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Home » Spettacolo » Porpora Marcasciano: “I miei primi cinquant’anni di lotta per l’affermazione dei diritti trans”

Porpora Marcasciano: “I miei primi cinquant’anni di lotta per l’affermazione dei diritti trans”

Attivista, scrittrice, da qualche tempo politica, eletta nel consiglio comunale di Bologna. È l'icona della transessualità italiana, impegnata dagli anni '70 in una battaglia per la visibilità e contro discriminazioni di genere. Oggi è anche la protagonista di un documentario sulla sua vita firmato da Roberto Cannavò

Maurizio Costanzo
8 Aprile 2022
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S’intitola semplicemente Porpora la pellicola ‘on the road’ che racconta e ripercorre le vicende umane, la formazione politica e la militanza della transessuale che, più di ogni altra, dagli anni ’70 ad oggi, è stata protagonista delle battaglie per l’affermazione dei diritti: Porpora Marcasciano. L’abbiamo incontrata a Firenze, dove ha presentato il docufilm firmato da Roberto Cannavò, in occasione della proiezione al cinema La Compagnia, evento speciale del cartellone di LGBT+ History Month Italia, in collaborazione con il Florence Queer Festival e Associazione Ireos.

Porpora Marcasciano, ha mai immaginato che la sua vita, un giorno, potesse diventare un film?
“Sicuramente non lo pensavo negli anni Settanta e negli anni Ottanta, cioè nell’evoluzione delle cose. Poi, man mano, ha preso forma e secondo me è arrivato quando era giusto che arrivasse. Non avrei mai immaginato che la mia vita diventasse un film, un documentario per ora, ma c’è in lavorazione dell’altro. La mia vita infatti, anzi le mie vite – perché sono tante quelle che ho trascorso e che continuo a vivere – avrebbero bisogno di più documentari. Non voglio essere auto celebrativa, ma ci sono state tante cose, tanti aspetti molto importanti”.

porpora-marcasciano 1
Porpora Marcasciano, attivista e politica transessuale, protagonista del documentario “Porpora” di Roberto Cannavò

Cosa voleva dire essere trans negli anni ‘70 e a che punto siamo nella battaglia dei diritti?
“Rispetto agli anni Settanta, gli anni in cui io ho cominciato a muovere i primi passi, tanto è cambiato. Tanto è stato fatto ma tanto c’è ancora da fare. Essere trans all’epoca non era facile, non era scontato e bisognava inventarsi il mondo. Noi ora siamo qui a Firenze, che è stata una città importante in questo percorso: proprio qui è nato il Mit (Movimento Italiano Transessuale) che oggi si chiama Movimento Identità Trans. A Firenze poi ha vissuto la Romanina, Romina Cecconi, che fu mandata al confino in un paese del sud perché considerata “persona moralmente e socialmente pericolosa”. Quindi tante cose sono successe anche in questa città. Se oggi però una possibile, probabile, visibilità è concessa – siamo infatti in televisione come un po’ dappertutto – è anche vero che alla forma manca ancora la sostanza. E per sostanza intendo i diritti”.

Che idea si è fatta del Ddl Zan?
“Il Ddl Zan era una battaglia di civiltà che avrebbe messo l’Italia al pari degli altri Paesi dell’Europa, dei Paesi civili del mondo. Semplicemente perché avrebbe salvaguardato e tutelato le persone trans, ma anche gay, lesbiche e altre, dalla violenza fisica, psichica e aggiungo anche culturale. Quindi averlo bloccato è stato un fallimento non di chi l’ha proposto e l’ha presentato, ma credo dell’intero Paese”

Le capita di subire ancora discriminazioni e quali le pesano di più?
“Le discriminazioni, per quanto riguarda me come in generale le persone trans, sono striscianti. Esistono e sarebbe assurdo dire il contrario. Ne sono vittima anche io, anche se occupo un ruolo, un posto – sono nel Consiglio Comunale di Bologna – che un po’ mi tutela da tutto questo. Ma te ne accorgi dallo sguardo della gente, dagli atteggiamenti, da quei ‘No’ che sono messaggi subliminali che ti vengono mandati. Poi ci sono molte persone trans che non solo sono escluse, ma anche aggredite fisicamente, e questo non va bene, non funziona e non può essere possibile”.

Una giovanissima Porpora Marcasciano, oggi 64enne (Lina Pallotta)

Dal suo punto di vista come vengono rappresentate le persone transessuali dalla Tv e dai media?
“Diciamo che ultimamente se ne parla, anche perché stanno occupando un ruolo molto importante nella cinematografia mondiale, e questo le pone in una situazione di visibilità, di complessità e chiaramente di approfondimento. Tuttavia le persone trans continuano ad avere un’immagine stereotipata”.

Qual è la battaglia più importante, quella di cui va più fiera, della sua vita?
“La battaglia più importante credo sia stata, ed è tuttora, quella della visibilità. Essere visibili era rischioso e pericoloso, anche se forse ora non lo è più. Sancire una presenza trans ha significato allargare gli spazi di conquista. La mia visibilità ora è all’interno di una istituzione, il Comune di Bologna, che ha riconosciuto nella mia figura la Presidenza della Commissione Pari Opportunità e credo che questo sia un grosso risultato”.

Icona delle battaglie trans da mezzo secolo, della sé più giovane dice: “Negli anni Settanta ero come tante persone che volevano cambiare il mondo, credevano nel cambiamento” (Lina Pallotta)

Pensa che una vera parità di genere, al di là delle categorie storiche, sia un traguardo raggiungibile oppure è da considerarsi mera utopia?
“Tanto è stato fatto e tanto rimane ancora da fare, con la convinzione che non esiste un punto di arrivo, non c’è un obiettivo chiaro, netto. Viviamo in un mondo e in una società che fondamentalmente è maschilista e patriarcale. Per me, per noi, per diverse categorie, questo significa non solo conquistare dei diritti, ma tutelarli, mantenerli e difenderli soprattutto. Difesa che non è scontata”.

Ci racconta qualcosa della sua infanzia e del momento in cui ha preso coscienza della sua diversità?
“Della mia infanzia i ricordi sono positivi. Quelli tragici cominciano nell’adolescenza, nel periodo in cui ci si confronta con il mondo e quando è cominciata in me la coscienza di essere ‘diverso’ dagli altri. Questa diversità all’epoca pesava, perché erano gli anni in cui non c’erano punti di rifermento, non esisteva neppure la parola ‘Transessuale’. Essere fuori dalla norma era rischioso, pericoloso, e più che altro frustrante, perché attorno a te sentivi una solitudine molto profonda”.

Ci può dire tre parole che andrebbero salvate o riscoperte, e altrettante che invece vorrebbe eliminare dal vocabolario?
“Se dovessi abolire delle parole cancellerei sicuramente ‘violenza’, ‘guerra’ e ‘bruttura’. Salverei invece ‘bellezza’ di cui abbiamo tanto bisogno; ‘intelligenza’ che declino al plurale – intelligenze – accompagnata da tante domande, perché bisogna sempre chiederci cosa ci succede intorno. E ‘felicità’. Nel mio discorso di insediamento al Comune di Bologna ho parlato di un obiettivo: l’accesso alla felicità”.

Porpora-Marcasciano
Marcasciano è nata a San Bartolomeo in Galdo (BN) il 15 settembre 1957. Attivista scrittrice e politica italiana, è una figura di riferimento nelle battaglie per i diritti delle persone transessuali dagli anni Settanta

Provi a descrivere se stessa: com’era Porpora Marcasciano negli anni ‘70, com’è adesso e come si vede tra 10 anni?
“Negli anni Settanta ero come tante persone che volevano cambiare il mondo, credevano nel cambiamento. Volevamo fare la rivoluzione ma non l’abbiamo fatta. Abbiamo fatto invece tante piccole rivoluzioni. Ora mi vedo molto felice perché immaginavo la mia maturità un po’ più problematica, invece continuo ad interessarmi, ad appassionarmi e questo mi tiene molto su. Tra dieci anni non riesco a vedermi, semplicemente perché il mondo è talmente in continua e veloce evoluzione, che non mi permette neppure di pensare a quello che accadrà domani. Per eventi indipendenti dalla mia volontà, riesco dunque a vedermi tra un’ora, tra un giorno, ma di più non riesco. Penso comunque che tutto diventerà più bello, perché l’evoluzione della vita e del mondo va in questa direzione: la bellezza”.

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  • Nino Gennaro cresce in un paese complesso, difficile, famigerato per essere stato il regno del boss Liggio, impegnandosi attivamente in politica; nel 1975 è infatti responsabile dell’organizzazione della prima Festa della Donna, figura tra gli animatori del circolo Placido Rizzotto, presto chiuso e, sempre più emarginato dalla collettività, si trova poi coinvolto direttamente nel caso di una sua amica, percossa dal padre perché lo frequentava e che sporse denuncia contro il genitore, fatto che ebbe grande risonanza sui media. Con lei si trasferì poi a Palermo e qui comincia la sua attività pubblica come scrittore; si tratta di una creatività onnivora, che si confronta in diretta con la cronaca, lasciando però spazio alla definizione di mitologie del corpo e del desiderio, in una dimensione che vuole comunque sempre essere civile, di testimonianza.

Nel 1980 a Palermo si avviano le attività del suo gruppo teatrale “Teatro Madre”, che sceglie una dimensione urbana, andando in scena nei luoghi più diversi e spesso con attori non professionisti (i testi si intitolano “Bocca viziosa”, “La faccia è erotica”, “Il tardo mafioso Impero”), all’inseguimento di un cortocircuito scena/vita. Già il logo della compagnia colpisce l’attenzione: un cuore trafitto da una svastica, che vuole alludere alla pesantezza dei legami familiari, delle tradizioni vissute come gabbia. Le sue attività si inscrivono, quindi, in uno dei periodi più complessi della storia della città siciliana, quando una sequenza di delitti efferati ne sconvolge la quotidianità e Gennaro non è mai venuto meno al suo impegno, fondando nel 1986 il Comitato Cittadino di Informazione e Partecipazione e legandosi al gruppo che gestiva il centro sociale San Saverio, dedicandosi quindi a numerosi progetti sociali fino alla morte per Aids nel 1995.

La sua drammaturgia si alimenta di una poetica del frammento, del remix, con brani che spesso vengono montati in modo diverso rispetto alla loro prima stesura.

Luca Scarlini ✍

#lucenews #lucelanazione #ninogennaro #queer
  • -6 a Sanremo 2023!

Questo Festival ha però un sapore dolceamaro per l
  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

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  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

#lucenews #lucelanazione #mariekondo

S’intitola semplicemente Porpora la pellicola 'on the road' che racconta e ripercorre le vicende umane, la formazione politica e la militanza della transessuale che, più di ogni altra, dagli anni ’70 ad oggi, è stata protagonista delle battaglie per l’affermazione dei diritti: Porpora Marcasciano. L’abbiamo incontrata a Firenze, dove ha presentato il docufilm firmato da Roberto Cannavò, in occasione della proiezione al cinema La Compagnia, evento speciale del cartellone di LGBT+ History Month Italia, in collaborazione con il Florence Queer Festival e Associazione Ireos.

Porpora Marcasciano, ha mai immaginato che la sua vita, un giorno, potesse diventare un film? “Sicuramente non lo pensavo negli anni Settanta e negli anni Ottanta, cioè nell’evoluzione delle cose. Poi, man mano, ha preso forma e secondo me è arrivato quando era giusto che arrivasse. Non avrei mai immaginato che la mia vita diventasse un film, un documentario per ora, ma c’è in lavorazione dell’altro. La mia vita infatti, anzi le mie vite - perché sono tante quelle che ho trascorso e che continuo a vivere - avrebbero bisogno di più documentari. Non voglio essere auto celebrativa, ma ci sono state tante cose, tanti aspetti molto importanti”.

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Porpora Marcasciano, attivista e politica transessuale, protagonista del documentario "Porpora" di Roberto Cannavò

Cosa voleva dire essere trans negli anni ‘70 e a che punto siamo nella battaglia dei diritti? “Rispetto agli anni Settanta, gli anni in cui io ho cominciato a muovere i primi passi, tanto è cambiato. Tanto è stato fatto ma tanto c’è ancora da fare. Essere trans all’epoca non era facile, non era scontato e bisognava inventarsi il mondo. Noi ora siamo qui a Firenze, che è stata una città importante in questo percorso: proprio qui è nato il Mit (Movimento Italiano Transessuale) che oggi si chiama Movimento Identità Trans. A Firenze poi ha vissuto la Romanina, Romina Cecconi, che fu mandata al confino in un paese del sud perché considerata “persona moralmente e socialmente pericolosa”. Quindi tante cose sono successe anche in questa città. Se oggi però una possibile, probabile, visibilità è concessa - siamo infatti in televisione come un po’ dappertutto - è anche vero che alla forma manca ancora la sostanza. E per sostanza intendo i diritti”.

Che idea si è fatta del Ddl Zan? “Il Ddl Zan era una battaglia di civiltà che avrebbe messo l’Italia al pari degli altri Paesi dell’Europa, dei Paesi civili del mondo. Semplicemente perché avrebbe salvaguardato e tutelato le persone trans, ma anche gay, lesbiche e altre, dalla violenza fisica, psichica e aggiungo anche culturale. Quindi averlo bloccato è stato un fallimento non di chi l’ha proposto e l’ha presentato, ma credo dell’intero Paese”

Le capita di subire ancora discriminazioni e quali le pesano di più? “Le discriminazioni, per quanto riguarda me come in generale le persone trans, sono striscianti. Esistono e sarebbe assurdo dire il contrario. Ne sono vittima anche io, anche se occupo un ruolo, un posto – sono nel Consiglio Comunale di Bologna - che un po’ mi tutela da tutto questo. Ma te ne accorgi dallo sguardo della gente, dagli atteggiamenti, da quei ‘No’ che sono messaggi subliminali che ti vengono mandati. Poi ci sono molte persone trans che non solo sono escluse, ma anche aggredite fisicamente, e questo non va bene, non funziona e non può essere possibile”.

Una giovanissima Porpora Marcasciano, oggi 64enne (Lina Pallotta)

Dal suo punto di vista come vengono rappresentate le persone transessuali dalla Tv e dai media? “Diciamo che ultimamente se ne parla, anche perché stanno occupando un ruolo molto importante nella cinematografia mondiale, e questo le pone in una situazione di visibilità, di complessità e chiaramente di approfondimento. Tuttavia le persone trans continuano ad avere un’immagine stereotipata”.

Qual è la battaglia più importante, quella di cui va più fiera, della sua vita? “La battaglia più importante credo sia stata, ed è tuttora, quella della visibilità. Essere visibili era rischioso e pericoloso, anche se forse ora non lo è più. Sancire una presenza trans ha significato allargare gli spazi di conquista. La mia visibilità ora è all’interno di una istituzione, il Comune di Bologna, che ha riconosciuto nella mia figura la Presidenza della Commissione Pari Opportunità e credo che questo sia un grosso risultato”.

Icona delle battaglie trans da mezzo secolo, della sé più giovane dice: "Negli anni Settanta ero come tante persone che volevano cambiare il mondo, credevano nel cambiamento" (Lina Pallotta)

Pensa che una vera parità di genere, al di là delle categorie storiche, sia un traguardo raggiungibile oppure è da considerarsi mera utopia? “Tanto è stato fatto e tanto rimane ancora da fare, con la convinzione che non esiste un punto di arrivo, non c’è un obiettivo chiaro, netto. Viviamo in un mondo e in una società che fondamentalmente è maschilista e patriarcale. Per me, per noi, per diverse categorie, questo significa non solo conquistare dei diritti, ma tutelarli, mantenerli e difenderli soprattutto. Difesa che non è scontata”.

Ci racconta qualcosa della sua infanzia e del momento in cui ha preso coscienza della sua diversità? “Della mia infanzia i ricordi sono positivi. Quelli tragici cominciano nell’adolescenza, nel periodo in cui ci si confronta con il mondo e quando è cominciata in me la coscienza di essere ‘diverso’ dagli altri. Questa diversità all’epoca pesava, perché erano gli anni in cui non c’erano punti di rifermento, non esisteva neppure la parola ‘Transessuale’. Essere fuori dalla norma era rischioso, pericoloso, e più che altro frustrante, perché attorno a te sentivi una solitudine molto profonda”.

Ci può dire tre parole che andrebbero salvate o riscoperte, e altrettante che invece vorrebbe eliminare dal vocabolario? “Se dovessi abolire delle parole cancellerei sicuramente ‘violenza’, ‘guerra’ e ‘bruttura’. Salverei invece ‘bellezza’ di cui abbiamo tanto bisogno; ‘intelligenza’ che declino al plurale – intelligenze – accompagnata da tante domande, perché bisogna sempre chiederci cosa ci succede intorno. E ‘felicità’. Nel mio discorso di insediamento al Comune di Bologna ho parlato di un obiettivo: l’accesso alla felicità”.

Porpora-Marcasciano
Marcasciano è nata a San Bartolomeo in Galdo (BN) il 15 settembre 1957. Attivista scrittrice e politica italiana, è una figura di riferimento nelle battaglie per i diritti delle persone transessuali dagli anni Settanta

Provi a descrivere se stessa: com’era Porpora Marcasciano negli anni ‘70, com’è adesso e come si vede tra 10 anni? “Negli anni Settanta ero come tante persone che volevano cambiare il mondo, credevano nel cambiamento. Volevamo fare la rivoluzione ma non l’abbiamo fatta. Abbiamo fatto invece tante piccole rivoluzioni. Ora mi vedo molto felice perché immaginavo la mia maturità un po’ più problematica, invece continuo ad interessarmi, ad appassionarmi e questo mi tiene molto su. Tra dieci anni non riesco a vedermi, semplicemente perché il mondo è talmente in continua e veloce evoluzione, che non mi permette neppure di pensare a quello che accadrà domani. Per eventi indipendenti dalla mia volontà, riesco dunque a vedermi tra un’ora, tra un giorno, ma di più non riesco. Penso comunque che tutto diventerà più bello, perché l’evoluzione della vita e del mondo va in questa direzione: la bellezza”.

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