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Home » Sport » Donne e motori… In Ferrari si può. Il riscatto del Cavallino nel Mondiale parte dal cuore rosa delle Rosse

Donne e motori… In Ferrari si può. Il riscatto del Cavallino nel Mondiale parte dal cuore rosa delle Rosse

La Scuderia di Maranello ha assunto negli ultimi anni un approccio sempre più inclusivo, piazzando le sue donne in ruoli importanti, come il controllo di qualità, quello delle spese e la power unit

Riccardo Galli
19 Maggio 2021
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Dal rosa al rosso. Rosso Ferrari, per chiarire subito e meglio il concetto. Già, perché la bella storia che accompagna il Mondiale di Charles Leclerc e di Carlos Sainz Jr. ha connotati al femminile essenziali e decisivi.
Maria Mendoza, Laura Scomazzon e Giada Montorsi sono infatti parte integrante e decisiva della gestione sportiva di Maranello. E se in questa stagione Hamilton o Verstappen dovranno fare i conti con una Rossa che sta per ridurre al minimo il gap con Mercedes e Red Bull, gran parte di questo riscatto-rilancio può essere ricondotto al lavoro, gli studi e le intuizioni del tris in rosa che lavora in Ferrari.

Maria Mendoza, l’ingegnere che controlla la qualità della Ferrari

Maria Mendoza ha 45 anni, viene da Saragozza (Spagna) e si è formata (prima di approdare alla Formula Uno) in settori di studio-lavoro da Nobel per la fisica: la vulcanologia, i raggi X, ma soprattutto nel mondo dell’aeronautica. Poi, nel 2012, eccola in Fca, nella ricerca di quella… candela. Sì, proprio una candela che manda a in fumo il motore di Sebastian Vettel a Suzuka, nel Gran Premio del Giappone (2017). È questo l’episodio chiave, la soluzione a questo problema, a convincere l’allora presidente Sergio Marchionne che Maria può e meriti di ‘spingere’ la Ferrari. Quella formato mondiale, in Formula Uno. Come? Occupandosi proprio del controllo di qualità dei fornitori ai motoristi del gruppo.

Laura Scomazzon, la manager che tiene i “conti in ordine”

Dalla perfezione dei motori alla gestione aziendale. Così si accende il secondo riflettore rosa, quello su Laura Scomazzon, 44 anni, laurea in ingegneria gestionale al Politecnico e poi in Economia e management. È con lei che l’azienda Ferrari discute, valuta e si regola all’interno della ‘budget cup’ che la Formula Uno ha varato per ridimensionare la corsa matta di dollari ed euro che il mondo dei motori stava facendo rotolare verso una dimensione pericolosa. Capo del settore del cost engineering della Scuderia, Laura è una manager, anzi, la manager giusta per tenere la bilancia degli investimenti nell’equilibrio indispensabile a unire le strade del budget da riproporzionare con la qualità del marchio Ferrari. Qualità che deve rimanere unica, globale e intoccabile. Ovunque e comunque.

Giada Montorsi, ingegnere meccanico cresciuta con il sogno dei motori

Giada Montorsi è la più giovane nell’asset manageriale del Cavallino. Ha 35 anni, ha sempre avuto i motori nel cuore e il suo sogno da bambina era quello che adesso è diventato la sua professione, la sua vita.
Così, la sua presenza nella ‘stanza dei bottoni’ dove la Ferrari gestisce la power unit delle Rosse che corrono sulle piste di tutto il mondo, è una presenza che parte da lontano. Da quando Giada studiava ingegneria meccanica all’università (una delle sole tre ragazze su 400 iscritti) e macinava esami fino alla tesi, in cui ovviamente ha parlato dei motori di Maranello. Di come, a Maranello, si sarebbero potute realizzare monoposto che fanno sognare e battere forte il cuore di chi, nella F1 targata Ferrari, vede un qualcosa di sacro.

È questo il cuore rosa delle Rosse. È questo il romanzo scritto da Giada, Maria e Laura. Le donne in Ferrari. Le donne della Ferrari.

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere

Dal rosa al rosso. Rosso Ferrari, per chiarire subito e meglio il concetto. Già, perché la bella storia che accompagna il Mondiale di Charles Leclerc e di Carlos Sainz Jr. ha connotati al femminile essenziali e decisivi. Maria Mendoza, Laura Scomazzon e Giada Montorsi sono infatti parte integrante e decisiva della gestione sportiva di Maranello. E se in questa stagione Hamilton o Verstappen dovranno fare i conti con una Rossa che sta per ridurre al minimo il gap con Mercedes e Red Bull, gran parte di questo riscatto-rilancio può essere ricondotto al lavoro, gli studi e le intuizioni del tris in rosa che lavora in Ferrari.

Maria Mendoza, l'ingegnere che controlla la qualità della Ferrari

Maria Mendoza ha 45 anni, viene da Saragozza (Spagna) e si è formata (prima di approdare alla Formula Uno) in settori di studio-lavoro da Nobel per la fisica: la vulcanologia, i raggi X, ma soprattutto nel mondo dell’aeronautica. Poi, nel 2012, eccola in Fca, nella ricerca di quella... candela. Sì, proprio una candela che manda a in fumo il motore di Sebastian Vettel a Suzuka, nel Gran Premio del Giappone (2017). È questo l'episodio chiave, la soluzione a questo problema, a convincere l'allora presidente Sergio Marchionne che Maria può e meriti di 'spingere' la Ferrari. Quella formato mondiale, in Formula Uno. Come? Occupandosi proprio del controllo di qualità dei fornitori ai motoristi del gruppo.

Laura Scomazzon, la manager che tiene i "conti in ordine"

Dalla perfezione dei motori alla gestione aziendale. Così si accende il secondo riflettore rosa, quello su Laura Scomazzon, 44 anni, laurea in ingegneria gestionale al Politecnico e poi in Economia e management. È con lei che l'azienda Ferrari discute, valuta e si regola all'interno della 'budget cup' che la Formula Uno ha varato per ridimensionare la corsa matta di dollari ed euro che il mondo dei motori stava facendo rotolare verso una dimensione pericolosa. Capo del settore del cost engineering della Scuderia, Laura è una manager, anzi, la manager giusta per tenere la bilancia degli investimenti nell’equilibrio indispensabile a unire le strade del budget da riproporzionare con la qualità del marchio Ferrari. Qualità che deve rimanere unica, globale e intoccabile. Ovunque e comunque.

Giada Montorsi, ingegnere meccanico cresciuta con il sogno dei motori

Giada Montorsi è la più giovane nell’asset manageriale del Cavallino. Ha 35 anni, ha sempre avuto i motori nel cuore e il suo sogno da bambina era quello che adesso è diventato la sua professione, la sua vita. Così, la sua presenza nella 'stanza dei bottoni' dove la Ferrari gestisce la power unit delle Rosse che corrono sulle piste di tutto il mondo, è una presenza che parte da lontano. Da quando Giada studiava ingegneria meccanica all'università (una delle sole tre ragazze su 400 iscritti) e macinava esami fino alla tesi, in cui ovviamente ha parlato dei motori di Maranello. Di come, a Maranello, si sarebbero potute realizzare monoposto che fanno sognare e battere forte il cuore di chi, nella F1 targata Ferrari, vede un qualcosa di sacro.

È questo il cuore rosa delle Rosse. È questo il romanzo scritto da Giada, Maria e Laura. Le donne in Ferrari. Le donne della Ferrari.

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