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Home » Spettacolo » Inclusione, Paola Severini e Daniele Cassioli: “Con noi la disabilità non va mai in vacanza”

Inclusione, Paola Severini e Daniele Cassioli: “Con noi la disabilità non va mai in vacanza”

L'atleta sulla cecità: "Bisogna riderci su e vivere con autoironia tutto quello che accade". La giornalista si scaglia contro Fedez e soprattutto contro le 'buffonate' di Sanremo

Edoardo Martini
26 Febbraio 2023
Paola Severini insieme a Daniele Cassioli con la scritta: "Perché non proviamo ad essere felici, così per dare l'esempio?"

Paola Severini insieme a Daniele Cassioli con la scritta: "Perché non proviamo ad essere felici, così per dare l'esempio?"

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Parlare di disabilità e di inclusione sociale in televisione e senza alcun tipo di paura. E’ questo quello che fanno, in maniera esemplare, la coppia composta dalla conduttrice televisiva e giornalista Paola Severini Melograni e il pluripremiato atleta paralimpico, Daniele Cassioli. In questo programma, chiamato “O Anche No”, viene affrontata la disabilità a 360 gradi, mettendo al centro della trasmissione le storie delle persone disabili. Storie che danno risalto ai giovani, alle loro aspettative, alla conquista di un lavoro, al sostegno delle famiglie, al sogno e alla realizzazione di un amore. E chi ce ne poteva parlare meglio se non i diretti interessati che hanno deciso di raccontarsi a Luce!.

La giornalista e conduttrice televisiva Paola Severini Melograni

Severini, lei è scrittrice, giornalista, produttrice televisiva, ma quanto è difficile parlare al giorno d’oggi d’inclusione?

“Non sarebbe difficile perché comunque ormai va di moda. Il problema è la competenza di chi lo fa perché tutti improvvisano. Ogni cosa pretende di avere un pochino di preparazione e al giorno d’oggi sono tutti opinionisti e soprattutto influencer che sono arrivati alla follia non essendo neanche qualificati. Da una parte c’è un grande movimento di opinione che ci aiuta a parlarne riuscendo a far passare i contenuti, ma dall’altra c’è tanta improvvisazione che genera un effetto boomerang. L’esempio lampante è quello del signor Fedez che tempo fa disse cose sulla disabilità. Io l’ho denunciato all’Agcom e sicuramente andrò alla polizia postale perché non mi risponde. Quando c’è grande potenza e grande seguito sui social bisogna stare attenti alle proprie affermazioni”.

Come è nata l’idea del programma “O Anche No”?

“Da una scommessa che ha fatto su di me Carlo Freccero, a cui sono molto grata perché ha rischiato veramente tanto. Quasi 4 anni fa, nel settembre 2019, non esisteva un format di questo genere e non esiste ancora neanche a livello internazionale. Noi abbiamo avuto come ospite Marlee Matlin e ci ha detto che in America non c’è un formato di questo tipo e questo ci riempie di orgoglio. E’ stato lavoro lungo, difficile e complesso ma i risultati ci consolano perché nonostante la crisi di Raidue noi abbiamo sempre tenuto una media del 3% che è una media altissima considerando gli orari impossibili. Credo che inizialmente fosse partito come un docureality mentre adesso è una via di mezzo tra un talk, uno show e qualcosa che dà soprattutto un servizio perché con questa trasmissione riusciamo a cambiare delle situazioni territoriali e ad aiutare veramente la gente. Riceviamo centinaia di mail e in questi tre anni e mezzo abbiamo avuto tantissime associazioni e persone singole, abbiamo lanciato delle realtà e poi c’è il fatto che comunque c’è sempre una parte divertente insieme alla parte di riflessione dove nessuno si piange addosso”.

Il grande rapporto di amicizia con una missione in comune: raccontare la disabilità a 360 gradi

Com’è lavorare con un pluricampione come Daniele Cassioli?

“E’ speciale non solo dal punto di visto fisico. E’ speciale dentro, è un uomo che sa vedere oltre. E’ come quello che è scritto nel Piccolo Principe: l’essenziale è invisibile agli occhi e Daniele ne è la prova provata. Attraverso le orecchie di Daniele, attraverso il cuore di Daniele, non solo lui vede oltre ma fa vedere oltre pure a noi e questo spazio che è una finestra all’Interno di ‘O Anche No’ è stato quasi uno spazio miracoloso. 5/6 minuti con grandi personaggi dove si prova a vedere oltre. Abbiamo fatto dei piccoli grandi miracoli come quello del 3 dicembre con il ‘Diritto alla Bellezza’ a Palazzo Labbia, che non viene mai valorizzato dalla Rai, e me ne vergogno tanto di questo come quello che è accaduto a Sanremo. L’ho trovato una porcheria assoluta. Io ho portato Ezio Bosso a Sanremo e posso dire che è un’altra cosa? Il mio primo Sanremo l’ho fatto con Modugno e stiamo parlando di un’altra storia, non stiamo scherzando. Non scherziamo, non mi dite queste buffonate sul fatto che uno si spogli. E’ questo il modo di parlare di integrazione, di inclusione, di battaglie sociale? Ci sono mille modi per cambiare l’ottica, ma non questo. Non si deve mai offendere la dignità e la suscettibilità di chi parla”.

Quali sono i prossimi obiettivi?

“Abbiamo i primi d’aprile la giornata internazionale della consapevolezza delle persone con spettro autistico che in Italia sono più di 600mila a cui dobbiamo una risposta e un racconto e non le solite narrazioni perché la Rai questo lo ha sempre fatto, i supereroi li ha sempre raccontati. A noi ci interessano le persone normali cioè l’handicappato normale, il genitore normale a cui noi dobbiamo dare delle risposte. Poi il 21 marzo abbiamo la giornata della sindrome di Down e poi c’è la preparazione dell’estate. Sono due anni che non ci interrompiamo mai perché la disabilità non va in vacanza e questo è possibile soprattutto grazie al nostro pubblico che è meraviglioso, che ci segue, che ci sostiene, che crede in noi”.

L’atleta durante il commento di Roma-Empoli

Daniele Cassioli

Adesso il turno del campione paralimpico Daniele Cassioli che oltre a toccare il tema dello sport ha deciso di dispensare consigli sulla cecità e sul modo di affrontarla.

Cassioli si sente onorato di aver partecipato al programma “O Anche No”?

“Sono fiero di potervi partecipare, ma posso aggiungere che ho un lavoro fisso nel programma vivendolo quindi ogni giorno. Per me è un’emozione. E’ un’emozione in assoluto perché comunque raccontare la disabilità è sempre complicato e sfidante e poi sono ancora più felice del fatto che sono parte di questa squadra e devo molto a Paola e al programma per l’opportunità che mi stanno dando: di crescere e di portare un po’ del mio modo di affrontare la disabilità”.

Dopo aver commentato gli Atp Finals di tennis, che effetto fa commentare una partita di calcio?

“E’ soddisfazione ma più che personale è far rendere conto che attraverso questa cosa dovremmo far riflettere chi vive nel mondo della disabilità visiva che veramente i limiti sono limiti che ci poniamo noi perché un bambino sufficientemente allenato, che ha vissuto tanti momenti di quel tipo, è in grado poi di descriverli, di rendersi conto di cosa succeda e di viverli. E questo non vale solo per lo sport, questa è una piccola dimostrazione che testimonia quanto questi ragazzi devano vivere esperienze, andare a mangiare il gelato con gli amici, andare al parco sull’altalena, fare educazione fisica con i compagni. Se non gli facciamo vivere tutte queste esperienze gli stiamo tarpando le ali”.

Lei non hai mai mollato riuscendo a realizzare diversi sogni. Che consiglio si sente di dare alle persone nate cieche?

“I consigli sono facile da dare. Io posso dire quello che ho fatto io. Intanto riderci su, vivere con ironia, con autoironia tutto quello che accade, accogliere l’altro prima di pretendere perché spesso vale il modo di dire: ‘sai io vedo, tu non vedi allora io posso chiederti e tu devi fare’. Invece, molte volte, gli altri prima di dare hanno bisogno di conoscere, hanno bisogno di essere valorizzati. E in generale al mondo della disabilità visiva, della cecità, quello di aprirsi di più a esperienze come questa, a situazioni interessanti in generale. Il mondo della cecità purtroppo è un mondo che porta a chiudersi non vedendoti intorno pensi di essere un po’ tu il centro del mondo invece è un qualcosa composto da un sacco di realtà che ci passano intorno e noi non le vediamo è vero, ma in qualche modo possiamo diventare interessanti e giocarci poi le nostre carte”.

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Parlare di disabilità e di inclusione sociale in televisione e senza alcun tipo di paura. E' questo quello che fanno, in maniera esemplare, la coppia composta dalla conduttrice televisiva e giornalista Paola Severini Melograni e il pluripremiato atleta paralimpico, Daniele Cassioli. In questo programma, chiamato "O Anche No", viene affrontata la disabilità a 360 gradi, mettendo al centro della trasmissione le storie delle persone disabili. Storie che danno risalto ai giovani, alle loro aspettative, alla conquista di un lavoro, al sostegno delle famiglie, al sogno e alla realizzazione di un amore. E chi ce ne poteva parlare meglio se non i diretti interessati che hanno deciso di raccontarsi a Luce!.
La giornalista e conduttrice televisiva Paola Severini Melograni

Severini, lei è scrittrice, giornalista, produttrice televisiva, ma quanto è difficile parlare al giorno d’oggi d’inclusione?

"Non sarebbe difficile perché comunque ormai va di moda. Il problema è la competenza di chi lo fa perché tutti improvvisano. Ogni cosa pretende di avere un pochino di preparazione e al giorno d'oggi sono tutti opinionisti e soprattutto influencer che sono arrivati alla follia non essendo neanche qualificati. Da una parte c'è un grande movimento di opinione che ci aiuta a parlarne riuscendo a far passare i contenuti, ma dall'altra c'è tanta improvvisazione che genera un effetto boomerang. L'esempio lampante è quello del signor Fedez che tempo fa disse cose sulla disabilità. Io l'ho denunciato all'Agcom e sicuramente andrò alla polizia postale perché non mi risponde. Quando c'è grande potenza e grande seguito sui social bisogna stare attenti alle proprie affermazioni".

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"Da una scommessa che ha fatto su di me Carlo Freccero, a cui sono molto grata perché ha rischiato veramente tanto. Quasi 4 anni fa, nel settembre 2019, non esisteva un format di questo genere e non esiste ancora neanche a livello internazionale. Noi abbiamo avuto come ospite Marlee Matlin e ci ha detto che in America non c’è un formato di questo tipo e questo ci riempie di orgoglio. E’ stato lavoro lungo, difficile e complesso ma i risultati ci consolano perché nonostante la crisi di Raidue noi abbiamo sempre tenuto una media del 3% che è una media altissima considerando gli orari impossibili. Credo che inizialmente fosse partito come un docureality mentre adesso è una via di mezzo tra un talk, uno show e qualcosa che dà soprattutto un servizio perché con questa trasmissione riusciamo a cambiare delle situazioni territoriali e ad aiutare veramente la gente. Riceviamo centinaia di mail e in questi tre anni e mezzo abbiamo avuto tantissime associazioni e persone singole, abbiamo lanciato delle realtà e poi c’è il fatto che comunque c’è sempre una parte divertente insieme alla parte di riflessione dove nessuno si piange addosso".

Il grande rapporto di amicizia con una missione in comune: raccontare la disabilità a 360 gradi

Com’è lavorare con un pluricampione come Daniele Cassioli?

"E’ speciale non solo dal punto di visto fisico. E' speciale dentro, è un uomo che sa vedere oltre. E’ come quello che è scritto nel Piccolo Principe: l’essenziale è invisibile agli occhi e Daniele ne è la prova provata. Attraverso le orecchie di Daniele, attraverso il cuore di Daniele, non solo lui vede oltre ma fa vedere oltre pure a noi e questo spazio che è una finestra all’Interno di 'O Anche No' è stato quasi uno spazio miracoloso. 5/6 minuti con grandi personaggi dove si prova a vedere oltre. Abbiamo fatto dei piccoli grandi miracoli come quello del 3 dicembre con il 'Diritto alla Bellezza' a Palazzo Labbia, che non viene mai valorizzato dalla Rai, e me ne vergogno tanto di questo come quello che è accaduto a Sanremo. L’ho trovato una porcheria assoluta. Io ho portato Ezio Bosso a Sanremo e posso dire che è un’altra cosa? Il mio primo Sanremo l’ho fatto con Modugno e stiamo parlando di un’altra storia, non stiamo scherzando. Non scherziamo, non mi dite queste buffonate sul fatto che uno si spogli. E’ questo il modo di parlare di integrazione, di inclusione, di battaglie sociale? Ci sono mille modi per cambiare l’ottica, ma non questo. Non si deve mai offendere la dignità e la suscettibilità di chi parla".

Quali sono i prossimi obiettivi?

"Abbiamo i primi d’aprile la giornata internazionale della consapevolezza delle persone con spettro autistico che in Italia sono più di 600mila a cui dobbiamo una risposta e un racconto e non le solite narrazioni perché la Rai questo lo ha sempre fatto, i supereroi li ha sempre raccontati. A noi ci interessano le persone normali cioè l’handicappato normale, il genitore normale a cui noi dobbiamo dare delle risposte. Poi il 21 marzo abbiamo la giornata della sindrome di Down e poi c’è la preparazione dell’estate. Sono due anni che non ci interrompiamo mai perché la disabilità non va in vacanza e questo è possibile soprattutto grazie al nostro pubblico che è meraviglioso, che ci segue, che ci sostiene, che crede in noi".

L'atleta durante il commento di Roma-Empoli

Daniele Cassioli

Adesso il turno del campione paralimpico Daniele Cassioli che oltre a toccare il tema dello sport ha deciso di dispensare consigli sulla cecità e sul modo di affrontarla. Cassioli si sente onorato di aver partecipato al programma "O Anche No"? "Sono fiero di potervi partecipare, ma posso aggiungere che ho un lavoro fisso nel programma vivendolo quindi ogni giorno. Per me è un'emozione. E' un'emozione in assoluto perché comunque raccontare la disabilità è sempre complicato e sfidante e poi sono ancora più felice del fatto che sono parte di questa squadra e devo molto a Paola e al programma per l'opportunità che mi stanno dando: di crescere e di portare un po' del mio modo di affrontare la disabilità". Dopo aver commentato gli Atp Finals di tennis, che effetto fa commentare una partita di calcio? "E' soddisfazione ma più che personale è far rendere conto che attraverso questa cosa dovremmo far riflettere chi vive nel mondo della disabilità visiva che veramente i limiti sono limiti che ci poniamo noi perché un bambino sufficientemente allenato, che ha vissuto tanti momenti di quel tipo, è in grado poi di descriverli, di rendersi conto di cosa succeda e di viverli. E questo non vale solo per lo sport, questa è una piccola dimostrazione che testimonia quanto questi ragazzi devano vivere esperienze, andare a mangiare il gelato con gli amici, andare al parco sull'altalena, fare educazione fisica con i compagni. Se non gli facciamo vivere tutte queste esperienze gli stiamo tarpando le ali". Lei non hai mai mollato riuscendo a realizzare diversi sogni. Che consiglio si sente di dare alle persone nate cieche? "I consigli sono facile da dare. Io posso dire quello che ho fatto io. Intanto riderci su, vivere con ironia, con autoironia tutto quello che accade, accogliere l'altro prima di pretendere perché spesso vale il modo di dire: 'sai io vedo, tu non vedi allora io posso chiederti e tu devi fare'. Invece, molte volte, gli altri prima di dare hanno bisogno di conoscere, hanno bisogno di essere valorizzati. E in generale al mondo della disabilità visiva, della cecità, quello di aprirsi di più a esperienze come questa, a situazioni interessanti in generale. Il mondo della cecità purtroppo è un mondo che porta a chiudersi non vedendoti intorno pensi di essere un po' tu il centro del mondo invece è un qualcosa composto da un sacco di realtà che ci passano intorno e noi non le vediamo è vero, ma in qualche modo possiamo diventare interessanti e giocarci poi le nostre carte".

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