Su Netflix, da qualche giorno è arrivata una serie potente e delicata, semplice e meravigliosa. Di sicuro, utile, a ogni età. Prodotta da Picomedia, con la regia di Francesco Bruni e liberamente ispirata all’omonimo romanzo vincitore del premio Strega Giovani nel 2020 di Daniele Mencarelli, Tutto chiede salvezza racconta la storia di Daniele (Federico Cesari) e Nina (Fotinì Peluso), due ragazzi costretti in regime di TSO per una settimana nel reparto di neuropsichiatria di un ospedale vista mare. Un sfida contro se stessi e contro il mondo: ritrovarsi e capire che i vuoti personali si assomigliano un po’ tutti e che nella diversità si può trovare un’infinita e rara bellezza. Sette puntate, una per ogni giorno di permanenza di Daniele in reparto. Un racconto da guardare tutto d’un fiato.
La storia di un ragazzo come tanti, carico delle aspettative di una famiglia semplice ma determinata a far diventare qualcuno proprio lui, il più piccolo, perché solo lui dei tre figli aveva dimostrato di potercela fare, di avere “potenziale”. Una dote pesante per Daniele che, schiacciato tra le aspettative e la paura di non farcela, ha sempre fatto i conti con paure più o meno manifeste, fughe da scuola per correre in braccio alla mamma e psicoterapeuti. Un macigno che, qualche anno dopo, in bilico tra alcol e droghe, è esploso in violenza contro i genitori. Da qua il TSO. La storia di Nina è diversa nelle dinamiche ma simile nelle premesse. Padre assente, madre assetata di successo per una figlia che, evidentemente, vorrebbe a sua immagine e somiglianza. L’unica via d’uscita da un tunnel fatto di serie TV, red carpet e finzioni le è sembrato il suicidio. Il suo ricovero è cominciato così.
Tutto attorno, le storie dei cinque compagni di stanza di Daniele: Mario, maestro “a riposo”, ricoverato per aver aggredito moglie e figlia qualche decennio prima; “Madonnina”, di cui nessuno conosce il vero nome e che passa le giornate invocando, appunto, la Vergine Maria; Giorgio, un Hulk dal cuore buono, segnato dalla perdita della madre; Alessandro, affetto da una patologia neurologica che lo ha reso un vegetale; Gianluca, omosessuale e, per questo, costretto al trattamento da una famiglia bigotta e incapace di accettare la diversità. E poi gli infermieri, i medici, i familiari e tanto amore, più o meno sano: una grande nave dei pazzi in cui il confine tra normalità e follia diventa davvero labile. Di tutto, una sola certezza: tutti chiedono salvezza, chi sta fuori e chi sta dentro.
Chi si prende cura e chi è curato. Chi resta a casa e chi ne sente la nostalgia. Chi cerca rifugio e chi ne rifugge. L’unica via di scampo sembrano essere i legami, gli affetti. Che, se ben vissuti, salvano. “Tutto chiede salvezza” fa ridere e piangere, fa riflettere e alleggerisce, fa stare male e bene allo stesso momento. Un capolavoro della serialità all’italiana che mette al centro le malattie mentali e le racconta con una straordinaria e leggera abilità narrativa. Uno schiaffo in faccia a chi marginalizza, a chi non comprende l’importanza di ascoltare e non, per forza, aggiustare. Una carezza per tutti gli altri. Un prodotto che merita di essere visto e analizzato e che può avere l’ambizione di fare scuola.