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Home » Spettacolo » The Whale, il professore gay ed obeso Brendan Fraser incanta la Mostra di Venezia

The Whale, il professore gay ed obeso Brendan Fraser incanta la Mostra di Venezia

La pellicola è un inno alle diversità. L'attore: "Charlie è il personaggio più eroico che ho mai interpretato. Ha un superpotere: vede il bene degli altri e lo fa emerge in lui"

Edoardo Martini
6 Settembre 2022
Brendan Fraser

Brendan Fraser

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Da atletico protagonista della ‘Mummia’ (era Rick O’Connell) a professore di inglese gravemente obeso. E’ questa la trasformazione di Brendan Fraser che anche con 100 kg in più ha incantato il red carpet del Festival del Cinema di Venezia, dove ha presentato The Whale di Darren Aronofsky.

Il film racconta la storia di un gay sovrappeso che tenta di riallacciare i rapporti con la figlia abbandonata dieci anni prima per vivere il suo amore libero. The Whale, sceneggiato e basato sull’opera teatrale di Samuel D.Hunter e diretto da Darren Aronofsky in concorso a Venezia racconta dell’intreccio settimanale di persone che entrano nella vita di Charlie e nel suo microscopico appartamento dal quale non esce mai e dove invece entrano le donne della sua vita: l’amica infermiera, sorella del suo grande amore morto ormai diversi anni fa Liz, la figlia Ellie, la ex moglie Samantha Morton e Thomas, un giovane missionario apparentemente ingenuo che vorrebbe aiutarlo.

“Sono tempi duri ora sul pianeta terra e a questo punto della mia vita voglio fare solo due cose portare attenzione e amore nei confronti della madre terra e ricordarci come cittadini di mostrare la nostra umanità. Quello che amo della scrittura di Sam è che i suoi personaggi sono reali: non supereroi, non sempre buoni non sempre cattivi ma fatti di sfumature. La sua scrittura ci ricorda della nostra umanità e della necessità di connetterci con gli altri”, dice il regista omaggiando l’omonima opera teatrale del 2012 scritta da Samuel D. Hunter.

Brendan Fraser in un fermo immagine del film ‘The Whale’

Il film come inno alla diversità e al perdono

La pellicola è un inno alla diversità ed è proprio per questo che Aronofsky ha cercato un attore che riuscisse ad interpretasse Charlie alla perfezione: “La grande sfida di questo progetto era il casting: mi piaceva il materiale ma avevo parlato con ogni tipo di attore, con ogni star del pianeta e non ero riuscito a trovare un attore adatto a essere Charlie. Poi non so neanche perché stavo vedendo il trailer di un piccolo film brasiliano dove Brendan Fraser aveva piccolo ruolo e lì ho avuto un’illuminazione: non avevo visto tanti film suoi ma ricordo che tutti parlavano della sua performance. Ho deciso di chiedergli se voleva farlo, ci siamo incontrati e lì è iniziata l’emozione”. Scelta che ha ripagato completamente Aronofsky vista l’incredibile standing ovation.

L’attore nonostante la lontananza dagli schermi per diversi anni non ha saputo trattenere l’emozione: “Charlie ha l’abilità di tirare fuori il meglio delle persone è come una sorta di superpotere. Lui è il suo peggior nemico, cerca un riscatto rispetto alle sue scelte di vita nella possibilità di mettersi in contatto con sua figlia nel poco tempo che ha. Ho provato una grande empatia per Charlie e per la sua storia. Perché questo tipo di storie spesso non vengono raccontate ma vissute in bilocale dell’Idaho a porte chiuse”.

Il protagonista ha voluto anche rendere omaggio al lavoro fatto con l’organizzazione no profit: “È così triste quanto trascuriamo le persone che sono tutte uniche e straordinarie. Abbiamo fatto un grande lavoro con Obesity Action Coalition (organizzazione no profit che lavora sui temi dell’obesità e sulla sensibilizzazione, ndr) che mi ha aiutato ad avere la sensibilità per portare questa storia sullo schermo”.

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"Ve lo risparmio ragazzi, non è proprio il mio forte" ha risposto l
  • Aumentano, purtroppo, gli episodi di bullismo e cyberbullismo. 

I minori vittime di prepotenze nella vita reale, o che le abbiano subite qualche volta sono il 54%, contro il 44% del 2020. Un incremento significativo, di ben 10 punti, che deve spingerci a riflettere. 

Per quanto riguarda il cyber bullismo, il 31% dei minori ne è stato vittima almeno una volta, contro il 23% del 2020. Il fenomeno sembra interessare più i ragazzi delle ragazze sia nella vita reale (il 57% dei maschi è stato vittima di prepotenze, contro il 50% delle femmine) sia in quella virtuale (32% contro 29%). Nel 42% si tratta di offese verbali, ma sono frequenti anche violenze fisiche (26%) e psicologiche (26%).

Il 52% è pienamente consapevole dei reati che commette se intraprende un’azione di bullismo usando internet o lo smartphone, il 14% lo è abbastanza, ma questo non sembra un deterrente. Un 26%, invece, dichiara di non saperne nulla della gravità del reato. Intervistati, con risposte multiple, sui motivi che spingono ad avere comportamenti di prepotenza o di bullismo nei confronti degli altri, il 54% indica il body shaming. 

Mentre tra i motivi che spingono i bulli ad agire in questo modo, il 50% afferma che così dimostra di essere più forte degli altri, il 47% si diverte a mettere in ridicolo gli altri, per il 37% il bullo si comporta in questo modo perché gli piace che gli altri lo temano.

Ma come si comportano se assistono a episodi di bullismo? Alla domanda su come si comportano i compagni quando assistono a queste situazioni, solo il 34% risponde “aiutano la vittima”, un dato che nel 2020 era il 44%. 

Un calo drastico, che forse potrebbe essere spiegato con una minore empatia sociale dovuta al distanziamento sociale e al lockdown, che ha impedito ai minori di intessere relazioni profonde. Migliora, invece, la percentuale degli insegnanti che, rendendosi conto di quanto accaduto, intervengono prontamente (46% contro il 40% del 2020). Un 7%, però, dichiara che i docenti, sebbene si rendano conto di quanto succede, non fanno nulla per fermare le prepotenze.

I giovanissimi sono sempre più iperconessi, ma sono ancora in grado di legarsi?

#lucenews #giornatacontroilbullismo
  • “Non sono giorni facilissimi, il dolore va e viene: è molto difficile non pensare a qualcosa che ti fa male”. Camihawke, al secolo Camilla Boniardi, una delle influencer più amate del web si mette ancora una volta a nudo raccontando le sue insicurezze e fragilità. In un post su Instagram parla della tricodinia. 

“Se fosse tutto ok, per questa tricodinia rimarrebbe solo lo stress come unica causa e allora dovrò modificare qualcosa nella mia vita. Forse il mio corpo mi sta parlando e devo dargli ascolto."

La tricodinia è una sensazione dolorosa al cuoio capelluto, accompagnata da un bruciore o prurito profondo che, in termini medici, si chiama disestesia. Può essere transitoria o diventare cronica, a volte perfino un gesto quotidiano come pettinarsi o toccarsi i capelli può diventare molto doloroso. Molte persone – due pazienti su tre sono donne – lamentano formicolii avvertiti alla radice, tra i follicoli e il cuoio capelluto. Tra le complicazioni, la tricodinia può portare al diradamento e perfino alla caduta dei capelli. 

#lucenews #lucelanazione #camihawke #tricodinia
  • Dai record alle prime volte all’attualità, la 65esima edizione dei Grammy Awards non delude quanto a sorprese. 

Domenica 5 febbraio, in una serata sfavillante a Los Angeles, la cerimonia dell’Oscare della musica della Recording Academy ha fatto entusiasmare sia per i big presenti sia per i riconoscimenti assegnati. 

Intanto ad essere simbolicamente premiate sono state le donne e i manifestanti contro la dittatura della Repubblica Islamica: “Baraye“, l’inno delle proteste in Iran, ha vinto infatti il primo Grammy per la canzone che ispira cambiamenti sociali nel mondo. Ad annunciarlo dal palco è stata nientemeno che  la first lady americana Jill Biden.

L’autore, il 25enne Shervin Hajipour, era praticamente sconosciuto quando è stato eliminato dalla versione iraniana di American Idol, ma la sua canzone è diventata un simbolo delle proteste degli ultimi mesi in Iran evocando sentimenti di dolore, rabbia, speranza e desiderio di cambiamento. Hajipour vive nel Paese in rivolta ed è stato arrestato dopo che proprio questo brano, a settembre, è diventata virale generando oltre 40 milioni di click sul web in 48 ore.

#lucenews #grammyawards2023 #shervinhajipour #iran
Da atletico protagonista della 'Mummia' (era Rick O'Connell) a professore di inglese gravemente obeso. E' questa la trasformazione di Brendan Fraser che anche con 100 kg in più ha incantato il red carpet del Festival del Cinema di Venezia, dove ha presentato The Whale di Darren Aronofsky.

Il film racconta la storia di un gay sovrappeso che tenta di riallacciare i rapporti con la figlia abbandonata dieci anni prima per vivere il suo amore libero. The Whale, sceneggiato e basato sull'opera teatrale di Samuel D.Hunter e diretto da Darren Aronofsky in concorso a Venezia racconta dell'intreccio settimanale di persone che entrano nella vita di Charlie e nel suo microscopico appartamento dal quale non esce mai e dove invece entrano le donne della sua vita: l'amica infermiera, sorella del suo grande amore morto ormai diversi anni fa Liz, la figlia Ellie, la ex moglie Samantha Morton e Thomas, un giovane missionario apparentemente ingenuo che vorrebbe aiutarlo. "Sono tempi duri ora sul pianeta terra e a questo punto della mia vita voglio fare solo due cose portare attenzione e amore nei confronti della madre terra e ricordarci come cittadini di mostrare la nostra umanità. Quello che amo della scrittura di Sam è che i suoi personaggi sono reali: non supereroi, non sempre buoni non sempre cattivi ma fatti di sfumature. La sua scrittura ci ricorda della nostra umanità e della necessità di connetterci con gli altri", dice il regista omaggiando l'omonima opera teatrale del 2012 scritta da Samuel D. Hunter.
Brendan Fraser in un fermo immagine del film 'The Whale'

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La pellicola è un inno alla diversità ed è proprio per questo che Aronofsky ha cercato un attore che riuscisse ad interpretasse Charlie alla perfezione: "La grande sfida di questo progetto era il casting: mi piaceva il materiale ma avevo parlato con ogni tipo di attore, con ogni star del pianeta e non ero riuscito a trovare un attore adatto a essere Charlie. Poi non so neanche perché stavo vedendo il trailer di un piccolo film brasiliano dove Brendan Fraser aveva piccolo ruolo e lì ho avuto un'illuminazione: non avevo visto tanti film suoi ma ricordo che tutti parlavano della sua performance. Ho deciso di chiedergli se voleva farlo, ci siamo incontrati e lì è iniziata l'emozione". Scelta che ha ripagato completamente Aronofsky vista l'incredibile standing ovation. L'attore nonostante la lontananza dagli schermi per diversi anni non ha saputo trattenere l'emozione: "Charlie ha l'abilità di tirare fuori il meglio delle persone è come una sorta di superpotere. Lui è il suo peggior nemico, cerca un riscatto rispetto alle sue scelte di vita nella possibilità di mettersi in contatto con sua figlia nel poco tempo che ha. Ho provato una grande empatia per Charlie e per la sua storia. Perché questo tipo di storie spesso non vengono raccontate ma vissute in bilocale dell'Idaho a porte chiuse". Il protagonista ha voluto anche rendere omaggio al lavoro fatto con l'organizzazione no profit: "È così triste quanto trascuriamo le persone che sono tutte uniche e straordinarie. Abbiamo fatto un grande lavoro con Obesity Action Coalition (organizzazione no profit che lavora sui temi dell'obesità e sulla sensibilizzazione, ndr) che mi ha aiutato ad avere la sensibilità per portare questa storia sullo schermo".
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