"Dov'è Peng Shuai?" Una domanda che gli appassionati di tennis e non solo si pongono ormai da mesi. Da quando a novembre la 36enne cinese, ex numero uno al mondo nel doppio, aveva
denunciato con un post su Weibo (censurato subito dopo) l'ex vicepremier cinese Zhang Gaoli di averla costretta a fare sesso con lui per un lungo periodo, ed era poi sparita. Così, in occasione di uno degli appuntamenti tennistici più importanti di questo inizio anno, gli
Australian Open, in corso in questi giorni, la vicenda di Peng Shuai è tornata alla ribalta, anche grazie a
due appassionati attivisti che quotidianamente si presentano sugli spalti del con delle
magliette e uno striscione con la scritta: “Where is Peng Shuai?”.
La tennista Peng Shuai dopo una gara nel gennaio del 2019 (AP Photo)
Le accuse ritrattate
Due settimane dopo la scomparsa infatti, Shuai era
riapparsa sorridente in alcune foto e video in quella che appare la sua stanza e al ristorante e aveva rassicurato sul suo stato di salute. Ma sia le immagini che le sue parole erano apparse a molti
'architettate e forzate'. Poi, riapparendo per la prima volta in un contesto ufficiale, durante un torneo di tennis a Shangai aveva
ritrattato completamente le sue precedenti accuse, dicendo di non aver "mai detto o scritto che qualcuno aveva abusato di lei sessualmente" e aggiungendo poi che il suo post iniziale era stato "frainteso".
Una foto di fine novembre mostra la tennista cinese Peng Shuai sorridente in quella che sembra essere la sua casa. L'immagine è stata pubblicata da un account Twitter vicino allo Stato (Ansa)
Da subito era parso a molti che la tennista non avesse parlato liberamente, ma
sotto costrizione, cosa che aveva voluto negare apertamente durante l'intervista e sostenendo invece di "essere sempre stata molto libera". Ad oggi, però, le notizie sulle sue reali condizioni sono scarse e questa assenza di informazioni certe sta destando preoccupazione. Fuori e dentro i campi di tennis.
"No ai messaggi politici". Le critiche
La prima reazione degli organizzatori, però, è stata quella di
requisire le t-shirt e il cartellone, perché avrebbero trasmesso
un messaggio "politico", pratica proibita è dal regolamento del torneo. Una decisione che ha generato non poco imbarazzo, viste le critiche che ne sono seguite da parte di alcuni politici locali ma soprattutto degli atleti e dei loro staff. La tennista ceca naturalizzata statunitense
Martina Navratilova, ad esempio, ha usato parole molto dure in diretta sulla tv australiana: "Ma quale politica? Stiamo parlando di
diritti umani, sono ridicoli". Anche
Peter Dutton, il ministro della Difesa australiano, si era schierato apertamente contro la scelta degli organizzatori, definendola “molto preoccupante”. Anche perché la stessa associazione mondiale delle tenniste, che ha più volte chiesto di poter parlare direttamente con la tennista, cosa che finora non è riuscita a fare, sta continuando a chiedere che venga avviata
un’indagine su quanto successo e intanto ha anche
bloccato tutti i tornei in Cina come ritorsione.
Di Peng Shuai, dopo essere riapparsa nella video intervista in cui ritrattava le accuse mosse contro Zhang Gaoli, non si hanno più notizie (Photo AFP)
Il dietrofront dell'organizzazione
Dall'organizzazione del torneo australiano, uno dei più importanti al mondo, è arrivato un
immediato dietrofront sulla decisione, anche in risposta alle accuse di censurare chi volesse avere notizie della tennista cinese. Martedì 25 gennaio la nota ufficiale: gli spettatori possono indossare t-shirt a sostegno di Peng Shuai, ma lo striscione resta vietato per "motivi di sicurezza". Alex Mok, uno dei due attivisti, ha dichiarato al sito australiano The Age di aver raccolto circa
7 mila dollari per stamparne altre da distribuire nel corso del torneo. Intanto Tennis Australian è corsa ai ripari anche con un comunicato: “
La sicurezza di Peng Shuai è la nostra principale preoccupazione. Continuiamo a lavorare con la WTA per cercare più chiarezza sulla sua situazione e faremo tutto il possibile per assicurare il suo benessere”, mentre il ceo
Craig Tile ha dichiarato che "Chi indossa le magliette su Peng Shuai è benvenuto a patto che non abbia intenzione di mettere in pericolo la sicurezza degli altri spettatori".