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Venezia 79, il divo Hugh Jackman alle prese con i problemi di salute mentale del figlio in "The Son"

Il film è diretto da Florian Zeller: "Spero si apra una conversazione su depressione e altri disturbi". Al Lido anche un corto sulle patologie cardiache e i corretti stili di vita

di BARBARA BERTI -
7 settembre 2022
Il divo Hugh Jackman al Lido di Venezia (Instagram)

Il divo Hugh Jackman al Lido di Venezia (Instagram)

Dalla depressione alle patologie cardiache: anche la salute è un tema forte della 79esima Mostra del cinema di Venezia in programma nella città lagunare fino al 10 settembre. Al Lido è sbarcato il divo Hugh Jackman, il mutante “Wolverine” protagonista di “The Son”, film in concorso diretto da Florian Zeller. Il regista è lo stesso di “The father”: lì si parlava di demenza, stavolta di depressione, sempre sofferenza mentale. Il film d’esordio era ispirato alla malattia della nonna del regista e drammaturgo francese, questa storia “comes from a personal place”, arriva da emozioni che Zeller ha conosciuto nella sua vita. “E’ una riflessione sul senso di colpa, sui legami familiari e, in ultima analisi, sull'amore" dice il regista.
L'attore australiano Hugh Jackman al Lido di Venezia (Instagram)

L'attore australiano Hugh Jackman al Lido di Venezia (Instagram)

Peter (Hugh Jackman) ha una vita frenetica con un lavoro impegnativo, un neonato avuto dalla nuova compagna Beth (Vanessa Kirby), vita che viene sconvolta quando l’ex moglie Kate (Laura Dern) mette in guardia Peter che il loro figlio diciassettenne Nicholas non va a scuola da mesi ed è tormentato, distante e arrabbiato. Peter si sforza di prendersi cura di Nicholas come avrebbe voluto che suo padre (Anthony Hopkins) si fosse preso cura di lui. Tuttavia, cercando di rimediare agli errori del passato, perde di vista il modo in cui tenersi stretto Nicholas nel presente.
 
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  “Dopo aver visto ‘The Father’ e letto lo script di ‘The Son’ ho voluto fortemente questo ruolo, ho avuto una sensazione di fuoco leggendo il copione e al contempo la sensazione che questa parte fosse giusta per me in questo momento della mia vita”, racconta Hugh Jackman, al quale è bastato poco per convincere il regista. “L’amore non è sempre sufficiente per salvare qualcuno. Tutte i personaggi di questo film amano tantissimo ma si sentono incapaci, ma rendersene conto è importante perché è un cammino che porta alla vulnerabilità, alla possibilità di capire la posizione degli altri. Come genitori ci hanno sempre insegnato a essere forti, indipendenti, in grado di affrontare qualsiasi cosa che riguardi i nostri film e, invece, io ho imparato a condividere le mie vulnerabilità con i miei ragazzi, di 17 e 22 anni” aggiunge l’attore australiano.
Una scena del film "The Son" (Instagram)

Una scena del film "The Son" (Instagram)

Sulla genesi del film, il regista Zeller ammette che era da tempo che voleva realizzarlo. “Ero così determinato a raccontare questa storia che non avrei potuto raccontarne nessun’altra, né da un diverso punto di vista. È in parte ispirato a emozioni che conosco personalmente – dice -. Volevo condividerle con il pubblico perché so che molte persone si confrontano con i disturbi mentali e che la vergogna e lo stigma associati a questi problemi possono ostacolare conversazioni necessarie e talvolta vitali”. Senza dare giudizi, il film cerca a rispondere a domande del tipo: “Perché Nicholas sta così male?”, “Che cosa ha scatenato questo male di vivere?” e, ancora, “Il divorzio dei genitori, avvenuto un paio di anni prima, potrebbe essere il motivo?”. “Il figlio parla del divorzio, vuole dare la colpa a qualcuno, cosa abbastanza comune quando si parla di salute mentale” spiega ancora il regista. E specifica: “Non volevo spiegare l’origine di tutto questo, perché non è detto che ci sia un’origine specifica, catturare quel mistero era la sfida del film”. Il cineasta francese aggiunge ancora: “Siamo usciti dalla pandemia, sappiamo che ha scatenato delle crisi relative alla salute mentale: una delle parti più importanti del viaggio riguarda il fatto che quando ci sentiamo soli, impotenti, possiamo rivolgerci a persone che hanno già dovuto affrontare queste cose”.

Il corto sugli stili di vita

Alla 79esima Mostra del Cinema di Venezia, la Regione Veneto ha presentato un corso dal titolo “Il secondo tempo di Julian Ross”. Si tratta di un progetto di comunicazione che nasce dall’esperienza ormai consolidata “Palestre della Salute”, uno dei tasselli di maggior prestigio del Dipartimento di Prevenzione della Regione Veneto, che ha coinvolto un grande numero di persone e professionisti, con l’obiettivo di promuovere percorsi di esercizio fisico e benessere tra i portatori di alcune patologie croniche, comunicare salute, fare prevenzione e inclusione, ma soprattutto creare consapevolezza.
La presentazione del corto “Il secondo tempo di Julian Ross”

La presentazione del corto “Il secondo tempo di Julian Ross”

Il film racconta la storia di Luca, giovane calciatore, costretto a rinunciare alla carriera agonistica e ai suoi sogni sportivi a causa di una patologia cardiaca. Il suo allenatore, Mister Fabio, cerca il modo migliore per fargli accettare questa difficile condizione e restituirgli il sorriso. “Questo cortometraggio – spiega l’assessore regionale alla Sanità del Veneto, Manuela Lanzarin - ben si inserisce in quello che è il percorso promosso dalla Regione Veneto. Il movimento ci accompagna in ogni fase della nostra vita, non conosce barriere ed è inclusivo. Tra gli obiettivi di salute, la Regione ha previsto, nell'ambito della promozione dei corretti stili di vita, un percorso che preveda una attività motoria adeguata alle diverse fasce d'età. L'obiettivo è quello di coinvolgere la popolazione in ogni fase della vita, attuando percorsi personalizzati, ma anche sostenendo l'attività agonistica con controlli mirati affidati a professionisti”.