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Home » Sport » Tennis, Chris Evert ha vinto la partita più importante: “Sono guarita dal cancro alle ovaie”

Tennis, Chris Evert ha vinto la partita più importante: “Sono guarita dal cancro alle ovaie”

L’ex campionessa dopo aver scoperto di avere la mutazione genetica BRCA1 si è sottoposta anche a una doppia mastectomia

Barbara Berti
18 Gennaio 2023
L'ex campionessa del tennis Chris Evert (Instagram)

L'ex campionessa del tennis Chris Evert (Instagram)

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Chris Evert, stella del tennis anni ‘70 e ‘80, ha vinto la partita più importante, quella contro il cancro. “Oggi sono libera dal cancro alle ovaie e c’è una probabilità del 90% che non si ripresenti mai più” dice l’ex tennista e ora commentatrice tv Chris Evert (68 anni), che aveva scoperto il tumore un anno fa, la stessa malattia che aveva ucciso sua sorella Jeanne nel febbraio 2020.

Chris Evert, stella del tennis anni ‘70 e ‘80 (Instagram)
Chris Evert, stella del tennis anni ‘70 e ‘80 (Instagram)

“Un anno fa ho iniziato un percorso per proteggere me stessa e i miei cari dai rischi legati al cancro ovarico correlato al BRCA che ha tolto la vita a mia sorella Jeanne. Lei non era positiva al BRCA ma i test genetici hanno rivelato che aveva una mutazione BRCA1 di ‘significato incerto’” racconta la sportiva all’emittente americana “Espn”. E aggiunge: “È solo grazie alla road map genetica che mia sorella si è lasciata alle spalle e al potere del progresso scientifico che abbiamo preso il mio cancro abbastanza presto per fare qualcosa al riguardo”. Infatti, “in pochi giorni ho fatto un semplice esame del sangue che ha confermato che avevo la stessa variante BRCA1 di Jeanne. Ho subito programmato un’isterectomia preventiva. Ma quando è arrivato il mio referto patologico, i miei dottori e io siamo rimasti sbalorditi nello scoprire che avevo delle cellule maligne e un tumore nella tuba di Falloppio sinistra”. E poi aggiunge: “Il mio medico ha detto che se non l’avessi scoperta, in quattro mesi probabilmente sarei stata allo stadio tre come Jeanne, con pochissime opzioni. Invece ho immediatamente iniziato sei cicli di chemioterapia”.

Chris e sua sorella Jeanne Evert Dubin, morta di cancro alle ovaie nel febbraio 2020 a 62 anni (Espn)
Chris e sua sorella Jeanne Evert Dubin, morta di cancro alle ovaie nel febbraio 2020 a 62 anni (Espn)

Tuttavia, Evert spiega che la sua “storia non è finita” e ha confermato che lo scorso 1° dicembre, un anno dopo la sua isterectomia, ha subito una doppia mastectomia per ridurre il rischio di sviluppare il cancro al seno. La donna, comunque, è “sulla buona strada per la guarigione”. Evert, vincitrice di 18 tornei dello Slam, deve ancora subire un piccolo intervento chirurgico affinché il suo percorso medico possa considerarsi completato. “Mi resta ancora un intervento chirurgico per completare la guarigione. Dicono che questa parte sia facile, ma posso assicurarti che gli ultimi cinque anni non lo sono stati. L’esperienza di mia sorella mi ha salvato la vita, e spero che condividendo la mia, potrei salvare quella di qualcun altro” dice ringraziando “la dottoressa Elisa Port, la mia oncologa chirurgica, e al dottor Mark Sultan, il mio chirurgo ricostruttivo al Mount Sinai”.

Chris Evert quando ancora giocava a tennis (Instagram)
Chris Evert quando ancora giocava a tennis (Instagram)

L’ex tennista statunitense, che sulla terra rossa rimase imbattuta per sei anni, dal 1973 al 1979, ricorda a tutti quanto sia importante la prevenzione. “Quando si tratta di decidere tra sorveglianza o intervento chirurgico, la scelta di ognuno è personale. La cosa più importante è non lasciare le cose al caso” sostiene l’ex campionessa ricordando che “dei 25 milioni di donne e uomini in tutto il mondo che hanno una mutazione BRCA, solo il 10% sa di essere portatore. Quando parlo alla gente dei test genetici, così tante persone dicono: ‘È troppo spaventoso per saperlo’. Sono qui per dirtelo, è più spaventoso non farlo”. Condividendo la sua storia, l’ex tennista spera che possa essere di esempio e di aiuto per altre persone. “Mia sorella, come molte persone, era così occupata a prendersi cura di tutti gli altri che ignorava ciò che il suo corpo stava cercando di dirle. Il mio consiglio? Fidarsi del proprio istinto, conoscere la propria storia familiare, imparare a conoscere i test genetici e volersi bene”.

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  • Nino Gennaro cresce in un paese complesso, difficile, famigerato per essere stato il regno del boss Liggio, impegnandosi attivamente in politica; nel 1975 è infatti responsabile dell’organizzazione della prima Festa della Donna, figura tra gli animatori del circolo Placido Rizzotto, presto chiuso e, sempre più emarginato dalla collettività, si trova poi coinvolto direttamente nel caso di una sua amica, percossa dal padre perché lo frequentava e che sporse denuncia contro il genitore, fatto che ebbe grande risonanza sui media. Con lei si trasferì poi a Palermo e qui comincia la sua attività pubblica come scrittore; si tratta di una creatività onnivora, che si confronta in diretta con la cronaca, lasciando però spazio alla definizione di mitologie del corpo e del desiderio, in una dimensione che vuole comunque sempre essere civile, di testimonianza.

Nel 1980 a Palermo si avviano le attività del suo gruppo teatrale “Teatro Madre”, che sceglie una dimensione urbana, andando in scena nei luoghi più diversi e spesso con attori non professionisti (i testi si intitolano “Bocca viziosa”, “La faccia è erotica”, “Il tardo mafioso Impero”), all’inseguimento di un cortocircuito scena/vita. Già il logo della compagnia colpisce l’attenzione: un cuore trafitto da una svastica, che vuole alludere alla pesantezza dei legami familiari, delle tradizioni vissute come gabbia. Le sue attività si inscrivono, quindi, in uno dei periodi più complessi della storia della città siciliana, quando una sequenza di delitti efferati ne sconvolge la quotidianità e Gennaro non è mai venuto meno al suo impegno, fondando nel 1986 il Comitato Cittadino di Informazione e Partecipazione e legandosi al gruppo che gestiva il centro sociale San Saverio, dedicandosi quindi a numerosi progetti sociali fino alla morte per Aids nel 1995.

La sua drammaturgia si alimenta di una poetica del frammento, del remix, con brani che spesso vengono montati in modo diverso rispetto alla loro prima stesura.

Luca Scarlini ✍

#lucenews #lucelanazione #ninogennaro #queer
  • -6 a Sanremo 2023!

Questo Festival ha però un sapore dolceamaro per l
  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

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  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

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Chris Evert, stella del tennis anni ‘70 e ‘80, ha vinto la partita più importante, quella contro il cancro. “Oggi sono libera dal cancro alle ovaie e c'è una probabilità del 90% che non si ripresenti mai più” dice l’ex tennista e ora commentatrice tv Chris Evert (68 anni), che aveva scoperto il tumore un anno fa, la stessa malattia che aveva ucciso sua sorella Jeanne nel febbraio 2020.
Chris Evert, stella del tennis anni ‘70 e ‘80 (Instagram)
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“Un anno fa ho iniziato un percorso per proteggere me stessa e i miei cari dai rischi legati al cancro ovarico correlato al BRCA che ha tolto la vita a mia sorella Jeanne. Lei non era positiva al BRCA ma i test genetici hanno rivelato che aveva una mutazione BRCA1 di ‘significato incerto’” racconta la sportiva all’emittente americana “Espn”. E aggiunge: “È solo grazie alla road map genetica che mia sorella si è lasciata alle spalle e al potere del progresso scientifico che abbiamo preso il mio cancro abbastanza presto per fare qualcosa al riguardo”. Infatti, “in pochi giorni ho fatto un semplice esame del sangue che ha confermato che avevo la stessa variante BRCA1 di Jeanne. Ho subito programmato un’isterectomia preventiva. Ma quando è arrivato il mio referto patologico, i miei dottori e io siamo rimasti sbalorditi nello scoprire che avevo delle cellule maligne e un tumore nella tuba di Falloppio sinistra”. E poi aggiunge: “Il mio medico ha detto che se non l'avessi scoperta, in quattro mesi probabilmente sarei stata allo stadio tre come Jeanne, con pochissime opzioni. Invece ho immediatamente iniziato sei cicli di chemioterapia”.
Chris e sua sorella Jeanne Evert Dubin, morta di cancro alle ovaie nel febbraio 2020 a 62 anni (Espn)
Chris e sua sorella Jeanne Evert Dubin, morta di cancro alle ovaie nel febbraio 2020 a 62 anni (Espn)
Tuttavia, Evert spiega che la sua “storia non è finita” e ha confermato che lo scorso 1° dicembre, un anno dopo la sua isterectomia, ha subito una doppia mastectomia per ridurre il rischio di sviluppare il cancro al seno. La donna, comunque, è “sulla buona strada per la guarigione”. Evert, vincitrice di 18 tornei dello Slam, deve ancora subire un piccolo intervento chirurgico affinché il suo percorso medico possa considerarsi completato. “Mi resta ancora un intervento chirurgico per completare la guarigione. Dicono che questa parte sia facile, ma posso assicurarti che gli ultimi cinque anni non lo sono stati. L'esperienza di mia sorella mi ha salvato la vita, e spero che condividendo la mia, potrei salvare quella di qualcun altro” dice ringraziando “la dottoressa Elisa Port, la mia oncologa chirurgica, e al dottor Mark Sultan, il mio chirurgo ricostruttivo al Mount Sinai”.
Chris Evert quando ancora giocava a tennis (Instagram)
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L’ex tennista statunitense, che sulla terra rossa rimase imbattuta per sei anni, dal 1973 al 1979, ricorda a tutti quanto sia importante la prevenzione. “Quando si tratta di decidere tra sorveglianza o intervento chirurgico, la scelta di ognuno è personale. La cosa più importante è non lasciare le cose al caso” sostiene l’ex campionessa ricordando che “dei 25 milioni di donne e uomini in tutto il mondo che hanno una mutazione BRCA, solo il 10% sa di essere portatore. Quando parlo alla gente dei test genetici, così tante persone dicono: ‘È troppo spaventoso per saperlo’. Sono qui per dirtelo, è più spaventoso non farlo”. Condividendo la sua storia, l’ex tennista spera che possa essere di esempio e di aiuto per altre persone. “Mia sorella, come molte persone, era così occupata a prendersi cura di tutti gli altri che ignorava ciò che il suo corpo stava cercando di dirle. Il mio consiglio? Fidarsi del proprio istinto, conoscere la propria storia familiare, imparare a conoscere i test genetici e volersi bene”.
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