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Home » Sport » Calcio, arbitro donna sospende la partita per rissa: abbandonata e chiusa nell’impianto

Calcio, arbitro donna sospende la partita per rissa: abbandonata e chiusa nell’impianto

L'episodio è accaduto domenica scorsa nella sfida Under 19 tra Carpenedolo e Darfo Boario dove entrambe le società hanno perso la partita a tavolino

Edoardo Martini
11 Febbraio 2023
Arbitro

Arbitro

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Una episodio surreale quello accaduto nel calcio giovanile dove, prima una rissa in campo ha animato la partita, poi la donna arbitro è stata abbandonata nell’impianto, ormai chiuso. E’ successo domenica scorsa durante e dopo il match del campionato regionale juniores Under 19 tra Darfo Boario e Carpenedolo.

Il comunale di Darfo, teatro del brutto episodio (Giornaledibrescia.it)

“Abbandonata e chiusa all’interno dell’impianto”

Al 26′ del secondo tempo la gara viene sospesa a causa, come si legge nel referto del direttore di gara dell’incontro, “del verificarsi di una rissa che vedeva coinvolta la quasi totalità dei calciatori presenti in campo nonché dei dirigenti di entrambe le società. Tutti si spingono e si picchiano”. Ma non è finita qui perché come continua la relazione scritta: “Nel lasciare il terreno di gioco, la signora arbitro veniva circondata da tesserati di entrambe le società, che contestavano ripetutamente la decisione della sospensione definitiva della gara. Rientrata piangente nello spogliatoio senza che alcuno si curasse della sua persona”. Una volta uscita, la donna non ha trovato più nessuno, rendendosi conto “di essere stata abbandonata e chiusa all’interno dell’impianto”.

Non sono mancate le sanzioni per le due società e i protagonisti della rissa che ha portato alla decisione di sospendere il match. Alle due squadre è stata inflitta una sconfitta a tavolino, per entrambe poiché responsabili del mancato svolgimento della partita. Due persone sono state identificate e squalificate fino al 22 marzo, mentre al Carpenedolo sono stati inflitti 200 euro di multa contro i 300 euro per il Darfo Boario, con l’aggravante dell’assistenza non idonea all’arbitro a fine gara.

La risposta social dell’FC Carpenedolo

Dopo l’uscita del comunicato, è arrivata subito la risposta della squadra dilettantistica Carpendolo che con un post su Facebook ha fatto sentire le proprie regioni:

“Abbiamo atteso in silenzio il comunicato uscito nella giornata di ieri per quanto accaduto nella partita Darfo – Carpenedolo della categoria Juniores Regionale fascia A, verso il quale non presenteremo ricorso seppur diverse cose non corrispondano assolutamente al vero. Non lo facciamo perché ha perso lo sport in senso lato ed eticamente condanniamo ogni forma di violenza che non ci appartiene. Oggi, però, è doveroso fare alcune precisazioni, che non vogliono e non devono giustificare una brutta pagina sportiva, che non vogliamo si ripeta mai più. Certi gesti li condanniamo anche al nostro interno, perché facciamo sport e come primo messaggio nei nostri tesserati vogliamo venga trasmesso il messaggio del rispetto, e su questo, guardandoci in casa nostra, abbiamo perso. Il rispetto però va anche dato attraverso designazioni che in primis non mettano in difficoltà, come noi facciamo con i nostri tesserati, gli stessi arbitri perché le categorie ci sono per tutti. Capiamo il momento dove più volte ci viene detto che numericamente gli arbitri abilitati siano pochi, tanto è vero che durante l’anno abbiamo subito senza batter ciglio ed adeguandoci a spostamenti anche infrasettimanali di diverse partite che, piaccia o meno, hanno creato inevitabilmente problematiche non indifferenti, ma che qualora fosse necessario, saremmo disponibili a ripetere. Capiamo che fare l’arbitro nei dilettanti è una grande passione e rispettiamo chi decide di intraprendere questa strada. Ma come ogni società paghiamo fior fiore di quote di iscrizione per avere un servizio che come in questo caso non ci viene dato. L’intento di questo comunicato non vuole dare modo di spogliarci dalle nostre responsabilità, ma che dia lo stimolo ad ognuno per farsi un esame di coscienza. Pagheremo quello che dobbiamo pagare, prenderemo i provvedimenti interni che riteniamo idonei senza risparmiare nessuno ma come scriveva Plutarco individuare una colpa è facile, è fare meglio che potrebbe diventare difficile, ma per tutti aggiungiamo noi.”

 

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Una episodio surreale quello accaduto nel calcio giovanile dove, prima una rissa in campo ha animato la partita, poi la donna arbitro è stata abbandonata nell'impianto, ormai chiuso. E' successo domenica scorsa durante e dopo il match del campionato regionale juniores Under 19 tra Darfo Boario e Carpenedolo.
Il comunale di Darfo, teatro del brutto episodio (Giornaledibrescia.it)

"Abbandonata e chiusa all'interno dell'impianto"

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Dopo l'uscita del comunicato, è arrivata subito la risposta della squadra dilettantistica Carpendolo che con un post su Facebook ha fatto sentire le proprie regioni: "Abbiamo atteso in silenzio il comunicato uscito nella giornata di ieri per quanto accaduto nella partita Darfo - Carpenedolo della categoria Juniores Regionale fascia A, verso il quale non presenteremo ricorso seppur diverse cose non corrispondano assolutamente al vero. Non lo facciamo perché ha perso lo sport in senso lato ed eticamente condanniamo ogni forma di violenza che non ci appartiene. Oggi, però, è doveroso fare alcune precisazioni, che non vogliono e non devono giustificare una brutta pagina sportiva, che non vogliamo si ripeta mai più. Certi gesti li condanniamo anche al nostro interno, perché facciamo sport e come primo messaggio nei nostri tesserati vogliamo venga trasmesso il messaggio del rispetto, e su questo, guardandoci in casa nostra, abbiamo perso. Il rispetto però va anche dato attraverso designazioni che in primis non mettano in difficoltà, come noi facciamo con i nostri tesserati, gli stessi arbitri perché le categorie ci sono per tutti. Capiamo il momento dove più volte ci viene detto che numericamente gli arbitri abilitati siano pochi, tanto è vero che durante l’anno abbiamo subito senza batter ciglio ed adeguandoci a spostamenti anche infrasettimanali di diverse partite che, piaccia o meno, hanno creato inevitabilmente problematiche non indifferenti, ma che qualora fosse necessario, saremmo disponibili a ripetere. Capiamo che fare l’arbitro nei dilettanti è una grande passione e rispettiamo chi decide di intraprendere questa strada. Ma come ogni società paghiamo fior fiore di quote di iscrizione per avere un servizio che come in questo caso non ci viene dato. L’intento di questo comunicato non vuole dare modo di spogliarci dalle nostre responsabilità, ma che dia lo stimolo ad ognuno per farsi un esame di coscienza. Pagheremo quello che dobbiamo pagare, prenderemo i provvedimenti interni che riteniamo idonei senza risparmiare nessuno ma come scriveva Plutarco individuare una colpa è facile, è fare meglio che potrebbe diventare difficile, ma per tutti aggiungiamo noi."  
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