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Venezia 79, vince la battaglia della fotografa Nan Goldin contro il commercio degli oppioidi

Il Leone d'Oro va al documentario "All the Beauty and the Bloodshed" di Laura Poitras. Il regista italiano Luca Guadagnino d'Argento con il suo cannibalismo

di BARBARA BERTI -
11 settembre 2022
'All the Beauty and the Bloodshed' di Laura Poitras, unico documentario in concorso, vince il Leone d'Oro della Mostra di Venezia 2022

'All the Beauty and the Bloodshed' di Laura Poitras, unico documentario in concorso, vince il Leone d'Oro della Mostra di Venezia 2022

A Venezia si celebra la fotografa e attivista americana di fama internazionale, Nan Goldin. Il Leone d'Oro della 79esima edizione della Mostra del cinema di Venezia è stato assegnato a “All the Beauty and the Bloodshed” di Laura Poitras, unico documentario sui 23 titoli in corsa. Il film, dedicato a Nan Goldin, attraverso diapositive, dialoghi intimi, fotografie rivoluzionarie e rari filmati, racconta la sua battaglia per ottenere il riconoscimento della responsabilità della famiglia Sackler per le morti di overdose da farmaco. Goldin ha condotto una dura campagna contro la Purdue Pharma, l’azienda farmaceutica di proprietà dei Sackler, produttori dell’antidolorifico Oxycontin, responsabile della crisi di oppiodi che ha sconvolto gli Stati Uniti e ucciso almeno 500.000 persone. Nel mentre, la famiglia ha riciclato la propria immagine pubblica vendendosi come mecenati d’arte tanto che ai Sackler sono state intitolate fino a sette sale del Metropolitan Museum di New York e altre nel Museo del Louvre di Parigi.
A Venezia 79 Laura Poitras vince il Leone d'Oro per “All the Beauty and the Bloodshed” (Instagram)

A Venezia 79 Laura Poitras vince il Leone d'Oro per “All the Beauty and the Bloodshed” (Instagram)

In “All the Beauty and the Bloodshed” Goldin ripercorre le proprie vicissitudini familiari e professionali e il tortuoso viaggio che l’ha condotta alla dipendenza da questi antidolorifici oppioidi. Nel corso di quasi due anni, Poitras ha visitato la Goldin nella sua casa di Brooklyn, per una serie di interviste audio che, insieme alle diapositive e alle fotografie della stessa Goldin, costituiscono l’ossatura del film. Dopo essere sopravvissuta a un’overdose di fentanil quasi fatale, nel 2017 Goldin ha fondato il gruppo di difesa Pain (Prescription Addiction Intervention Now) per fare pressione su musei e altre istituzioni artistiche affinché interrompano le collaborazioni con la famiglia Sackler, che da tempo sostiene finanziariamente le arti. “Il mio più grande orgoglio è quello di aver messo in ginocchio una famiglia di miliardari in un mondo in cui i miliardari possono contare su una giustizia diversa da quella di persone come noi e la loro impunità è totale negli Stati Uniti. E, per ora, ne abbiamo abbattuto uno” ha dichiarato la fotografa a Venezia.
La fotografa Nan Goldin (Instagram)

La fotografa Nan Goldin (Instagram)

Nata a Washington il 12 settembre 1953, Goldin è considerata tra le più prestigiose fotografe contemporanee. E’ nota per la sua fervida aderenza a importanti cause e tematiche, tra cui sessualità e dipendenza. Il suo lavoro più celebre “The Ballad of Sexual Dependency” del 1985, una sorta di slide show composto da circa 700 immagini scattate tra il 1979 e il 1985, nelle quali Goldin ha ripreso le sue esperienze personali e amorose all'interno della comunità queer in cui ha vissuto nel quartiere di Bowery a New York in quegli anni, la sottocultura gay e dell’eroina, trasformando l'istantanea familiare intima in un genere artistico e in un’arte fotografica. È attivista di “Act Up” (Aids Coalition to Unleash Power), l’organizzazione internazionale ad azione diretta, impegnata a richiamare l'attenzione sulle vite dei malati di Aids e sulla relativa e possibile pandemia, per condurre a legislazioni, ricerche e trattamenti medici che portino alla fine della malattia, mitigando la perdita vite e salute umane. La fotografa nel 1989 ha organizzato la prima grande mostra sull’Aids a New York e ha fatto parte del gruppo Visual Aids, promotore della giornata mondiale sull’Aids del primo dicembre. Dal 1995 il lavoro di Goldin si è allargato ad altri temi e collaborazioni: progetti di libri con il fotografo giapponese Nobuyoshi Araki, skyline di New York, paesaggi, foto del suo compagno Siobhan, bambini, famiglie biologiche, genitorialità, di cui si trova ampia traccia nel libro “The Devil's Playground”, pubblicato nel 2003, una collezione di fotografie che percorrono 35 anni della sua carriera.

Gli altri premi della 79esima Mostra del Cinema di Venezia

A Luca Guadagnino il Leone d'Argento a Venezia 79 (Instagram)

A Luca Guadagnino il Leone d'Argento a Venezia 79 (Instagram)

Il Leone D’Argento, Premio per la migliore regia, è stato vinto da Luca Guadagnino per il film “Bones and All”. Cannibalismo e personaggi che vivono ai margini sono al centro del suo primo film ambientato tutto nel ventre d'America con protagonisti Lee (Timothée Chalamet) e Maren (Taylor Russell, che a Venezia 79 ha vinto il premio Mastroianni come attrice emergente), due persone che attraverso l'amore trovano il modo di crescere. “Saint Omer” della regista francese di origine senegalese Alice Diop, già vincitrice del Premio César come miglior cortometraggio per “Vers la tendresse”, si è aggiudicata due premi importanti: il Leone del futuro per l'opera prima ma anche il Leone d'Argento Gran Premio della giuria. Diop mette in scena una storia vera che ha sconvolto la Francia nel 2016: al Tribunale di Saint-Omer la giovane scrittrice Rama assiste al processo a Laurence Coly, una donna accusata di aver ucciso la figlia di quindici mesi, abbandonata all'arrivo dell'alta marea su una spiaggia nel nord della Francia. Ma mentre il processo va avanti, le parole dell'accusata e le deposizioni dei testimoni sconvolgeranno le certezze di Rama, e metteranno in discussione anche la nostra capacità di giudizio.
La regista francese di origine senegalese Alice Diop (Instagram)

La regista francese di origine senegalese Alice Diop (Instagram)

Il Premio Speciale della Giuria di Venezia 79 - presieduta da Julianne Moore - è stato vinto da “Gli orsi non esistono” di Jafar Panahi, il cineasta detenuto, che ci va giù duro con l'Iran, raccontando da una parte la voglia di fuga di chi ci vive e, dall'altra, quella di restare e combattere proprio come ha fatto e fa lui.
A Venezia 79, l'attrice Cate Blanchett vince la Coppa Volpi grazie a “Tár”

A Venezia 79, l'attrice Cate Blanchett vince la Coppa Volpi grazie a “Tár”

A Cate Blanchett è andata la Coppa Volpi grazie a “Tár” di Todd Field che racconta il percorso di Lydia Tár una rinomata direttrice d'orchestra e compositrice nel mondo internazionale della musica classica, prima donna a ottenere la conduzione della Berlin Orchestra, e omosessuale: verrà accusata di molestie. In campo maschile, la Coppa Volpi è andata a Colin Farrell per “Gli spiriti dell’isola” di Martin McDonagh, mentre il Premio Orizzonti per la Miglior attrice lo ha conquistato Vera Gemma nel film “Vera” di Tizza Covi e Rainer Frimmel che in un mix di finzione e realtà, interroga sulla bellezza ma anche sul peso di esser figli di un personaggio famoso (lei è la figlia di giuliano Gemma, ndr).