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Home » Sport » Europeo e Copa Sudamericana sì, Coppa d’Africa no grazie: il calcio snobba il continente nero

Europeo e Copa Sudamericana sì, Coppa d’Africa no grazie: il calcio snobba il continente nero

È iniziata il 9 gennaio in Camerun l'edizione numero 33 ma, come sempre negli ultimi anni, i grandi club mondiali fanno di tutto per persuadere i campioni a non partecipare. E il Covid diventa il pretesto perfetto

Iacopo Nathan
10 Gennaio 2022
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Com’è stato bello abbracciarsi davanti ai maxi schermi, nella classico stereotipo dell’estate italiana, guardando il trionfale Europeo dell’Italia. E quanti sudamericani nel nostro Paese hanno sudato e sofferto con la squadra della loro nazione, dal Brasile all’Argentina, passando per il Perù e il Cile. Da anni, Uefa e Fifa, gli organi calcistici mondiali più importanti, combattono il razzismo in tutti gli spot pubblicitari e utilizzando patch sulle maglie dei giocatori come “rispetto”, ma c’è un mondo intero che ama il pallone quanto gli europei, ma è sempre e costantemente penalizzato.

Si tratta del calcio Africano, che proprio il 9 gennaio ha visto partire la Coppa continentale numero 33, con sede in Camerun.

Cerimonia di inaugurazione della Coppa d’Africa

Perché per il mondo del calcio, se gli Europei e la Copa Sudamericana sono il momento per vedere i migliori talenti e godere delle più belle partite, la Coppa d’Africa è una scocciatura. Si gioca tra gennaio e febbraio e sottrae ai migliori club europei i suoi talenti che rischiano anche di infortunarsi. Per questo, col tempo, è partita una sorta di “guerra” alla competizione, che nell’ultimo anno è arrivata al massimo storico. Il Covid è diventato un pretesto che le federazioni nazionali hanno usato a loro favore, cercando di far saltare la manifestazione.

E se per l’Europeo il Covid non è stato minimamente preso in considerazione, permettendo a tutti di godere di stadi con capienza massima, la Coppa d’Africa ha visto una serie di tentativi di boicottaggi in fila. Come se non bastasse, i grandi club mondiali provano a più riprese a persuadere i giocatori, cercando di convincerli a declinare l’invito della propria nazionale. Una cosa solamente inimmaginabile per un giocatore inglese, francese, tedesco o italiano.

A chiarire il sentimento di frustrazione del calcio africano ci ha pensato Sebastian Haller, attaccante dell’Ajax e capocannoniere della Champions League, che ha risposto ad una domanda di un giornalista olandese che gli chiedeva se volesse partire con la sua nazionale. “Questa domanda mostra la mancanza di rispetto per l’Africa. Questo non sarebbe mai stato domandato ad un giocatore europeo in vista del campionato europeo. Avremmo dovuto giocare la Coppa d’estate, ma è stato rinviata a causa del Covid. Parteciperò per rappresentare la Costa d’Avorio e questo

”. Tra problemi e disinteresse generale, però, la Coppa d’Africa è partita, con i padroni di casa del Camerun che hanno battuto in rimonta il Burkina Faso. Peccato che in Italia in pochissimi abbiano potuto vedere la sfida, fruibile solo online e con una abbonamento ad un servizio secondario di streaming, snobbato dai candi broadcasting.

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  • «Era terribile durante il fascismo essere transessuale. Mi picchiavano e mi facevano fare delle cose schifose. Mi imbrattavano con il catrame e mi hanno rasato. Ho preso le botte dai fascisti perché mi ero atteggiato a donna e per loro questo era inconcepibile».

È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l’unica persona trans italiana sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti.

#lucenews #lucysalani #dachau
  • È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l
  • Elaheh Tavakolian, l’iraniana diventata uno dei simboli della lotta nel suo Paese, è arrivata in Italia. Nella puntata del 21 marzo de “Le Iene”, tra i servizi del programma di Italia 1, c’è anche la storia della giovane donna, ferita a un occhio dalla polizia durante le proteste in Iran. Nella puntata andata in onda la scorsa settimana, l’inviata de “Le Iene” aveva incontrato la donna in Turchia, durante la sua fuga disperata dall’Iran, dove ormai era troppo pericoloso vivere. 

“Ho molta paura. Vi prego, qui potrebbero uccidermi” raccontava l’attivista a Roberta Rei. Già in quell’occasione, Elaheh Tavakolian era apparsa con una benda sull’occhio, a causa di una grave ferita causatale da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine iraniane durante le manifestazioni a cui ha preso parte dopo la morte di Mahsa Amini.

Elaheh Tavakolian fa parte di quelle centinaia di iraniani che hanno subito gravi ferite agli occhi dopo essere stati colpiti da pallottole, lacrimogeni, proiettili di gomma o altri proiettili usati dalle forze di sicurezza durante le dure repressioni che vanno avanti ormai da oltre sei mesi. La ragazza, che ha conseguito un master in commercio internazionale e ora lavora come contabile, ha usato la sua pagina Instagram per rivelare che le forze di sicurezza della Repubblica islamica stavano deliberatamente prendendo di mira gli occhi dei manifestanti. 

✍ Barbara Berti

#lucenews #lucelanazione #ElahehTavakolian #iran #leiene
  • Ha 19 anni e vorrebbe solo sostenere la Maturità. Eppure alla richiesta della ragazza la scuola dice di no. Nina Rosa Sorrentino è nata con la sindrome di Down, e quel diritto che per tutte le altre studentesse e studenti è inviolabile per lei è invece un’utopia.

Il liceo a indirizzo Scienze Umane di Bologna non le darà la possibilità di diplomarsi con i suoi compagni e compagne, svolgendo le prove che inizieranno il prossimo 21 giugno. La giustificazione – o la scusa ridicola, come quelle denunciate da CoorDown nella giornata mondiale sulla sindrome di Down – dell’istituto per negarle questa possibilità è stata che “per lei sarebbe troppo stressante“.

Così Nina si è ritirata da scuola a meno di tre mesi dalla fine della quinta. Malgrado la sua famiglia, fin dall’inizio del triennio, avesse chiesto agli insegnanti di cambiare il Pei (piano educativo individualizzato) della figlia, passando dal programma differenziato per gli alunni certificati a quello personalizzato per obiettivi minimi o equipollenti, che prevede l’ammissione al vero e proprio esame di Maturità. Ma il liceo Sabin non ha assecondato la loro richiesta.

Francesca e Alessandro Sorrentino avevano trovato una sponda di supporto nel Ceps di Bologna (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), in CoorDown e nei docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, che si sono detti tutti disponibili per realizzare un progetto-pilota per la giovane studentessa e la sua classe. Poi, all’inizio di marzo, la doccia fredda: è arrivato il no definitivo da parte del consiglio di classe, preoccupato che per la ragazza la Maturità fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione“, come ha scritto la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo di questa storia tutt’altro che inclusiva.

“Il perché è quello che ci tormenta – aggiungono i genitori –. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”.

#lucenews #lucelanazione #disabilityinclusion #giornatamondialedellasindromedidown
Com'è stato bello abbracciarsi davanti ai maxi schermi, nella classico stereotipo dell'estate italiana, guardando il trionfale Europeo dell'Italia. E quanti sudamericani nel nostro Paese hanno sudato e sofferto con la squadra della loro nazione, dal Brasile all'Argentina, passando per il Perù e il Cile. Da anni, Uefa e Fifa, gli organi calcistici mondiali più importanti, combattono il razzismo in tutti gli spot pubblicitari e utilizzando patch sulle maglie dei giocatori come “rispetto”, ma c'è un mondo intero che ama il pallone quanto gli europei, ma è sempre e costantemente penalizzato. Si tratta del calcio Africano, che proprio il 9 gennaio ha visto partire la Coppa continentale numero 33, con sede in Camerun.
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