assomiglia a te e che viene valutato peggiore”. La disabilità fa parte di questo? “Lo è sicuramente: come dicevo tutto ciò che è diverso come l’handicap fa paura perché non si è preparati ad accettarlo. Si ha paura di essere invasi, fagocitati. E’ un equivoco perché poi ognuno di noi ha una sua diversità e la accetta mentre non fa lo stesso con quella degli altri. Eppure si tratta di un presupposto importante per vivere in libertà”. Che cosa pensa di ciò che sta accadendo in Iran? “E’ una metafora drammatica di tutte le privazioni che l’uomo soffre soprattutto per le fasce più deboli come le donne o i disabili, che vengono sempre aggrediti per le loro idee. Ora il regime uccide le persone e dimostra sempre più che l’aggressione, la mancanza di libertà, non è accettabile”. La situazione della donna da noi com’è? “Ancora indietro nonostante una apparente facciata di normalità, ma già a partire dalla vita familiare mancano uguali diritti”. Il sesso divide? “Credo che sia un problema di cultura generale: sono attrice del del mio corpo e questa è già una questione politica e riguarda anche le trans. Ognuno è libero di fare quello che ritiene sia una sua libera scelta anche contro la natura oscurantista che crede che non si possa scegliere di amare uno stesso sesso”. Anche il problema degli anziani meriterebbe una inclusione maggiore… che ne pensa? “La società non ama pensare che il percorso verso la fine della vita abbia valore, ma la vecchiaia è in se stessa un valore. Comporta la necessità di prendersi cura e assistere la persona, ma noi dobbiamo considerare l’anziano come paladino di saggezza e conoscenza. Non possiamo vederli come personaggi ingombranti: l’anziano deve poter passare il testimone alle nuove generazioni e farle crescere. Ne ha tutto il potere”.
Roberta Torre ha diretto “Le favolose“, storia di una comunità transessuale

Roberta Torre ha diretto “Le favolose“, storia di una comunità transessuale

Che progetti ha ora? Ancora una pellicola sociale? “Sì. Sto chiudendo un altro film, Mi fanno male i capelli: la storia di una donna che perde la memoria e si identifica nei personaggi di Monica Vitti, con il marito che la asseconda in questa sua sindrome di Korsakoff. La perdita della memoria è un tema molto importante nella nostra società, un altro tema sociale sul quale investire. E’ anche un omaggio al grande cinema italiano”. Roberta Torre, per concludere: che cosa è per lei l’amore? “Un viaggio”.

"Le favolose", trama

Porpora Marcasciano con le altre "favolose" nel documentario di Roberta Torre

Porpora Marcasciano con le altre "favolose" nel documentario di Roberta Torre

Il disconoscimento della propria identità resta per molte trans una seconda morte, quella della loro memoria. Le famiglie si vergognano e così funerale, cerimonia e tumulazione avvengono in gran segreto tra pochi intimi, frettolosamente manomesse nell’estetica, e Gianna diventa Gianni, Luciana Luciano, Francisca Francisco. In questo modo nessuno potrà più riconoscerle. Sulle lapidi viene stampato il loro nome da uomo, in un’identità che mai più sarà quella da loro scelta durante la loro la vita terrena. È quello che accade ad Antonia, sepolta con il suo nome di battesimo, Giampaolo, nell’indifferenza dei più. Vent’anni dopo, il ritrovamento di una lettera spinge le sue migliori amiche, Porpora e Nicole, a organizzare un ritrovo della Memorabile Famiglia Reale, il gruppo di elette nella sconfinata costellazione trans, per rivivere un’intera giornata tutte assieme nell’appartamento storico, come facevano nei favolosi weekend di molti anni prima. Anche se all’inizio lo tengono nascosto, il vero lo scopo della riunione è quella di organizzare una seduta spiritica che permetta ad Antonia di ritornare temporaneamente sulla Terra. Solo così sarà possibile darle una degna sepoltura: un funerale gioioso, dove alle lacrime si sostituiscono le canzoni e alle preghiere le danze, e dove Antonia potrà finalmente tornare a indossare il suo abito verde. Una festa che sarà anche una rivincita per lei e per tutte quelle persone di cui non resta altro che vago ricordo, perdute, polverizzate nella nuda terra, sotto lapidi che non appartengono a nessuno.