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Home » Sport » Borja Valero, dalla serie A alla Promozione con la maglia del Lebowski: quando il pallone non è solo milioni

Borja Valero, dalla serie A alla Promozione con la maglia del Lebowski: quando il pallone non è solo milioni

L'ex centrocampista di Fiorentina ed Inter giocherà con la squadra di una realtà di Firenze molto legata al sociale. Un'attrattiva irrinunciabile per il calciatore, che in campo chiamavano "sindaco" per la sensibilità verso ciò che accade nel mondo. Una bellissima storia che richiama un calcio che non c'è più

Domenico Guarino
19 Agosto 2021
GERMOGLI PH: 5 FEBBRAIO 2021 FIRENZE STADIO ARTEMIO FRANCHI SERIE A FIORENTINA VS INTER NELLA FOTO VALERO

GERMOGLI PH: 5 FEBBRAIO 2021 FIRENZE STADIO ARTEMIO FRANCHI SERIE A FIORENTINA VS INTER NELLA FOTO VALERO

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Ci sono storie che sanno di leggenda. E che in un attimo trasformano la vita in un sogno. Quello di un bambino che corre con i calzettoni abbassati, su un campetto di periferia, tirando calci ad una palla. Le ginocchia sbucciate, il viso imperlato di sudore e polvere.
Ci sono storie che regalano un attimo di stupore e di bellezza, quando meno te l’aspetti. Nel mezzo di una estate torrida, ancora alle prese con i bollettini della protezione civile, tra gli incendi che devastano territori e paesaggi, con le spiagge affollate, e le fabbriche che chiudono.
Storie che raccontano di sentimenti, di emozioni, di passioni. Di quelle cose che valgono così tanto da essere gratis. Perché non si possono comprare. Né pagare.
E così, mentre c’è chi affastella ingaggi milionari, mentre club sempre più galattici e sempre alla ricerca di nuovi mercati fanno la collezione di figurine strapagate, il ‘racconto’ che stanno scrivendo Borja Valero e il Centro storico Lebowski, ha la dimensione straordinaria di un’utopia che si avvera.

Il campione pluritiotolato, e la squadra di promozione. L’uomo che ha vestito maglie leggendarie, che ha calcato l’erba degli stadi più famosi del mondo, ed un progetto talmente diverso dagli altri da sembrare una scommessa. fare calcio, partendo dal basso, puntando sulla partecipazione, rivalutando il ruolo sociale dello sport e quello eminentemente popolare del calcio.

Borca Valero (al centro, maglietta bianca) con gli amici del Centro storico Lebowski

Campione e dilettanti, ma “stessi valori”

“Abbiamo gli stessi valori” ha detto Borja nello speigare la sua scelta. Nulla di strano. Perché quei valori dovrebbero essere alla base di tutto lo sport e di tutto il calcio.
Solo che ce ne dimentichiamo spesso. E se ne dimenticano spesso gli stessi protagonisti.

Borja, il ‘sindaco’ come lo hanno sempre chiamato a Firenze, ha la stoffa del campione e dell’uomo. Ma dietro di lui ce ne sono tanti, in un mondo che si riveste di lustrini e champagne, spesso stucchevole, ma che tante volte riesce a raccontare storie belle come queste,  che sanno di leggenda. E di normalità.
Perché ogni calciatore è stato innanzitutto quel bambino che corre sul campetto  sognando.
Qualcuno ci è riuscito, qualcun altro no. Qualcuno rimarrà un sognatore. Qualcun altro diventerà cinico. Ma la parte più bella del calcio rimangono quelli che non hanno rinunciato a credere che la palla e la vita siano innanzitutto un gioco. Un gioco bello come quel tiro all’incrocio, che si insacca perfetto nel sette, che tutti abbiamo fantasticato di segnare.
Un gioco fatto di cose vere, semplici, di entusiasmo. Di valori che non moriranno mai. Almeno fin quando ci saranno dei Borja Valero a farli rivivere. E società piccole con grandi utopie. che prima o poi si avverano.

 

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Ci sono storie che sanno di leggenda. E che in un attimo trasformano la vita in un sogno. Quello di un bambino che corre con i calzettoni abbassati, su un campetto di periferia, tirando calci ad una palla. Le ginocchia sbucciate, il viso imperlato di sudore e polvere. Ci sono storie che regalano un attimo di stupore e di bellezza, quando meno te l’aspetti. Nel mezzo di una estate torrida, ancora alle prese con i bollettini della protezione civile, tra gli incendi che devastano territori e paesaggi, con le spiagge affollate, e le fabbriche che chiudono. Storie che raccontano di sentimenti, di emozioni, di passioni. Di quelle cose che valgono così tanto da essere gratis. Perché non si possono comprare. Né pagare. E così, mentre c’è chi affastella ingaggi milionari, mentre club sempre più galattici e sempre alla ricerca di nuovi mercati fanno la collezione di figurine strapagate, il ‘racconto’ che stanno scrivendo Borja Valero e il Centro storico Lebowski, ha la dimensione straordinaria di un’utopia che si avvera. Il campione pluritiotolato, e la squadra di promozione. L’uomo che ha vestito maglie leggendarie, che ha calcato l’erba degli stadi più famosi del mondo, ed un progetto talmente diverso dagli altri da sembrare una scommessa. fare calcio, partendo dal basso, puntando sulla partecipazione, rivalutando il ruolo sociale dello sport e quello eminentemente popolare del calcio.
Borca Valero (al centro, maglietta bianca) con gli amici del Centro storico Lebowski

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“Abbiamo gli stessi valori” ha detto Borja nello speigare la sua scelta. Nulla di strano. Perché quei valori dovrebbero essere alla base di tutto lo sport e di tutto il calcio. Solo che ce ne dimentichiamo spesso. E se ne dimenticano spesso gli stessi protagonisti. Borja, il ‘sindaco’ come lo hanno sempre chiamato a Firenze, ha la stoffa del campione e dell’uomo. Ma dietro di lui ce ne sono tanti, in un mondo che si riveste di lustrini e champagne, spesso stucchevole, ma che tante volte riesce a raccontare storie belle come queste,  che sanno di leggenda. E di normalità. Perché ogni calciatore è stato innanzitutto quel bambino che corre sul campetto  sognando. Qualcuno ci è riuscito, qualcun altro no. Qualcuno rimarrà un sognatore. Qualcun altro diventerà cinico. Ma la parte più bella del calcio rimangono quelli che non hanno rinunciato a credere che la palla e la vita siano innanzitutto un gioco. Un gioco bello come quel tiro all’incrocio, che si insacca perfetto nel sette, che tutti abbiamo fantasticato di segnare. Un gioco fatto di cose vere, semplici, di entusiasmo. Di valori che non moriranno mai. Almeno fin quando ci saranno dei Borja Valero a farli rivivere. E società piccole con grandi utopie. che prima o poi si avverano.  
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