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Home » Spettacolo » Saviano: “La libertà è dire ciò che si vuole, ma non è mai reale. Stanco dopo 17 anni di odio”

Saviano: “La libertà è dire ciò che si vuole, ma non è mai reale. Stanco dopo 17 anni di odio”

Lo scrittore è stato protagonista, con Tito Faraci e Tanino Liberatore, dell'evento di presentazione del quarto volume de "Le storie della paranza" a Lucca Comics 2022, moderato da Agnese Pini

Marianna Grazi
1 Novembre 2022
Lucca Comics 2022, l'incontro tra Roberto Saviano, Tito Faraci, Tanino Liberatore e la direttrice Agnese Pini (Foto Alcide)

Lucca Comics 2022, l'incontro tra Roberto Saviano, Tito Faraci, Tanino Liberatore e la direttrice Agnese Pini (Foto Alcide)

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Libertà. Paura. Alternativa. Sono queste le tre parole cardine su cui si è articolato l’incontro, al Teatro del Giglio di Lucca, con Roberto Saviano e la direttrice di QN Agnese Pini. Nell’ultima giornata di Lucca Comics & Games, in un’edizione che ha battuto ogni record di partecipazione, lo scrittore ha presentato per la prima volta in assoluto “Le storie della paranza“, la serie a fumetti (in quattro volumi) per Feltrinelli Comics, dove ritroviamo i personaggi iconici dei suoi libri “La paranza dei bambini” (2016) e “Bacio feroce” (2017). Al suo fianco sul palco due mostri sacri delle vignette, il fumettista Tito Faraci e  Tanino Liberatore, illustratore, disegnatore e pittore italiano, che Frank Zappa soprannominò il “Michelangelo del fumetto”.

Ad attenderli una platea gremita, che per oltre un’ora e mezzo ha seguito il dibattito – interrompendolo anche con più di un applauso – in cui hanno trovato spazio argomenti più leggeri, come appunto la realizzazione della serie, che ha portato ancora una volta Saviano a confrontarsi con il linguaggio dei baloon e delle immagini, ma anche più impegnati, inevitabilmente legati alla politica (Meloni e Salvini tra le citazioni) ma anche e soprattutto al contesto della criminalità organizzata, background e personaggio essa stessa delle vicende raccontate. Con il quarto volume della serie “La memoria delle ossa“(in esclusiva a Lucca Comics 500 copie, in libreria invece disponibile dal 22 novembre), tornano le ‘avventure’ dei “paranzini“, i ragazzi nati in una terra di assassini e assassinati, che a loro volta diventano ladri e spacciatori. Perché in una terra che non concede niente, arrivare a quella “cifra che questi giovani hanno ben in testa quando iniziano l’attività criminale, 5mila euro”, diventa più che un obiettivo economico: diventa una missione di sopravvivenza.

Agnese Pini, Tanino Liberatore, Tito Faraci e Roberto Saviano all’incontro a Lucca Comics & Games per l’anteprima del quarto volume de “Le storie della paranza” (Foto Alcide)

La libertà

“Niente come l’arte ha a che fare con la libertà” esordisce Agnese Pini. Eppure, anche in quel contesto, le limitazioni non mancano: “Personalmente non ho mai avuto grandi problemi con la censura, ma è ben presente”, dichiara Liberatore, secondo cui “alla fine si è liberi solo nel pensiero“. “Quando sono davanti alla pagina sono libero – aggiunge -, non ho limiti. Per me la vera libertà è essere fedeli a sé stessi e onesti con le persone”. “Nei fumetti tutto è rappresentabile, ma non sempre è comprensibile ai lettori – spiega invece Tito Faraci -. Il male e la violenza, ad esempio, creano incomprensioni. Le persone spesso non capiscono che tra la violenza e rappresentazione di questa c’è di mezzo un oceano. Forse – conclude – essere liberi, nel nostro mestiere, è quello: poter rappresentare il Male senza essere giudicati”. Per Roberto Saviano, che a conclusione dell’evento si è detto “stanco dopo 17 anni di odio“, visto che da quasi due decenni vive sotto scorta, la libertà ha un valore particolare: “Una persona è libera quando può dire ciò che vuole; sulla pagina, almeno all’apparenza, non si hanno limiti. È questo, un po’, il potere della letteratura, ma anche dei fumetti”. Ma si tratta di una libertà illusoria, “non è mai reale“, deve vedersela con intimidazioni, minacce, denunce: “Sei libero di criticare, poi vieni denunciato, parte una campagna di dossieraggio, la tua vita peggiora, prova a dire qualcosa e ne paghi le conseguenze, ti colpiscono nel personale e ti fanno paura” puntualizza lo scrittore, che vive costantemente la minaccia della camorra. “A Scampia però, dopo le mie parole, hanno finalmente aperto un polo universitario. Se si racconta, le cose poi si trasformano, se illumini l’ombra, poi arriva davvero il sole. Se si è una persona famosa si è molto limitati a dire ciò che si vuole”.

Tito Faraci e Tanino Liberatore a Lucca Comics & Games (Foto Alcide)

Il problema col “politicamente corretto”

Agnese Pini spinge ancora oltre il dibattito, chiedendosi e domandando ai tre protagonisti se sia anche l’ossessione del “politicamente corretto” (o del “politico incorretto”, come afferma Liberatore) ad uccidere la libertà. Secondo Saviano “Ristabilire un equilibro nel linguaggio e nelle parole è sicuramente una cosa bellissima e giusta” ma il problema “è lo stigma: se fai un errore, anche in buona fede, ecco che arrivano tutti lì a puntarti il dito addosso. Basta un semplice errore per uscire da quello che è definito ‘il mondo dei giusti’. Da cosa buona, diventa moralismo – continua -, uno strumento di manipolazione. Essere ‘politicamente corretti’, spesso, ci porta ad essere anche inquisitori”.

Quanto si paga la libertà del dissenso

Roberto Saviano a Lucca Comics & Games 2022 (Foto Alcide)

A Lucca Comics 2021 Roberto Saviano, ricorda ancora Pini, aveva presentato il grapich novel autobiografico, edito da Bao Publishing, “Sono ancora vivo”. Da quelle pagine erano emerse tante sue fragilità e insicurezze. Alla domanda della direttrice su cosa sia cambiato da allora risponde lapidario: “Un anno dopo va sempre peggio. Ti abitui a tutto, a tutte le cazzate che girano sul tuo conto, alle bufale, alle offese, ormai non ti sorprende più niente. Ma fa male. C’è chi mi dice ‘ma se una cosa non è vera smentiscila, sui social hai un milione di followers’. Invece lascio correre perché non aspettando altro che io smentisca, così partono le querele e do visibilità. Lasciar sempre perdere, però, ti scarnifica, non hai più pelle. E le palle piene. La cosa che fa più male è quando persone a me care, persone a me vicine, leggendo qualche cavolata vengono a chiedermi ‘Ma è davvero così? È vero che hai l’attico a New York?’. Anche le persone che conosco da una vita credono alle bufale. E allora penso ‘sì, hanno davvero vinto loro'”. E conclude con una frase dura e cruda, di una persona che nonostante non voglia smettere di battersi per la sua e le altrui libertà e abbia molte, moltissime persone che lo appoggiano, questa battaglia la porta avanti da solo. Perché “La libertà del dissenso va misurata su quanto quel dissenso lo paghi. È lì che conosci il vero prezzo della libertà. E non lasciare sole le persone che prendono posizione è fondamentale, è l’unico modo che si ha, questo atto di libertà, per resistere“.

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  • Nino Gennaro cresce in un paese complesso, difficile, famigerato per essere stato il regno del boss Liggio, impegnandosi attivamente in politica; nel 1975 è infatti responsabile dell’organizzazione della prima Festa della Donna, figura tra gli animatori del circolo Placido Rizzotto, presto chiuso e, sempre più emarginato dalla collettività, si trova poi coinvolto direttamente nel caso di una sua amica, percossa dal padre perché lo frequentava e che sporse denuncia contro il genitore, fatto che ebbe grande risonanza sui media. Con lei si trasferì poi a Palermo e qui comincia la sua attività pubblica come scrittore; si tratta di una creatività onnivora, che si confronta in diretta con la cronaca, lasciando però spazio alla definizione di mitologie del corpo e del desiderio, in una dimensione che vuole comunque sempre essere civile, di testimonianza.

Nel 1980 a Palermo si avviano le attività del suo gruppo teatrale “Teatro Madre”, che sceglie una dimensione urbana, andando in scena nei luoghi più diversi e spesso con attori non professionisti (i testi si intitolano “Bocca viziosa”, “La faccia è erotica”, “Il tardo mafioso Impero”), all’inseguimento di un cortocircuito scena/vita. Già il logo della compagnia colpisce l’attenzione: un cuore trafitto da una svastica, che vuole alludere alla pesantezza dei legami familiari, delle tradizioni vissute come gabbia. Le sue attività si inscrivono, quindi, in uno dei periodi più complessi della storia della città siciliana, quando una sequenza di delitti efferati ne sconvolge la quotidianità e Gennaro non è mai venuto meno al suo impegno, fondando nel 1986 il Comitato Cittadino di Informazione e Partecipazione e legandosi al gruppo che gestiva il centro sociale San Saverio, dedicandosi quindi a numerosi progetti sociali fino alla morte per Aids nel 1995.

La sua drammaturgia si alimenta di una poetica del frammento, del remix, con brani che spesso vengono montati in modo diverso rispetto alla loro prima stesura.

Luca Scarlini ✍

#lucenews #lucelanazione #ninogennaro #queer
  • -6 a Sanremo 2023!

Questo Festival ha però un sapore dolceamaro per l
  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

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  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

#lucenews #lucelanazione #mariekondo
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Agnese Pini, Tanino Liberatore, Tito Faraci e Roberto Saviano all'incontro a Lucca Comics & Games per l’anteprima del quarto volume de "Le storie della paranza" (Foto Alcide)

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"Niente come l'arte ha a che fare con la libertà" esordisce Agnese Pini. Eppure, anche in quel contesto, le limitazioni non mancano: "Personalmente non ho mai avuto grandi problemi con la censura, ma è ben presente", dichiara Liberatore, secondo cui "alla fine si è liberi solo nel pensiero". "Quando sono davanti alla pagina sono libero - aggiunge -, non ho limiti. Per me la vera libertà è essere fedeli a sé stessi e onesti con le persone". "Nei fumetti tutto è rappresentabile, ma non sempre è comprensibile ai lettori - spiega invece Tito Faraci -. Il male e la violenza, ad esempio, creano incomprensioni. Le persone spesso non capiscono che tra la violenza e rappresentazione di questa c’è di mezzo un oceano. Forse - conclude - essere liberi, nel nostro mestiere, è quello: poter rappresentare il Male senza essere giudicati". Per Roberto Saviano, che a conclusione dell'evento si è detto "stanco dopo 17 anni di odio", visto che da quasi due decenni vive sotto scorta, la libertà ha un valore particolare: "Una persona è libera quando può dire ciò che vuole; sulla pagina, almeno all’apparenza, non si hanno limiti. È questo, un po', il potere della letteratura, ma anche dei fumetti". Ma si tratta di una libertà illusoria, "non è mai reale", deve vedersela con intimidazioni, minacce, denunce: "Sei libero di criticare, poi vieni denunciato, parte una campagna di dossieraggio, la tua vita peggiora, prova a dire qualcosa e ne paghi le conseguenze, ti colpiscono nel personale e ti fanno paura" puntualizza lo scrittore, che vive costantemente la minaccia della camorra. "A Scampia però, dopo le mie parole, hanno finalmente aperto un polo universitario. Se si racconta, le cose poi si trasformano, se illumini l’ombra, poi arriva davvero il sole. Se si è una persona famosa si è molto limitati a dire ciò che si vuole".
Tito Faraci e Tanino Liberatore a Lucca Comics & Games (Foto Alcide)

Il problema col "politicamente corretto"

Agnese Pini spinge ancora oltre il dibattito, chiedendosi e domandando ai tre protagonisti se sia anche l’ossessione del "politicamente corretto" (o del "politico incorretto", come afferma Liberatore) ad uccidere la libertà. Secondo Saviano "Ristabilire un equilibro nel linguaggio e nelle parole è sicuramente una cosa bellissima e giusta" ma il problema "è lo stigma: se fai un errore, anche in buona fede, ecco che arrivano tutti lì a puntarti il dito addosso. Basta un semplice errore per uscire da quello che è definito 'il mondo dei giusti'. Da cosa buona, diventa moralismo - continua -, uno strumento di manipolazione. Essere ‘politicamente corretti’, spesso, ci porta ad essere anche inquisitori".

Quanto si paga la libertà del dissenso

Roberto Saviano a Lucca Comics & Games 2022 (Foto Alcide)
A Lucca Comics 2021 Roberto Saviano, ricorda ancora Pini, aveva presentato il grapich novel autobiografico, edito da Bao Publishing, "Sono ancora vivo". Da quelle pagine erano emerse tante sue fragilità e insicurezze. Alla domanda della direttrice su cosa sia cambiato da allora risponde lapidario: "Un anno dopo va sempre peggio. Ti abitui a tutto, a tutte le cazzate che girano sul tuo conto, alle bufale, alle offese, ormai non ti sorprende più niente. Ma fa male. C’è chi mi dice 'ma se una cosa non è vera smentiscila, sui social hai un milione di followers'. Invece lascio correre perché non aspettando altro che io smentisca, così partono le querele e do visibilità. Lasciar sempre perdere, però, ti scarnifica, non hai più pelle. E le palle piene. La cosa che fa più male è quando persone a me care, persone a me vicine, leggendo qualche cavolata vengono a chiedermi 'Ma è davvero così? È vero che hai l’attico a New York?'. Anche le persone che conosco da una vita credono alle bufale. E allora penso ‘sì, hanno davvero vinto loro'". E conclude con una frase dura e cruda, di una persona che nonostante non voglia smettere di battersi per la sua e le altrui libertà e abbia molte, moltissime persone che lo appoggiano, questa battaglia la porta avanti da solo. Perché "La libertà del dissenso va misurata su quanto quel dissenso lo paghi. È lì che conosci il vero prezzo della libertà. E non lasciare sole le persone che prendono posizione è fondamentale, è l'unico modo che si ha, questo atto di libertà, per resistere".
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