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Home » Spettacolo » I May Destroy You, il delicato tema sul consenso sessuale al centro della serie tv di Michaela Coel

I May Destroy You, il delicato tema sul consenso sessuale al centro della serie tv di Michaela Coel

L'attrice e sceneggiatrice parla di volenza sessuale da un punto di vista inedito e mette la lente di ingrandimento sui millennial neri

Barbara Berti
10 Settembre 2022
Michaela Coel è un'attrice, sceneggiatrice e cantante britannica (Instagram)

Michaela Coel è un'attrice, sceneggiatrice e cantante britannica (Instagram)

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Il delicato tema del consenso sessuale al centro della nuova serie tv “I May Destroy You – Trauma e rinascita” in arrivo su Sky (e in streaming su Now) dal 20 settembre.

Creata, scritta, co-diretta e prodotta da Michaela Coel (34 anni), che per la sua interpretazione (la serie è andata in onda sulla Bbc nel 2020) ha vinto il British Academy Television Award come migliore attrice, la miniserie affronta in modo schietto, intelligente e provocatorio un argomento che per molto aspetti è ancora un tabù: il consenso sessuale. Ma cosa è il consenso? Il consenso lo ritroviamo tutti i giorni nella nostra quotidianità: ci viene richiesto su un sito Internet per trattare i nostri dati, quando andiamo in ospedale per un’operazione oppure per la foto di classe dell’annuario. Il consenso, quindi, è un permesso che va dato in maniera libera e riguarda tutto ciò che ci appartiene: dati, immagini, il nostro spazio personale e anche il corpo. E arriviamo al consenso sessuale, ovvero l’insieme di regole invisibili e personali che vanno stabilite affinché la relazione con l’altro sia protetta e da questa, in qualsiasi modo accada, possiamo trarre piacere. Non è facile, però, stabilire queste regole visto che ancora oggi preconcetti e automatismi culturali fanno sì che il tema sia considerato inavvicinabile. Ma il consenso è un diritto universale di chiunque, senza distinzioni di genere. Può manifestarsi nel dire di no oppure nel dire di sì, può essere dato, può essere tolto perché ognuno ha il diritto di cambiare idea. Può essere dato quando non si vorrebbe darlo, perché si è obbligati dalla situazione in cui ci si trova o si è alterati dalle droghe o dall’alcol. Può essere silenzioso e mostrarsi con un cenno. Ma può accadere che il consenso venga violato perché momenti di intimità si è molto fragili e facilmente vulnerabili.

Michaela Coel (34 anni), attrice, sceneggiatrice e cantante britannica (Instagram)
Michaela Coel (34 anni), attrice, sceneggiatrice e cantante britannica (Instagram)

La trama di “I May Destroy You – Trauma e rinascita”

Insomma, un argomento ‘difficile’ e complicato’ che, però, “I May Destroy You – Trauma e rinascita” cerca di spiegare parlando direttamente ai più giovani. L’icona millennial Arabella (l’attrice Michaela Coel) è una londinese spensierata e sicura di sé con una fiorente carriera di scrittrice, un aspirante fidanzato che la corteggia dall’Italia e un grande e spassoso gruppo di amici. In particolare è affiancata dall’amica Terry, aspirante attrice (interpretata da Weruche Opia) e dall’amico Kwame, istruttore di fitness (che ha il volto di Paapa Essiedu). Celebrata come la “voce della sua generazione”, Arabella dopo l’uscita del suo primo romanzo, merita il suo successo e ha in cantiere un secondo volume. Per staccare dal lavoro organizza una serata di divertimento tra amici, ma la mattina dopo i ricordi di quelle ore sono… sfumati. La ragazza si ritrova con un taglio in fronte e lo schermo del telefono infranto. Scopre, così, di essere stata drogata e inizia un viaggio, a tratti doloroso e a tratti esilarante, alla scoperta di ciò che le è successo, arrivando a luoghi sorprendenti e conclusioni controverse.

Michaela Coel è la protagonista di "I May Destroy You – Trauma e rinascita” (Instagram)
Michaela Coel è la protagonista di “I May Destroy You – Trauma e rinascita” (Instagram)

La violenza sessuale e gli stereotipi culturali

La serie non solo riflette la triste realtà per cui chiunque può essere vittima di violenza sessuale, ma spinge ad analizzare come gli stereotipi culturali e d’identità agiscano da limiti, per fornire a determinati individui compassione, supporto e cura adeguati. Inoltre la storia dà una rappresentazione onesta dei molti modi in cui il trauma post violenza può presentarsi. Il disagio della protagonista, per esempio, dovuto all’incapacità della polizia nel trovare l’aggressore, la spinge ad amplificare la sua voce sui social media. A sostenere le vittime di violenze perché incapace di impegnarsi in modo adeguato con il proprio trauma.

Una scena di "I May Destroy You – Trauma e rinascita” (Instagram)
Una scena di “I May Destroy You – Trauma e rinascita” (Instagram)

Oltre al racconto schietto della violenza, “I May Destroy You – Trauma e rinascita” mette la lente di ingrandimento sui millennial neri. Arabella, Terry e Kwame sono scritti e presentati come individui ricchi di sfumature, capaci di causare danni quanto di risollevare chi li circonda. Il ritratto dei tre ragazzi mostra tre identità definite in parte dai loro lati oscuri e dallo spettro della loro sessualità. Ogni personaggio riflette aspetti della popolazione nera che i bianchi tendono a non considerare. L’acuto spirito di Michaela Coel consente di articolare le realtà della dinamica di potere tra le donne nere e la supremazia bianca. Il giustificabile risentimento di Arabella nell’essere definita “afro-caraibica” da un operatore sanitario, e la sua insistenza nel sottolineare che questa ignoranza alimenta la differenza di trattamento, sembrano voler gridare al mondo la rabbia e l’angoscia per alcune delle micro aggressioni che le donne nere affrontano ogni giorno.

In arrivo su Sky la serie "I May Destroy You"
In arrivo su Sky la serie “I May Destroy You”

Dove seguire “I May Destroy You – Trauma e rinascita”

“I May Destroy You – Trauma e rinascita” va in onda su onda su Sky Atlantic nelle serate del 20 e del 27 settembre con 6 episodi a serata ed è disponibile in streaming su Now e on demand. Nel cast della serie – prodotta da Simon Maloney e Simon Meyers in co-produzione con BBC – troviamo anche Aml Ameen, Harriet Webb, Marouane Zotti, Stephen Wight, Sarah Niles, Karan Gill, Adam James, Natalie Walter, Tobi King Bakare, Michelle Greenidge, Lewis Reeves e Chin Nyenwe.

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 Intervista a cura di Andrea Spinelli ✍

#lucenews #qn #ariete #sanremo2023
  • Più luce, meno stelle. Un paradosso, se ci pensate. Più illuminiamo le nostre città, più lampioni, fari, led, laser puntiamo sulla terra, meno stelle e porzioni di cielo vediamo. 

Accade perché, quasi senza accorgercene, di anno in anno, cancelliamo dalla nostra vista qualche decina di quei 4.500 puntini luminosi che in condizioni ottimali dovremmo riuscire a vedere la notte, considerato che il cielo risulta popolato da circa 9.000 stelle, di cui ciascuno di noi può osservare solo la metà per volta, ovvero quelle del proprio emisfero. 

In realtà, già oggi, proprio per colpa dell’inquinamento luminoso, ne vediamo solo poche centinaia. E tutto lascia pensare che questa cifra si ridurrà ulteriormente, con un ritmo molto rapido. Al punto tale che, in pochi anni, la costellazione di Orione, potrebbe perdere la sua caratteristica ‘cintura’.

Secondo quanto risulta da uno studio pubblicato su “Science”, basato sulle osservazioni di oltre 50mila citizen scientist, solo tra il 2011 e il 2022, ogni anno il cielo in tutto il Pianeta è diventato in media il 9,6% più luminoso, con una forchetta di valori che non supera il 10% ma non scende mai sotto il 7%. Più di quanto percepito finora dai satelliti preposti a monitorare la quantità di luce nel cielo notturno. Secondo le misurazioni effettuate da questi ultimi infatti, tra 1992 e 2017 il cielo notturno è diventato più luminoso di meno dell’1,6% annuo.

“In un periodo di 18 anni, questo tasso di cambiamento aumenterebbe la luminosità del cielo di oltre un fattore 4”, scrivono i ricercatori del Deutsches GeoForschungs Zentrum di Potsdam, in Germania, e del National Optical-Infrared Astronomy Research Laboratory di Tucson, negli Stati Uniti. Una località con 250 stelle visibili, quindi, vedrebbe ridursi il numero a 100 stelle visibili. 

Il pericolo più che fondato, a questo punto, è che di questo passo inizieranno a scomparire dalla nostra vista anche le costellazioni più luminose, comprese quelle che tuti sono in grado di individuare con estrema facilità.

L
  • Per la prima volta nella storia del calcio, un arbitro ha estratto il cartellino bianco. No, non si tratta di un errore: se il giallo e il rosso fanno ormai parte di tantissimi anni delle regole del gioco ed evidenziano un comportamento scorretto, quello bianco vuole invece "premiare", in maniera simbolica, un gesto di fair play. Il tutto è avvenuto in Portogallo, durante un match di coppa nazionale tra il Benfica e lo Sporting Lisbona femminile.

Benfica-Sporting Lisbona femminile, quarti di finale della Coppa del Portogallo. I padroni di casa si trovano in vantaggio per 3-0 e vinceranno la sfida con un netto 5-0, ma un episodio interrompe il gioco: un tifoso sugli spalti accusa un malore, tanto che gli staff medici delle due squadre corrono verso le tribune per soccorrerlo. Dopo qualche minuto di paura, non solo per le giocatrici in campo ma anche per gli oltre quindicimila spettatori presenti allo stadio, il supporter viene stabilizzato e il gioco può riprendere. Prima, però, la direttrice di gara Catarina Campos effettua un gesto che è destinato a rimanere nella storia del calcio: estrae il cartellino bianco nei confronti dei medici delle due squadre.

Il cartellino bianco non influenza in alcun modo il match, né il risultato o il referto arbitrale; chissà che, da oggi in poi, gli arbitri non cominceranno ad agire più spesso, per esaltare un certo tipo di condotta eticamente corretta portata avanti anche dai calciatori.

#lucenews #cartellinobianco #calcio #fairplay
  • Son tutte belle le mamme del mondo. Soprattutto… quando un bambino si stringono al cuor… I versi di un vecchio brano ricordano lo scatto che sta facendo il giro del web. Quella di una madre che allatta il proprio piccino sul posto di lavoro. In questo caso la protagonista è una supermodella –  Maggie Maurer – che ha postato uno degli scatti più teneri e glamour di sempre. La super top si è fatta immortalare mentre nutre al seno la figlia Nora-Jones nel backstage dello show couture di Schiaparelli, tenutosi a Parigi.

La top model americana 32enne, che della maison è già musa, tanto da aver ispirato una clutch – non proprio una pochette ma una borsa che si indossa a mano che riproduce il suo volto –  nell’iconico scatto ha ancora il viso coperto dal make-up dorato realizzato dalla truccatrice-star Path McGrath, ed è coperta solo sulle spalle da un asciugamano e un telo protettivo trasparente. 

L’immagine è forte, intensa, accentuata dalla vernice dorata che fa apparire mamma Maurer come una divinità dell’Olimpo, una creatura divina ma squisitamente terrena, colta nel gesto di nutrire il proprio piccolo.

Ed è un’immagine importante, perché contribuisce a scardinare lo stigma dell’allattamento al seno in pubblico, sul luogo di lavoro e in questo caso anche sui social, su cui esistono ancora molti tabù. L’intera gravidanza di Maggie Maurer è stata vissuta in chiave di empowerment, e decisamente glamour. Incinta di circa sei mesi, ha sfilato per Nensi Dojaka sfoggiando un capo completamente trasparente della collezione autunno inverno 2022, e con il pancione.

Nell’intimo post su Instagram, Maggie Maurer ha deciso quindi condividere con i propri follower la sua immagine che la ritrae sul luogo di lavoro con il volto dipinta d’oro, una parte del suo look, pocoprima di sfilare per la casa di moda italiana, Schiaparelli. In grembo, ha sua figlia, che sta allattando dietro le quinte della sfilata. Le parole scritte a finco della foto, la modella ha scritto “#BTS #mommy”, evidenziando il lavoro senza fine della maternità, nonostante i suoi successi.

di Letizia Cini ✍🏻

#lucenews #maggiemaurer #materintà #mommy
Il delicato tema del consenso sessuale al centro della nuova serie tv “I May Destroy You – Trauma e rinascita” in arrivo su Sky (e in streaming su Now) dal 20 settembre. Creata, scritta, co-diretta e prodotta da Michaela Coel (34 anni), che per la sua interpretazione (la serie è andata in onda sulla Bbc nel 2020) ha vinto il British Academy Television Award come migliore attrice, la miniserie affronta in modo schietto, intelligente e provocatorio un argomento che per molto aspetti è ancora un tabù: il consenso sessuale. Ma cosa è il consenso? Il consenso lo ritroviamo tutti i giorni nella nostra quotidianità: ci viene richiesto su un sito Internet per trattare i nostri dati, quando andiamo in ospedale per un’operazione oppure per la foto di classe dell’annuario. Il consenso, quindi, è un permesso che va dato in maniera libera e riguarda tutto ciò che ci appartiene: dati, immagini, il nostro spazio personale e anche il corpo. E arriviamo al consenso sessuale, ovvero l’insieme di regole invisibili e personali che vanno stabilite affinché la relazione con l’altro sia protetta e da questa, in qualsiasi modo accada, possiamo trarre piacere. Non è facile, però, stabilire queste regole visto che ancora oggi preconcetti e automatismi culturali fanno sì che il tema sia considerato inavvicinabile. Ma il consenso è un diritto universale di chiunque, senza distinzioni di genere. Può manifestarsi nel dire di no oppure nel dire di sì, può essere dato, può essere tolto perché ognuno ha il diritto di cambiare idea. Può essere dato quando non si vorrebbe darlo, perché si è obbligati dalla situazione in cui ci si trova o si è alterati dalle droghe o dall’alcol. Può essere silenzioso e mostrarsi con un cenno. Ma può accadere che il consenso venga violato perché momenti di intimità si è molto fragili e facilmente vulnerabili.
Michaela Coel (34 anni), attrice, sceneggiatrice e cantante britannica (Instagram)
Michaela Coel (34 anni), attrice, sceneggiatrice e cantante britannica (Instagram)

La trama di “I May Destroy You – Trauma e rinascita”

Insomma, un argomento ‘difficile’ e complicato’ che, però, “I May Destroy You – Trauma e rinascita” cerca di spiegare parlando direttamente ai più giovani. L’icona millennial Arabella (l’attrice Michaela Coel) è una londinese spensierata e sicura di sé con una fiorente carriera di scrittrice, un aspirante fidanzato che la corteggia dall’Italia e un grande e spassoso gruppo di amici. In particolare è affiancata dall’amica Terry, aspirante attrice (interpretata da Weruche Opia) e dall’amico Kwame, istruttore di fitness (che ha il volto di Paapa Essiedu). Celebrata come la “voce della sua generazione”, Arabella dopo l’uscita del suo primo romanzo, merita il suo successo e ha in cantiere un secondo volume. Per staccare dal lavoro organizza una serata di divertimento tra amici, ma la mattina dopo i ricordi di quelle ore sono… sfumati. La ragazza si ritrova con un taglio in fronte e lo schermo del telefono infranto. Scopre, così, di essere stata drogata e inizia un viaggio, a tratti doloroso e a tratti esilarante, alla scoperta di ciò che le è successo, arrivando a luoghi sorprendenti e conclusioni controverse.
Michaela Coel è la protagonista di "I May Destroy You – Trauma e rinascita” (Instagram)
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Una scena di "I May Destroy You – Trauma e rinascita” (Instagram)
Una scena di "I May Destroy You – Trauma e rinascita” (Instagram)
Oltre al racconto schietto della violenza, “I May Destroy You – Trauma e rinascita” mette la lente di ingrandimento sui millennial neri. Arabella, Terry e Kwame sono scritti e presentati come individui ricchi di sfumature, capaci di causare danni quanto di risollevare chi li circonda. Il ritratto dei tre ragazzi mostra tre identità definite in parte dai loro lati oscuri e dallo spettro della loro sessualità. Ogni personaggio riflette aspetti della popolazione nera che i bianchi tendono a non considerare. L’acuto spirito di Michaela Coel consente di articolare le realtà della dinamica di potere tra le donne nere e la supremazia bianca. Il giustificabile risentimento di Arabella nell’essere definita “afro-caraibica” da un operatore sanitario, e la sua insistenza nel sottolineare che questa ignoranza alimenta la differenza di trattamento, sembrano voler gridare al mondo la rabbia e l’angoscia per alcune delle micro aggressioni che le donne nere affrontano ogni giorno.
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