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Home » Sport » Nel calcio Usa le donne avranno lo stesso stipendio degli uomini. Ma quante lotte per la parità salariale

Nel calcio Usa le donne avranno lo stesso stipendio degli uomini. Ma quante lotte per la parità salariale

Le calciatrici della Nazionale degli Stati Uniti saranno pagate come gli uomini. Una decisione storica per il mondo dello sport, che però deve ancora fare tanta strada per garantire pari diritti e retribuzione tra uomini e donne

Remy Morandi
19 Maggio 2022
calcio usa donne

calcio usa donne

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È ufficiale: le donne della Nazionale di calcio degli Stati Uniti saranno pagate come gli uomini. La notizia era stata rivelata a febbraio, poi martedì 17 maggio è arrivata la conferma. Una giornata storica per il mondo dello sport, ma che deve anche far riflettere sul fatto che per ottenere la parità salariale le donne sono costrette a combattere e lottare a suon di tribunali, cause e sentenze. Dalla Norvegia a Wimbledon, fino agli Usa, nella storia dello sport sono state tante le battaglie delle donne per ottenere pari diritti e pari retribuzione rispetto agli uomini. E la strada da fare è ancora molto lunga.

Le calciatrici americane saranno pagate come i calciatori

Megan Rapinoe, 36 anni, è capitana sia della società OL Reign FC della National Women’s Soccer League sia della squadra nazionale statunitense (Foto Ansa)

La Federazione Usa ha preso una decisione storica: i giocatori e le giocatrici della nazionale di calcio degli Stati Uniti guadagneranno la stessa paga e divideranno in parti uguali i bonus della Fifa. È una svolta storica, sia per gli Usa, sia per il mondo dello sport in generale, sia e soprattutto per le stelle del calcio femminile a stelle strisce. Prime tra tutte Megan Rapinoe e Alex Morgan che anni fa hanno lanciato la battaglia per l’equiparazione degli stipendi e che di recente hanno pure ricevuto il sostegno del presidente degli Stati Uniti Joe Biden che considera la parità di stipendio tra donne e uomini una priorità della sua amministrazione.

Fino a oggi, le giocatrici della nazionale americana guadagnavano il 40% in meno dei loro colleghi uomini. “Nessun altro Paese ha mai fatto questo. Dobbiamo essere orgogliosi, è veramente un passo storico”, ha commentato la presidente della Federcalcio americana Cindy Parlow Cone. In verità, gli Usa non sono proprio i primi ad aver stabilito la parità di stipendio tra calciatrici e calciatori. Passi in avanti erano infatti stati già fatti da Norvegia, Australia e Olanda.

Comunque, gli Stati Uniti sono i primi a decidere l’equa distribuzione dei premi Fifa dopo una lunga contrattazione con la nazionale maschile che alla fine ha dovuto cedere. La decisione di dividere in parti uguali i bonus Fifa presa dalla Federazione calcio Usa sarà in vigore fino al 2028 e coprirà i prossimi quattro mondiali. “Fino a quando la Fifa non metterà lo stesso montepremi per uomini e donne, l’unica scelta che avevamo era metterci d’accordo tra di noi”, ha spiegato la presidente.

Le tante battaglie delle donne per la parità salariale nel mondo dello sport

Serena Williams, 40 anni, è considerata una delle migliori tenniste di tutti i tempi (Foto Ansa)

Quella del divario tra i guadagni di atlete e atleti è una questione che si dibatte da anni in molti sport. Pioniere della battaglia sono state le tenniste negli Stati Uniti che nel 1973 ottennero l’equiparazione del premio finale agli Us Open. Ci vollero 28 anni perché un altro torneo del Grand Slam, gli Australian Open, prendesse la stessa decisione nel 2001. Nel 2007 fu poi la volta di Wimbledon e qualche settimana dopo del Roland Garros.

Una battaglia che era stata presa in mano dalle sorelle Williams. E proprio Serena Williams, con la veterana Pam Shriver e Billie Jean, è stata ad attaccare quest’anno gli Internazionali di Roma per l’enorme scarto, più della metà, tra il montepremi assegnato al vincitore del torneo maschile, 836.355 euro, e quello femminile, 332.260 euro. Le tre campionesse americane, in quella occasione, hanno lanciato l’idea di creare un sindacato per acquistare l’Open d’Italia femminile e mettere fine alla disparità anche a costo di trasferirlo in un’altra città.

Il gender gap è dunque ancora fortissimo nel mondo dello sport. Nell’annuale classifica Forbes degli sportivi più pagati, Leo Messi domina con 130 milioni di dollari. La prima donna è Naomi Osaka, 19esima a quota 59 milioni, e l’altra e unica donna a farle compagnia tra i primi 50 della classifica, è proprio Serena Williams. Per il resto, tutti uomini.

In Italia, è da poco realtà il professionismo delle donne del calcio, ma per quanto riguarda gli altri sport il cammino è ancora lungo. Un passo in avanti l’ha compiuto il rugby che nelle settimane scorse ha assicurato a 24 giocatrici della nazionale uno stipendio per potersi preparare al meglio. Tutto questo mentre i dati Istat certificano che da 10 anni ormai le donne praticano più sport degli uomini nel nostro Paese, con percentuali che oscillano tra il 52% e il 54%. E secondo un documento dell’European Institute for Gender Equality (Eige), è fondamentale che le organizzazioni sportive migliorino l’equilibrio di genere nei consigli e nei comitati esecutivi, nonché nella gestione e negli staff tecnici.

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  • È la storia di Carson Pickett che non è solo una favola sportiva, ma un esempio di forza volontà e voglia di superare limiti fisici e pregiudizi. ⚽️

Nell’amichevole contro la Colombia, la Nazionale femminile degli Stati Uniti ha dimostrato ancora una volta quanto è all’avanguardia e ha fatto esordire Carson Pickett, giocatrice nata senza una parte del braccio sinistro. 

"La sensazione di essere diverso e l’ansia di non adattarsi è qualcosa che ho passato. Spero di incoraggiare altri a non vergognarsi di quello che sono.”

Questa volta la Nazionale statunitense ha mostrato, ancora una volta, quanto sia avanti nell’inclusione sociale e nelle pari opportunità. I diritti umani e sociali sono sempre in primo piano nella testa delle ragazze e della Federazione, che non di rado si sono esposte su tematiche importanti come il razzismo, l’omofobia e più in generale su questioni spinose.

Dopo il raggiungimento dell’obiettivo della parità salariale con i colleghi uomini, lo sdoganamento dell’omosessualità e altro ancora, ora i riflettori si puntano verso la disabilità e come nonostante essa si possa diventare giocatrici professioniste.

Di Edoardo Martini ✍

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  • Il suo desiderio, più che legittimo, è semplicemente quello di partecipare al Jova Beach party di Viareggio, a settembre, insieme ai suoi amici. Eppure Enrico, classe 1965, padre di due meravigliosi figli adottivi e costretto su una sedia a rotelle dal 1988, non è riuscito a fare quello che tutto il resto della sua comitiva ha fatto con pochi semplici click sul sito di Ticketone: acquistare il suo biglietto. 

“Per noi disabili cose come questa sarebbero troppo semplici. Forse non tutti sanno che la realtà è che, se una persona nelle mie condizioni desidera partecipare a un qualsiasi evento, solitamente gli viene richiesto di individuare per conto proprio gli organizzatori, cercare sul rispettivo sito le indicazioni sulla modalità di richiesta dei biglietti (che variano da organizzatore ad organizzatore) e in fine allegare alla domanda di partecipazione il certificato di invalidità e un documento d’identità. Mai ci è permesso di usare le piattaforme online ad acquisto diretto come Ticketone.

Mi sono sentito ulteriormente discriminato: oltre ai miei limiti fisici mi sono dovuto scontrare con ulteriori ostacoli rappresentati da procedure imposte da persone che non hanno la minima idea di cosa significhi la parola ‘inclusione‘. E quello che più mi ha sorpreso è che questi limiti siano arrivati in abbinamento ad un evento di Jovanotti, che ritengo un paladino dell’inclusione. Mi chiedo se lui sia a conoscenza di tutto questo e cosa ne pensi in tal caso”.

Il racconto di Enrico nell’intervista a cura di Caterina Ceccuti ✍

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  • “Per cantare ho affrontato un lungo percorso di logopedia, ma voglio fare della musica un posto più inclusivo. 

Mi chiamo Francesco, in arte Brazzo, sono sordo e nella vita faccio rap”. In una frase, lo specchio di una vita in salita. La fatica di imparare a cantare senza poter ascoltare nulla se non “le vibrazioni delle casse”, gli anni della logopedia e la voglia di mettere in versi la realtà, le battaglie per il riconoscimento della propria comunità e la denuncia sociale.

Brazzo nasce a Taranto in una famiglia di sordi da tre generazioni e si trasferisce a Milano nel 2008.

“Già da bambino desideravo cantare solo che mi sentivo imbarazzato per il fatto che un sordo potesse cantare. Ho iniziato a parlare a cinque anni, all’inizio non parlavo molto bene e ho affrontato un lungo percorso di logopedia. Poi a trent’anni avevo questo desiderio lasciato nel cassetto e ho deciso di lanciarmi”.

Quando rappa – e rappa bene – lo fa anche attraverso la lingua dei segni. Nel 2020 ha partecipato a Italia
È ufficiale: le donne della Nazionale di calcio degli Stati Uniti saranno pagate come gli uomini. La notizia era stata rivelata a febbraio, poi martedì 17 maggio è arrivata la conferma. Una giornata storica per il mondo dello sport, ma che deve anche far riflettere sul fatto che per ottenere la parità salariale le donne sono costrette a combattere e lottare a suon di tribunali, cause e sentenze. Dalla Norvegia a Wimbledon, fino agli Usa, nella storia dello sport sono state tante le battaglie delle donne per ottenere pari diritti e pari retribuzione rispetto agli uomini. E la strada da fare è ancora molto lunga.

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