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Home » Spettacolo » Vincenzo De Caro: “Pregiudizi e ignoranza? Li ho sperimentati sulla mia pelle. La diversità ha tante sfaccettature”

Vincenzo De Caro: “Pregiudizi e ignoranza? Li ho sperimentati sulla mia pelle. La diversità ha tante sfaccettature”

Al Lumière di Firenze l'attore riscrive, con Claudio Spaggiari, il dramma di Annibale Ruccello, che diventa "Jennifer e Zoe". E racconta il travaglio del suo passato: "Pur sapendo che ero omosessuale mia madre continuava a chiedermi quando mi sarei sposato"

Ludovica Criscitiello
26 Marzo 2022
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Due transgender che sul palco del teatro Lumière di Firenze si raccontano, tra riflessioni, risate e ricordi, cercando di trovare un senso alla vita e alla loro diversità. Jennifer e Zoe è il nome dello spettacolo che vede protagonisti, insieme e per tutto il tempo, gli attori Vincenzo De Caro e Claudio Spaggiari e che sarà in scena il 9 e 10 aprile alle 20.45. Prodotto dall’associazione culturale “FuoriScena”, l’omaggio è all’opera teatrale ideata da Annibale Ruccello, Le 5 rose di Jennifer, rappresentato per la prima volta nel 1980. In Jennifer e Zoe c’è qualche differenza, però, perché siamo di fronte a due figure più invecchiate e mature, rispetto al testo originale completamente riscritto da Spaggiari. “Quando Annibale scrisse Le 5 rose di Jennifer vivevamo insieme in una casa insieme ad altri amici – ricorda Vincenzo De Caro – e non si aspettava il successo che ha avuto”.

Vincenzo De Caro e Claudio Spaggiari portano in scena, al Lumière di Firenze, Jennifer e Zoe, un omaggio all’opera di Annibale Ruccello, Le 5 rose di Jennifer

Cosa è cambiato con questa riscrittura?
“La storia originale ha come protagonista una transgender ventenne. Io ho 66 anni, Claudio 67, non volevamo rendere ridicoli i personaggi e quindi abbiamo pensato di attualizzarlo in tutti i sensi. Poi Jennifer non sarà la sola ma la affiancherà Zoe, cosa che invece nello spettacolo di Ruccello c’è ma è un personaggio minore e si chiama Anna. Qui invece saremo sempre e solo noi due sul palco”.

Vincenzo De Caro

Jennifer e Zoe ripercorrono un po’ le tappe della loro vita, parlano di sogni e speranze, ma anche della difficoltà di essere sé stesse in questa società…
“Il nostro è un omaggio a Ruccello ma anche un testo di denuncia sull’ignoranza che c’è oggi nei confronti della diversità a 360 gradi. Ignoranza che causa tanto dolore, ad esempio, nei confronti di chi nasce in un corpo sbagliato, che non riflette la sua natura, e deve affrontare tutto questo. Ma la diversità ha tante sfaccettature. Penso a mia nipote autistica, che comunica attraverso la tastiera di un computer, e ricordo di quando lei chiese alla madre di aiutarla in qualche modo a uscire dal suo corpo per potersi esprimere meglio”.

Lei ha sperimentato l’ignoranza degli altri sulla sua pelle?
“Certo, ricordo per esempio che mia madre pur sapendo che ero omosessuale, continuava a chiedermi quando mi sarei sposato”.

Cosa le piace del personaggio di Jennifer?
“Il suo essere complicata. Mi ha colpito anche il fatto che, come lei, noi tutti aspettiamo il famoso principe azzurro, a prescindere se siamo in coppia o no. Aspettiamo quella persona che ci definisca in qualche modo, come Jennifer che aspetta Franco per tutto il tempo. E poi il fatto che la storia si dipani all’interno di un’abitazione mi ha ricordato il lockdown e la mia tendenza a preferire, ultimamente, vivermi più casa mia che uscire”.

Vincenzo de Caro nei panni di Jennifer

Oggi bisogna cercare un compromesso tra ciò che si è e quello che vorrebbe la società?
“Personalmente non ho mai accettato compromessi. È sbagliato sottomettersi a qualcosa e dimenticare chi si è realmente. Chi lo ha fatto, e ricordo tante transessuali a Firenze, poi ha finito con il suicidarsi. Fortunatamente sto notando, nonostante l’aumento di casi di violenza e bullismo, una certa apertura nelle giovani generazioni”.

Prossimi progetti?
“L’idea è quella di fare almeno uno spettacolo all’anno dedicato ai temi della diversità. Quello che ho notato è che a Firenze manca da tanto tempo un’identità dal punto di vista teatrale e anche una certa apertura mentale su tanti temi”.

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  • Passa anche da un semplice tasto la possibilità per una donna, vittima di stalking, di salvarsi da chi vuole farle del male. Il tasto di uno smartwatch che, una volta premuto, lancia un’immediata richiesta di aiuto alle forze di polizia. E grazie a questo orologio, Marta (il nome è di fantasia) potrà ora vedere la sua vita cambiata in meglio. La donna aveva smesso di vivere, a causa della relazione asfissiante e malata con il suo ex marito violento che aveva promesso di sfregiarla con l’acido e poi ucciderla e seppelire il suo corpo in un terreno. Ma venerdì scorso a Marta è stato consegnato il primo di 45 smartwatch che saranno distribuiti ad altrettante vittime. L’orologio è collegato con la centrale operativa del comando provinciale dei carabinieri di Napoli: appena arriva l’Sos, la vittima viene geolocalizzata e arrivano i soccorsi.

E così Marta ha ripreso la sua vita interrotta per paura dell’ex e delle sue minacce. «Posso uscire più serena e tranquilla dopo mesi e mesi trascorsi rintanata in casa. Grazie a questo orologio mi sento protetta. È vero, devo rinunciare alla mia privacy, ma è un prezzo che sono disposta a pagare.»

Lo scorso 30 novembre i carabinieri del Comando provinciale di Napoli, la sezione fasce deboli della Procura partenopea coordinata dal procuratore aggiunto Raffaello Falcone, la Fondazione Vodafone Italia e la Soroptimist international club Napoli hanno annunciato l’avvio del progetto pilota "Mobile Angel", che prevede, appunto, la consegna di questo orologio salvavita alle vittime di maltrattamenti. Il progetto è stato esteso anche alle città di Milano e Torino. Lo smartwatch affidato a Marta è il primo nel Sud Italia. Il mobile angel, spiegano i Carabinieri, rientra in un progetto ad ampio respiro che ha come punto focale le vittime di violenza. Un contesto di tutela all’interno del quale è stata istituita anche la "stanza tutta per sé", un ambiente dove chi ha subìto vessazioni può sentirsi a suo agio nel raccontare il proprio vissuto. 

#lucenews #lucelanazione #mobileangel #napoli
  • Se nei giorni scorsi l’assessore al Welfare del Comune di Napoli, papà single di Alba, bambina affetta da Sindrome di Down, aveva ri-scritto pubblicamente alla premier Giorgia Meloni per avere un confronto sull’idea di famiglia e sul tema delle adozioni, stavolta commenta quanto sta accadendo in Italia in relazione ai diritti dei figli delle famiglie arcobaleno. 

Ricordiamo, infatti, che lo scorso 12 marzo il Governo ha ordinato, in merito ad una richiesta pervenuta al Comune di Milano di una coppia dello stesso sesso, lo stop a procedere alla registrazione del loro figlio appena nato e impedendo, di fatto, la creazione di una famiglia omogenitoriale. Il veto della destra compatta boccia il certificato europeo di filiazione che propone agli Stati membri di garantire ai genitori residenti in Unione Europea il diritto ad essere riconosciuti come madri e padri dei propri figli nello stesso modo in tutti i Paesi Ue.

“In tutta Europa i figli di coppie gay avranno il riconoscimento degli stessi diritti degli altri bambini. In Italia il Senato, trascinato da Fratelli d’Italia, fortemente contrario, ha appena bocciato la proposta – dice Trapanese in un lungo post sulla sua pagina Instagram -. Quindi, i figli delle coppie omosessuali non sono, per il nostro Paese, figli come gli altri. Questo hanno deciso e detto chiaramente”. Così facendo, “resteranno bambini privi di tutele complete, i cui genitori dovranno affrontare battaglie giudiziarie, sfiniti da tempi lunghissimi, solo perché il loro bimbo venga considerato semplicemente un figlio”. 

Trapanese attacca chiaramente questa decisione: “L’Italia è l’unico paese europeo con un governo che lavora per togliere diritti invece che per aggiungerli. Se la prende con bambini che esistono e vivono la loro quotidianità serenamente in famiglie piene d’amore, desiderati sopra ogni cosa, ma considerati in Italia figli di un dio minore”. Per Trapanese “stiamo continuando a parlare di ciò che dovrebbe essere semplicemente attuato. I diritti non si discutono, si riconoscono e basta. Ma come fate a non rendervene conto?”.

#lucenews #diritti #coppieomogenitoriali
  • Il nuovo progetto presentato dal governatore Viktor Laiskodat a Kupang, in Indonesia, prevede l’entrata degli alunni a scuola alle 5.30 del mattino. Secondo l’alto funzionario il provvedimento servirebbe per rafforzare la disciplina dei bambini.

Solitamente nelle scuole del Paese le lezioni iniziavano tra le 7 e le 8 del mattino: anticipando l’orario d’ingresso i bambini sono apparsi esausti quando tornano a casa. La madre di una 16enne, infatti, è molto preoccupata da questa nuova iniziativa: “È estremamente difficile, ora devono uscire di casa mentre è ancora buio pesto. Non posso accettarlo. La loro sicurezza non è garantita quando è ancora notte. Inoltre mia figlia, ogni volta che arriva a casa, è esausta e si addormenta immediatamente.”

Sulla vicenda è intervenuto anche Marsel Robot, esperto di istruzione dell’Università di Nusa Cendana, che ha spiegato come a lungo termine la privazione del sonno potrebbe mettere in pericolo la salute degli studenti e causare un cambiamento nei loro comportamenti: “Non c’è alcuna correlazione con lo sforzo per migliorare la qualità dell’istruzione. Gli studenti dormiranno solo per poche ore e questo è un grave rischio per la loro salute. Inoltre, questo causerà loro stress e sfogheranno la loro tensione in attività magari incontrollabili”. Anche il Ministero per l’emancipazione delle donne e la Commissione indonesiana per la protezione dei minori hanno espresso richieste di revisione della politica. Il cambiamento delle regole di Kupang è stato anche contestato dai legislatori locali, che hanno chiesto al governo di annullare quella che hanno definito una politica infondata.

Tuttavia il governo centrale ha mantenuto il suo esperimento rincarando la dose ed estendendolo anche all’agenzia di istruzione locale, dove anche i dipendenti pubblici ora inizieranno la loro giornata alle 5.30 del mattino.

#lucenews #lucelanazione #indonesia #scuola
  • Quante ore dormi? È difficile addormentarsi? Ti svegli al minimo rumore o al mattino rimandi tutte le sveglie per dormire un po’ di più? Soffri d’insonnia?

Sono circa 13,4 milioni gli italiani che soffrono di insonnia, secondo le ultime rilevazioni di Aims - l
Due transgender che sul palco del teatro Lumière di Firenze si raccontano, tra riflessioni, risate e ricordi, cercando di trovare un senso alla vita e alla loro diversità. Jennifer e Zoe è il nome dello spettacolo che vede protagonisti, insieme e per tutto il tempo, gli attori Vincenzo De Caro e Claudio Spaggiari e che sarà in scena il 9 e 10 aprile alle 20.45. Prodotto dall’associazione culturale “FuoriScena”, l’omaggio è all’opera teatrale ideata da Annibale Ruccello, Le 5 rose di Jennifer, rappresentato per la prima volta nel 1980. In Jennifer e Zoe c’è qualche differenza, però, perché siamo di fronte a due figure più invecchiate e mature, rispetto al testo originale completamente riscritto da Spaggiari. "Quando Annibale scrisse Le 5 rose di Jennifer vivevamo insieme in una casa insieme ad altri amici – ricorda Vincenzo De Caro – e non si aspettava il successo che ha avuto".
Vincenzo De Caro e Claudio Spaggiari portano in scena, al Lumière di Firenze, Jennifer e Zoe, un omaggio all'opera di Annibale Ruccello, Le 5 rose di Jennifer
Cosa è cambiato con questa riscrittura? "La storia originale ha come protagonista una transgender ventenne. Io ho 66 anni, Claudio 67, non volevamo rendere ridicoli i personaggi e quindi abbiamo pensato di attualizzarlo in tutti i sensi. Poi Jennifer non sarà la sola ma la affiancherà Zoe, cosa che invece nello spettacolo di Ruccello c’è ma è un personaggio minore e si chiama Anna. Qui invece saremo sempre e solo noi due sul palco".
Vincenzo De Caro
Jennifer e Zoe ripercorrono un po’ le tappe della loro vita, parlano di sogni e speranze, ma anche della difficoltà di essere sé stesse in questa società… "Il nostro è un omaggio a Ruccello ma anche un testo di denuncia sull’ignoranza che c’è oggi nei confronti della diversità a 360 gradi. Ignoranza che causa tanto dolore, ad esempio, nei confronti di chi nasce in un corpo sbagliato, che non riflette la sua natura, e deve affrontare tutto questo. Ma la diversità ha tante sfaccettature. Penso a mia nipote autistica, che comunica attraverso la tastiera di un computer, e ricordo di quando lei chiese alla madre di aiutarla in qualche modo a uscire dal suo corpo per potersi esprimere meglio". Lei ha sperimentato l’ignoranza degli altri sulla sua pelle? "Certo, ricordo per esempio che mia madre pur sapendo che ero omosessuale, continuava a chiedermi quando mi sarei sposato". Cosa le piace del personaggio di Jennifer? "Il suo essere complicata. Mi ha colpito anche il fatto che, come lei, noi tutti aspettiamo il famoso principe azzurro, a prescindere se siamo in coppia o no. Aspettiamo quella persona che ci definisca in qualche modo, come Jennifer che aspetta Franco per tutto il tempo. E poi il fatto che la storia si dipani all’interno di un’abitazione mi ha ricordato il lockdown e la mia tendenza a preferire, ultimamente, vivermi più casa mia che uscire".
Vincenzo de Caro nei panni di Jennifer
Oggi bisogna cercare un compromesso tra ciò che si è e quello che vorrebbe la società? "Personalmente non ho mai accettato compromessi. È sbagliato sottomettersi a qualcosa e dimenticare chi si è realmente. Chi lo ha fatto, e ricordo tante transessuali a Firenze, poi ha finito con il suicidarsi. Fortunatamente sto notando, nonostante l’aumento di casi di violenza e bullismo, una certa apertura nelle giovani generazioni". Prossimi progetti? "L’idea è quella di fare almeno uno spettacolo all’anno dedicato ai temi della diversità. Quello che ho notato è che a Firenze manca da tanto tempo un’identità dal punto di vista teatrale e anche una certa apertura mentale su tanti temi".
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