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Home » Sport » Australian Open, sugli spalti con le t-shirt “Dov’è Peng Shuai?” a sostegno della tennista cinese

Australian Open, sugli spalti con le t-shirt “Dov’è Peng Shuai?” a sostegno della tennista cinese

L'organizzazione del torneo ha prima sequestrato le magliette, indossate da due attivisti, e il cartellone con scritto "where is Peng Shuai?". Poi, travolti dalle critiche, hanno deciso di dare spazio alla campagna in sostegno della tennista cinese

Marianna Grazi
27 Gennaio 2022
Due tifosi durante una partita degli Australian Open, con delle t-shirt con la scritta "Where is Peng Shuai?" (ANSA/EPA/DAVE HUNT)

Due tifosi durante una partita degli Australian Open, con delle t-shirt con la scritta "Where is Peng Shuai?" (ANSA/EPA/DAVE HUNT)

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“Dov’è Peng Shuai?” Una domanda che gli appassionati di tennis e non solo si pongono ormai da mesi. Da quando a novembre la 36enne cinese, ex numero uno al mondo nel doppio, aveva denunciato con un post su Weibo (censurato subito dopo) l’ex vicepremier cinese Zhang Gaoli di averla costretta a fare sesso con lui per un lungo periodo, ed era poi sparita. Così, in occasione di uno degli appuntamenti tennistici più importanti di questo inizio anno, gli Australian Open, in corso in questi giorni, la vicenda di Peng Shuai è tornata alla ribalta, anche grazie a due appassionati attivisti che quotidianamente si presentano sugli spalti del con delle magliette e uno striscione con la scritta: “Where is Peng Shuai?”.

La tennista Peng Shuai dopo una gara nel gennaio del 2019 (AP Photo)

Le accuse ritrattate

Due settimane dopo la scomparsa infatti, Shuai era riapparsa sorridente in alcune foto e video in quella che appare la sua stanza e al ristorante e aveva rassicurato sul suo stato di salute. Ma sia le immagini che le sue parole erano apparse a molti ‘architettate e forzate’. Poi, riapparendo per la prima volta in un contesto ufficiale, durante un torneo di tennis a Shangai aveva ritrattato completamente le sue precedenti accuse, dicendo di non aver “mai detto o scritto che qualcuno aveva abusato di lei sessualmente” e aggiungendo poi che il suo post iniziale era stato “frainteso”.

Una foto di fine novembre mostra la tennista cinese Peng Shuai sorridente in quella che sembra essere la sua casa. L’immagine è stata pubblicata da un account Twitter vicino allo Stato (Ansa)

Da subito era parso a molti che la tennista non avesse parlato liberamente, ma sotto costrizione,  cosa che aveva voluto negare apertamente durante l’intervista e sostenendo invece di “essere sempre stata molto libera”. Ad oggi, però, le notizie sulle sue reali condizioni sono scarse e questa assenza di informazioni certe sta destando preoccupazione. Fuori e dentro i campi di tennis.

“No ai messaggi politici”. Le critiche

La prima reazione degli organizzatori, però, è stata quella di requisire le t-shirt e il cartellone, perché avrebbero trasmesso un messaggio “politico”, pratica proibita è dal regolamento del torneo. Una decisione che ha generato non poco imbarazzo, viste le critiche che ne sono seguite da parte di alcuni politici locali ma soprattutto degli atleti e dei loro staff. La tennista ceca naturalizzata statunitense Martina Navratilova, ad esempio, ha usato parole molto dure in diretta sulla tv australiana: “Ma quale politica? Stiamo parlando di diritti umani, sono ridicoli”. Anche Peter Dutton, il ministro della Difesa australiano, si era schierato apertamente contro la scelta degli organizzatori, definendola “molto preoccupante”. Anche perché la stessa associazione mondiale delle tenniste, che ha più volte chiesto di poter parlare direttamente con la tennista, cosa che finora non è riuscita a fare, sta continuando a chiedere che venga avviata un’indagine su quanto successo e intanto ha anche bloccato tutti i tornei in Cina come ritorsione.

Di Peng Shuai, dopo essere riapparsa nella video intervista in cui ritrattava le accuse mosse contro Zhang Gaoli, non si hanno più notizie (Photo AFP)

Il dietrofront dell’organizzazione

Dall’organizzazione del torneo australiano, uno dei più importanti al mondo, è arrivato un immediato dietrofront sulla decisione, anche in risposta alle accuse di censurare chi volesse avere notizie della tennista cinese. Martedì 25 gennaio la nota ufficiale: gli spettatori possono indossare t-shirt a sostegno di Peng Shuai, ma lo striscione resta vietato per “motivi di sicurezza”. Alex Mok, uno dei due attivisti, ha dichiarato al sito australiano The Age di aver raccolto circa 7 mila dollari per stamparne altre da distribuire nel corso del torneo. Intanto Tennis Australian è corsa ai ripari anche con un comunicato: “La sicurezza di Peng Shuai è la nostra principale preoccupazione. Continuiamo a lavorare con la WTA per cercare più chiarezza sulla sua situazione e faremo tutto il possibile per assicurare il suo benessere”, mentre il ceo Craig Tile ha dichiarato che “Chi indossa le magliette su Peng Shuai è benvenuto a patto che non abbia intenzione di mettere in pericolo la sicurezza degli altri spettatori”.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

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"Dov'è Peng Shuai?" Una domanda che gli appassionati di tennis e non solo si pongono ormai da mesi. Da quando a novembre la 36enne cinese, ex numero uno al mondo nel doppio, aveva denunciato con un post su Weibo (censurato subito dopo) l'ex vicepremier cinese Zhang Gaoli di averla costretta a fare sesso con lui per un lungo periodo, ed era poi sparita. Così, in occasione di uno degli appuntamenti tennistici più importanti di questo inizio anno, gli Australian Open, in corso in questi giorni, la vicenda di Peng Shuai è tornata alla ribalta, anche grazie a due appassionati attivisti che quotidianamente si presentano sugli spalti del con delle magliette e uno striscione con la scritta: “Where is Peng Shuai?”.
La tennista Peng Shuai dopo una gara nel gennaio del 2019 (AP Photo)

Le accuse ritrattate

Due settimane dopo la scomparsa infatti, Shuai era riapparsa sorridente in alcune foto e video in quella che appare la sua stanza e al ristorante e aveva rassicurato sul suo stato di salute. Ma sia le immagini che le sue parole erano apparse a molti 'architettate e forzate'. Poi, riapparendo per la prima volta in un contesto ufficiale, durante un torneo di tennis a Shangai aveva ritrattato completamente le sue precedenti accuse, dicendo di non aver "mai detto o scritto che qualcuno aveva abusato di lei sessualmente" e aggiungendo poi che il suo post iniziale era stato "frainteso".
Una foto di fine novembre mostra la tennista cinese Peng Shuai sorridente in quella che sembra essere la sua casa. L'immagine è stata pubblicata da un account Twitter vicino allo Stato (Ansa)

Da subito era parso a molti che la tennista non avesse parlato liberamente, ma sotto costrizione,  cosa che aveva voluto negare apertamente durante l'intervista e sostenendo invece di "essere sempre stata molto libera". Ad oggi, però, le notizie sulle sue reali condizioni sono scarse e questa assenza di informazioni certe sta destando preoccupazione. Fuori e dentro i campi di tennis.

"No ai messaggi politici". Le critiche

La prima reazione degli organizzatori, però, è stata quella di requisire le t-shirt e il cartellone, perché avrebbero trasmesso un messaggio "politico", pratica proibita è dal regolamento del torneo. Una decisione che ha generato non poco imbarazzo, viste le critiche che ne sono seguite da parte di alcuni politici locali ma soprattutto degli atleti e dei loro staff. La tennista ceca naturalizzata statunitense Martina Navratilova, ad esempio, ha usato parole molto dure in diretta sulla tv australiana: "Ma quale politica? Stiamo parlando di diritti umani, sono ridicoli". Anche Peter Dutton, il ministro della Difesa australiano, si era schierato apertamente contro la scelta degli organizzatori, definendola “molto preoccupante”. Anche perché la stessa associazione mondiale delle tenniste, che ha più volte chiesto di poter parlare direttamente con la tennista, cosa che finora non è riuscita a fare, sta continuando a chiedere che venga avviata un’indagine su quanto successo e intanto ha anche bloccato tutti i tornei in Cina come ritorsione.
Di Peng Shuai, dopo essere riapparsa nella video intervista in cui ritrattava le accuse mosse contro Zhang Gaoli, non si hanno più notizie (Photo AFP)

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