Marilyn e lo scandalo della bellezza. Marylin, la principessa senza gioia che diceva: “Ridi quando sei triste, perché piangere è troppo facile”. Lei, la donna dei sogni che aveva smesso di credere alle favole. A lei, alla dive delle dive è dedicato ‘Blonde‘, il film basato sul romanzo omonimo del 2000 di Joyce Carol Oates, che vede per protagonista l’attrice cubana naturalizzata spagnola Ana de Armas nelle vesti della Monroe. Non c’è pace per Marilyn, neppure da morta. Ed ecco che continua a far discutere, a fare scandalo, a segnare la storia, anche oggi. Questo biopic infatti, per i contenuti sessuali espliciti che propone, in cui compaiono anche scene di stupro, è la prima produzione di Netflix in assoluto che, dopo essere stata classificata come ‘hard core’, viene vietata ai minori di 17 anni.
La versione vietata della storia
Sarà alla Mostra del Cinema di Venezia, ma per il resto andrà nei ‘cinema senza sala’, quelli di casa. Da parte sua il regista Andrew Dominik non è rimasto sorpreso dal bollino rosso affibbiato alla sua pellicola e ammette: “È un film duro, se al pubblico non piace è un problema suo. Non sono in corsa per una carica pubblica. È per chi vuole andare a vedere la versione vietata della storia di Marilyn Monroe. È quello che si dovrebbe desiderare, o no?”. Il biopic porta lo spettatore nei drammi interiori di una donna che cercava disperatamente l’amore senza trovarlo mai. Che cercava il successo ed è stata divorata da quella Hollywood “dove ti pagano mille dollari per un bacio – diceva – e cinquanta centesimi per la tua anima”. Che tutti continuano a rappresentare come la femme fatale tutta esteriorità, simbolo della sensualità in un’America ancora lontana dalla rivoluzione sessuale. In realtà la diva delle dive era anche molto altro: leggeva in solitudine Dostoevskij, veniva da un’infanzia infelice e davanti ai flash dei fotografi giocava a mascherare col sorriso chissà quante cicatrici mai rimarginate.
La fine solitaria
Marilyn, la più desiderata al mondo, proprio lei che dopo aver fatto impazzire gli uomini confidando di andare a dormire con “solo due gocce di Chanel n°5”, quella sera, l’ultima della sua breve vita, morì sola, con nessuno al suo fianco. Non come un vaso di cristallo, che quando si rompe fa subito mostra dei suoi mille pezzi. Piuttosto come capita al legno, che si lascia trafiggere senza versare una lacrima, che si spacca lentamente e, finché può, con tutte le sue forze nasconde, resiste e soffre, ma non confessa. Nella notte tra il 4 e 5 agosto di 60 anni fa, la bella Marilyn smise di nascondere il suo dolore e diceva addio a tutto e a tutti, a soli 36 anni. Il mondo ne fu così sconvolto che, nei giorni a seguire, si registrò un’impennata di suicidi.
Le dediche
Per ricordare la sua esistenza fragile, come una fiammella sbattuta dal vento, Elton John anni dopo le dedicò la famosa ‘Candle in the Wind‘, canzone poi adattata per celebrare la scomparsa di un’altra principessa triste, Lady Diana. Pier Paolo Pasolini prese carta e penna e le dedicò invece una delle sue poesie più belle. “Io non so dove vanno le persone quando muoiono – recita una frase del Piccolo Principe – ma so dove restano”. Il suo mito di certo resta e rivive al cinema, nei film, nelle scene cult, nei vestiti, nelle fotografie dell’epoca. Una su tutte, la celebre ‘Happy Birthday, Mr. President‘ che cantò per festeggiare il presidente Kennedy. Chissà se oggi, davanti a una festosa torta di compleanno, la bella Marilyn esprimerebbe gli stessi desideri di una vita fa, oppure li disconoscerebbe. Nessuno può saperlo. Di certo, su quelle candeline, ci soffierebbe ancora. Fosse solo perché il vento, comunque sia, porta sempre da qualche parte.