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Home » Spettacolo » Il ‘gladiatore’ Russell Crowe vittima di body shaming sui social. “Sei enorme, fai una dieta”

Il ‘gladiatore’ Russell Crowe vittima di body shaming sui social. “Sei enorme, fai una dieta”

Il premio oscar è stato insultato a causa della sua forma fisica. Molti utenti però si sono schierati dalla sua parte lanciando l'hashtag #iostoconrussell

Edoardo Martini
25 Luglio 2022
Russell Crowe

Russell Crowe

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DI solito, immaginiamo i gladiatori come combattenti atletici dal fisico possente, con muscoli e addominali perfettamente scolpiti. Nonostante le produzioni cinematografiche abbiano spesso preso alla lettera questa credenza, la realtà storica potrebbe essere decisamente diversa. Ed è questo che è successo al ‘gladiatore’ Russell Crowe, vittima di body-shaming.

Russell Crowe al Colosseo con la sua famiglia

“Sei diventato enorme”, “Hai bisogno di una dieta”: le offese all’attore

“Sei grasso”, “Ciccione”, “Sei diventato enorme” sono soltanto alcuni dei commenti, da parte di italiani e di stranieri, che si leggono scorrendo i commenti alle foto dell’attore neozelandese che lo hanno ritratto nei giorni scorsi in Italia, a Roma per la precisione. “Sembra che tu ti sia mangiato Marco Aurelio”, scrive un utente sotto il selfie che lo vede con la famiglia davanti al Colosseo. Ma i commenti non finiscano qui: “Russell Crowe? Avrei giurato di vederlo della stazza che aveva ne Il Gladiatore ma invece ho visto una sua foto dove piuttosto sembra Peter Griffin“, scrive un altro facendo riferimento al personaggio della serie animata “I Griffin“. Oppure: “Il Gladitore è tornato, ma si è trasformato in Zeus, anche un po’ più grasso“, “Se l’è magnato, il Colosseo“, “Hai un sacco di grasso addosso, hai bisogno di una dieta“, “Solo l’anfiteatro del Colosseo è così grande da poter contenere la tua pancia grassa”, “Che diavolo è successo? Ha smesso di combattere i gladiatori per cominciarseli a mangiare?”. Un episodio simile era già successo l’anno scorso quando l’attore tornò nella città eterna per celebrare i 18 anni del kolossal di Ridley Scott. Anche a quel tempo la sua forma fisica finì sotto i riflettori e non mancarono frasi di cattivo gusto: “C’è chi invecchia come il vino e chi… si ingoia direttamente la damigiana. Russell Crowe Cesaroni edition: from Colosseum to the Garbatella”.

Russell Crowe in una scena de Il Gladiatore

La difesa social e l’hashtag #iostoconrussell

Per fortuna però molti utenti si sono schierati a difesa del premio Oscar. “Come si può fare body shaming a un grande attore e a un uomo di quasi sessant’anni?”, scrive una donna. “Voi continuate a dire frasi sgradevoli su Russell Crowe. Tanto a lui non importa, è felice, si vive bene l’esistenza e ha le chiavi della Cappella Sistina”, le fa eco un’altra, riferendosi a una visita esclusiva dell’attore nei Musei Vaticani. “E basta, manco magnasse a casa vostra“, aggiunge un ragazzo. Ancora, un’altra persona: “Non capisco tutto questo body-shaming. La gente invecchia. Il corpo cambia. Basta con tutto questo sfottò, non fa ridere”. C’è anche chi ha lanciato l’hashtag: #iostoconrussell. Ora l’attore è già pronto ad una nuova avventura. Si sta preparando a interpretare l’esorcista Padre Gabriele Pietro Amorth in The Popes esorcist diretto da Julius Avery. Circa una settimana fa è atterrato a Roma con la sua famiglia, ha portato i figli al Colosseo, ha visitato la Fontana di Trevi, “uno dei miei posti preferiti nell’universo”, ha scritto sui social. Infine ha visitato i Musei Vaticani, dove ha portato anche la madre in sedia a rotelle. Qui “ho potuto vivere in silenzio la gloria della Cappella Sistina. Sono grato. Sono al servizio di Roma“, ha concluso il gladiatore.

 

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Sul suo profilo Instagram pubblica una foto delle protesi lasciate sul lettino, prima di fare un tuffo in mare. Libera. 🏊‍♀️

#lucenews #lucelanazione #bebevio #inclusivity #libera #protesi #tornosubito
  • Maura Nardi, 41 anni a novembre, ed Emanuele Loati, 25, oltre ad essere innamorati, sono due giovani transgender che, dopo una vera e propria odissea, hanno completato insieme la transizione per il cambio di sesso. E ora, nuovi documenti alla mano, coroneranno finalmente il loro sogno d’amore con le nozze.

“Con l’identità di genere non si può scendere a patti: puoi lottarci per un po’, ma alla fine devi accettare quello che sei perché in ballo c’è la tua vita”.

Emanuele e Maura si sono conosciuti 3 anni fa, proprio durante il difficile e lungo percorso che li avrebbe portati alla loro nuova identità. Da quel primo incontro, proprio come in una favola con la freccia di Cupido scoccata che non lascia scampo, i due non si sono più lasciati.

Uniti, supportandosi a vicenda senza mai smettere di amarsi, hanno affrontato tutte le difficoltà che si sono presentate e non sono state poche: prima la sofferenza emotiva (ma anche fisica) per la transizione, aggravata poi dalla burocrazia dello Stato. E dopo tante peripezie la luce è apparsa in fondo al tunnel: l’ufficio anagrafe del comune di Recanati, in provincia di Macerata, ha provveduto a rettificare i loro documenti di identità. Era l’ultimo step da superare prima del via libera al matrimonio. Ora non resta che organizzare.

Se quella di Nardi e Loati è una vicenda già particolarmente travagliata, anche se a lieto fine, per Maura le cose sono state, se possibile, ancora più difficili. Ha iniziato la transizione nel 2016 e quando ha completato il percorso, è stata la prima persona non vedente italiana a riuscirci. Da quando ha 19 anni soffre di una forma di cecità a causa dello sviluppo di una rara malattia alla retina, nel suo caso “è stato più semplice convivere con la cecità che con l’incongruenza di genere”.

E aggiunge: “Nonostante il supporto non è stata una passeggiata: ho avuto diversi momenti di sconforto e paura, altri in cui mi sono sentita in colpa per aver trascinato la mia famiglia in questo cammino così complesso. Oggi so che rifarei tutto. La ciliegina sulla torta è stata l’arrivo del mio compagno. Ora finalmente siamo pronti a sposarci e possiamo pensare a una cosa bella”.

#lucenews #recanati #nozze
  • Quello che molti temevano è purtroppo accaduto: per scoprire le interruzioni di gravidanza negli Usa le autorità stanno facendo ricorso anche ai dati personali contenuti nelle app di messaggistica e sui social. 

A destare scalpore è un caso in Nebraska, dove Celeste Burgess, 18 anni, e sua madre Jessica, 41, sono finite in tribunale per un presunto aborto illegale, con molteplici capi d’imputazione. La polizia ha presentato come prove i messaggi su Facebook che le due donne si sarebbero scambiate e a cui, con l’autorizzazione dei gestori della piattaforma – in questo caso Meta –, ha avuto accesso. Le chat private, secondo le autorità, mostrano le prove di un aborto farmacologico illegale, autogestito alla 28esima settimana di gestazione (settimo mese), e di un piano per nascondere "i resti”.

Dopo che la polizia ha ottenuto il materiale dai due mandati di perquisizione, Jessica è stata accusata di altri due reati, induzione all’aborto illegale e pratica dell’aborto come persona diversa da un medico autorizzato, per i quali si è nuovamente dichiarata non colpevole. Attualmente il Nebraska proibisce gli aborti dopo le 20 settimane, una legge in vigore da prima dell’annullamento della sentenza Roe v. Wade.

Il problema di fondo che emerge da questa e da tante altre vicende in materia di diritti ha un duplice aspetto: da una parte c’è l’obbligo di una società di fornire i dati alle forze dell’ordine che ne fanno richiesta per le indagini e dall’altra la possibilità di disporre di questi dati. 

Mai come oggi grandi aziende private possono disporre di informazioni personali relative ai propri utenti, e se queste sono utili per fermare chi commette crimini è un conto, ma se le leggi vengono modificate ciò che può essere giudicato come crimine cambia. Il caso di Celeste Burgess è solo un esempio, ma conferma anche che negare il diritto all’aborto non eradica il fenomeno, ma lo trasporta in una dimensione di illegalità e pericolo per la salute della donna.

#lucenews #lucelanazione #aborto #nebraska #abortion #usa
  • La scelta coraggiosa del calciatore croato Robert Peric-Komsic non poteva non fare il giro del mondo in un baleno. Nel fiore dell’età, e con tutta la vita davanti, a soli 23 anni ha deciso di lasciare il mondo del pallone. La sua non è stata una scelta forzata, è stata intimamente voluta, e se ha detto addio alla sua carriera è stato solo per una scelta d’amore. Dimostrando che la vita della propria madre viene prima di qualunque cosa. Prima della passione per il pallone, prima del successo, prima di ogni carriera.

“Non c’erano altre opzioni, io era l’unica possibilità, l’ultima. Ho avuto ben chiara qual era la mia missione: salvarla.”

L’attaccante del Cibalia Vinkovci non ci ha pensato due volte quando si è trattato di scegliere tra il suo futuro nel mondo calcistico e la salute della sua mamma malata. Per tanto, troppo tempo l’aveva vista lottare contro una malattia al fegato. Ora non c’era più tempo da perdere: si trattava di trovare un donatore compatibile, e al più presto. Lo stomaco della donna si stava oramai riempiendo di acqua, e questo voleva dire che le rimaneva poco tempo, secondo i medici che l’avevano in cura. Questione di qualche giorno appena. Il calciatore della seconda divisione croata era l’unico compatibile. A quel punto Peric-Komsic si è tolto la tuta, ha riposto maglietta e calzoncini da calciatore nella sua valigia e ha preso l’aereo, salendo sul primo volo con destinazione Istanbul. Lì ha trovato sua mamma Ljiljiana che l’aspettava per abbracciarlo, in fin di vita.

“Dopo aver lottato duramente per 13 anni, il vero eroe è lei. Io ho solo fatto quello che chiunque al posto mio avrebbe fatto."

Sono passati quattro mesi e più dall’intervento. Il trapianto è andato benee la signora Ljiljiana è migliorata molto da allora. Giorno dopo giorno ce l’ha messa tutta, e con una straordinaria forza di volontà, animata dall’amore di suo figlio, si sta piano piano riprendendo. E a chi si complimenta per aver fatto qualcosa di straordinario, con l’umiltà dei grandi risponde: “È stata mia madre a darmi la vita. Io l’ho solo estesa a lei”.

#lucenews #lucelanazione #donazionefegato #RobertPericKomsic #donarelavitaperamore
DI solito, immaginiamo i gladiatori come combattenti atletici dal fisico possente, con muscoli e addominali perfettamente scolpiti. Nonostante le produzioni cinematografiche abbiano spesso preso alla lettera questa credenza, la realtà storica potrebbe essere decisamente diversa. Ed è questo che è successo al 'gladiatore' Russell Crowe, vittima di body-shaming.
Russell Crowe al Colosseo con la sua famiglia

"Sei diventato enorme", "Hai bisogno di una dieta": le offese all'attore

"Sei grasso", "Ciccione", "Sei diventato enorme" sono soltanto alcuni dei commenti, da parte di italiani e di stranieri, che si leggono scorrendo i commenti alle foto dell'attore neozelandese che lo hanno ritratto nei giorni scorsi in Italia, a Roma per la precisione. "Sembra che tu ti sia mangiato Marco Aurelio", scrive un utente sotto il selfie che lo vede con la famiglia davanti al Colosseo. Ma i commenti non finiscano qui: "Russell Crowe? Avrei giurato di vederlo della stazza che aveva ne Il Gladiatore ma invece ho visto una sua foto dove piuttosto sembra Peter Griffin", scrive un altro facendo riferimento al personaggio della serie animata "I Griffin". Oppure: "Il Gladitore è tornato, ma si è trasformato in Zeus, anche un po' più grasso", "Se l'è magnato, il Colosseo", "Hai un sacco di grasso addosso, hai bisogno di una dieta", "Solo l'anfiteatro del Colosseo è così grande da poter contenere la tua pancia grassa", "Che diavolo è successo? Ha smesso di combattere i gladiatori per cominciarseli a mangiare?". Un episodio simile era già successo l'anno scorso quando l'attore tornò nella città eterna per celebrare i 18 anni del kolossal di Ridley Scott. Anche a quel tempo la sua forma fisica finì sotto i riflettori e non mancarono frasi di cattivo gusto: "C'è chi invecchia come il vino e chi... si ingoia direttamente la damigiana. Russell Crowe Cesaroni edition: from Colosseum to the Garbatella".
Russell Crowe in una scena de Il Gladiatore

La difesa social e l'hashtag #iostoconrussell

Per fortuna però molti utenti si sono schierati a difesa del premio Oscar. "Come si può fare body shaming a un grande attore e a un uomo di quasi sessant'anni?", scrive una donna. "Voi continuate a dire frasi sgradevoli su Russell Crowe. Tanto a lui non importa, è felice, si vive bene l'esistenza e ha le chiavi della Cappella Sistina", le fa eco un'altra, riferendosi a una visita esclusiva dell'attore nei Musei Vaticani. "E basta, manco magnasse a casa vostra", aggiunge un ragazzo. Ancora, un'altra persona: "Non capisco tutto questo body-shaming. La gente invecchia. Il corpo cambia. Basta con tutto questo sfottò, non fa ridere". C'è anche chi ha lanciato l'hashtag: #iostoconrussell. Ora l'attore è già pronto ad una nuova avventura. Si sta preparando a interpretare l'esorcista Padre Gabriele Pietro Amorth in The Popes esorcist diretto da Julius Avery. Circa una settimana fa è atterrato a Roma con la sua famiglia, ha portato i figli al Colosseo, ha visitato la Fontana di Trevi, "uno dei miei posti preferiti nell'universo", ha scritto sui social. Infine ha visitato i Musei Vaticani, dove ha portato anche la madre in sedia a rotelle. Qui "ho potuto vivere in silenzio la gloria della Cappella Sistina. Sono grato. Sono al servizio di Roma", ha concluso il gladiatore.  
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