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Home » Sport » Jury Chechi: “L’Italia paese simbolo nei primi Giochi Olimpici dell’era della globalizzazione e dell’integrazione”

Jury Chechi: “L’Italia paese simbolo nei primi Giochi Olimpici dell’era della globalizzazione e dell’integrazione”

"Molti paesi emergenti in assoluto ed altri come noi sono venuti alal ribalta in specialità come la velocità, da cui eravamo esclusi". La 4x100 passo avanti verso l'integrazione? "L'Italia non è razzista, ma non carichiamo lo sport di compiti che spettano alle istituzioni. Lo sport ha valori assoluti ed etici, bastano quelli". "Il risultato più grande è che i Giochi siano arrivati a termine, Segno che lo sport va avanti. Un segnale per tutto il mondo"

Piero Ceccatelli
7 Agosto 2021
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Vinse la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Atlanta 1996 e il bronzo a quelle di Atene del 2004 quando aveva 35 anni. Saltò per infortunio i Giochi di Barcellona 1992 e quelle di SydneY 2000.  Jury Chechi è stato il ginnasta italiano (e forse il ginnasta occidentale, non appartenente all’ex blocco sovietico) più forte di tutti i tempi e dello sport coglie molto più degli aspetti tecnici.Con lui stiliamo un bilancio a tutto tondo dei Giochi di Tokio 2020, svoltisi un anno dopo la data prevista.

 Jury Chechi bacia il bronzo di Atene 2004

 

Jury Chechi, che Olimpiadi sono, quelle di Tokio 2020?

“L’impressione è che siano i primi Giochi della globalizzazione, di cui a Rio si erano avute avvisaglie. Con l’emergere di paesi nuovi, che hanno ingaggiato maestri delle discipline più tecniche e in genere individuali,  in cambio di fortune e riconoscimenti. Quei paesi hanno attinto al capitale umano di giovani forze che sono state convogliate destinare allo sport“.

E’ il caso della scherma, dove l’Italia non è riuscita a incassare la rendita di posizione alla quale era abituata.

 

“Alt, La scherma è nel mirino di tanti perché non ha vinto l’oro, ma ha portato a  casa medaglie e sono certo che tornerà ai livelli di sempre. Tuttavia non è sbagliato parlare di ’rendita’. Tokio sdogana la possibilità di osservare che la scherma era una nicchia  per tre, quattro paesi. Ora Si affacciano Hong Kong, crescono  gli Usa, la Cina”.

C’è posto per tutti.

“Certo, ma vorrei dire che il più grande e sorprendente frutto della globalizzazione manifestatasi in queste Olimpiadi siamo noi, l’Italia. Chi avrebbe immaginato, appena una settimana fa che avremmo vinto cento metri e staffetta veloce? La ‘rendita di posizione’ è sfuggita di mano agli Stati Uniti, alla Giamaica, alla Gran Bretagna, al Canada che da sempre si dividevano la torta. Ora c’è l’Italia” .

Merito degli atleti di colore?

“Merito di una programmazione che dura nel tempo, di tecnici che hanno lavorato intensamente per una crescita che riguarda non un solo campione, come può succedere, ma investe tutto un movimento, come conferma la staffetta, un capolavoro di squadra. Jacobs e  Desalu sono italiani cresciuti in Italia come uomini e come  atleti, qui sono maturati. Non sono campioni ingaggiati all’ultimo momento che,  come accade in altre discipline,  cambiano il volto a una squadra. Loro sono parte di un progetto che ha radici lontane“.

L’Italia è andata male nelle competizioni di squadra dove eravamo fortissimi e si è esaltata nelle competizioni individuali. Quasi un frutto dei tempi, dell’isolamento forzato che ha esaltato i singoli, mortificato il collettivo.

“Lettura suggestiva, ma non credo sia questa la ragione. Il Covid ha colpito tutto il mondo, altri paesi si sono confermati forti nelle gare a squadre. Credo che siano sconfitte da addebitare al chiudersi di un ciclo. O al caso: può esserci il  capitano al quale gira male e non è tranquillo, qualcuno fuori forma. Il ciclo si riaprirà, non vedo emergenza“.

Mazzanti, tecnico della pallavolo femminile, ha visto invece molti tablet e telefonini che avrebbero distratto le atlete.

“Solo chi vive lo spogliatoio è in grado di dare un giudizio. Certo, i social sono entrati in maniera preponderante anche nella vita degli sportivi per i quali possono rappresentare un incitamento, una iniezione di autostima, oppure suscitare nervosismo. Anche a me è capitato di essere nervoso prima di una gara importante”.

 

Come andò?

“Accadde ad Atlanta, prima della prova olimpica. Ero teso, preoccupato, scelsi di non parlare, mi isolai da entourage, giornalisti e lasciai sbollire, ritrovando la tranquillità necessaria per vincere la medaglia d’oro”.

 

Allora, non esistevano i social.

“Ci sono due grandissime differenze, rispetto alla condizione di oggi. La prima è che i miei interlocutori sarebbero stati giornalisti, professionisti che sai come affrontare, che conoscono le regole. Sui social invece trovi chiunque, compreso l’anonimo   che per narcisismo o sentirsi importante finisce per destabilizzarti. L’altra grande differenza è se allora volevi chiuderti al mondo, potevi farlo. Oggi, chi riesce a ignorare lo smartphone?. A tenerlo spento per il tempo necessario?”.

 

A proposito di telefonini, che messaggio hai inviato a Vanessa Ferrari, argento nella ginnastica a trentuno anni?

“Sono contento per lei come donna, la ginnastica femminile non ha espresso grandi livelli in queste Olimpiadi”.

 

Sono state le Olimpiadi delle star in preda a depressione . Come l’americana Simone Biles.

 

“Credo che abbia risentito della pressione ed è andata in confusione nel momento in cui era necessario essere concentrati al massimo, come nell’effettuare gli avvitamenti. E’ successo anche a me di subire un black out. L’ho superato, lo sperererà anche lei”.

 

La staffetta “multicolore” che ha vinto la 4×100 aiuterà il Paese a fare un altro passo verso l’integrazione?

 

“Ho già detto che Jacobs è cresciuto in Italia e Desalu vi è pure nato. Nella seconda  terza frazione della staffetta ho visto soltanto due maglie azzurre scambiarsi il testimone, non ho pensato che un atleta fosse meticcio e un altro di colore.  Era soltanto la squadra italiana”.

 

Il mondiale di calcio del 1998 vinto dalla Francia con Thuram, Desailly Zidane e altri giocatori di colore favorì l’integrazione.

 

“Lo sport ha valori altissimi, anche in fatto di etica- Se lo si pratica  correttamente i risultati anche sul piano sociale arrivano da soli. Ma per favore non carichiamolo di incombenze che non gli spettano, non lo si usi come leva politica. Lasciamo il compito alle istituzioni. Lo sport va praticato e basta. Nella lotta era favorito un italiano di origini cubane Chamizo, E’ uscito ai quarti e oggi c’è un altro cubano in finale per il terzo e quarto posto. (proprio in quel momento in tv si vede Abramo Conyedo vincere la medaglia di bronzo ndr.).Lo sport premia chi s’impegna e merita. Sai cosa invece non mi è piaciuto?”

 

Cosa?

 

“Vedere un lanciatore del peso in maglia azzurra rispondere in inglese. Non ha senso, se rappresenti l’Italia”.

 

Come se avessimo acqustato solo i suoi muscoli.

 

“Si è o si diventa italiani come persone, non solo come atleti. Comunque l’Italia non è un paese razzista, a parte alcuni episodi spiacevoli e da condannare”.

 

Ogni sera sei su Raidue al “Circolo degli Anelli”, trasmissione di elevati ascolti. Il titolo sembra fatto su misura per Chechi: gli anelli delle Olimpiadi, gli anelli del ginnasta.

“E’ televisione nella quale si può parlare liberamente e in modo sobrio. Aspetti tecnici, non gossip. Mi piace, mi diverto”.

 

Sono state le prime Olimpiadi a stadi chiusi .

 

“Sono state disputate per due motivazioni: non frustrare gli atleti che vivono aspettando le Olimpiadi, fanno sacrifici immensi per arrivarci al meglio. E per ragioni economiche connesse ai diritti e  agli introiti televisivi. Se la pandemia verrà superata non ci saranno ragioni per disputarle ancora senza pubblico, con le mascherine sul podio, durante l’inno. All’inizio, chiedevi qual è il più importante connotato di questi giochi. E’ il fatto che siano arrivati a termine fra mille difficoltà e senza problemi sanitari. E’ il segnale positivo che lo sport va avanti. Un segnale diretto a tutto il mondo”.

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  • Sono tre, per il momento, gli istituti superiori che si sono candidati ad accogliere Nina Rosa Sorrentino, la studentessa disabile di 19 anni che non può sostenere la maturità al liceo Sabin di Bologna (indirizzo Scienze umane) e che i genitori hanno per questo motivo ritirato da scuola.

La storia è nota: la studentessa ha cominciato il suo percorso di studi nel liceo di via Matteotti seguendo il programma differenziato. Già al terzo anno i genitori avevano chiesto di passare al programma degli obiettivi minimi che si può concludere con l’Esame di Stato, mentre quello differenziato ha solo la "certificazione delle competenze".

Il Consiglio di classe aveva respinto la richiesta della famiglia, anche perché passare agli obiettivi minimi avrebbe implicato esami integrativi. Da qui la decisione della famiglia, avvenuta giusto una settimana fa, di ritirare Nina da scuola – esattamente un giorno prima che i giorni di frequenza potessero essere tali da farle comunque ottenere la "certificazione delle competenze" – in modo tale che possa provare a sostenere la Maturità in un altro istituto del capoluogo emiliano.

Sulla storia di Nina, ieri, è tornata anche la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, che alla Camera ha risposto, durante il question time, a una domanda sulle iniziative volte a garantire l’inclusione sociale e lavorativa delle persone con sindrome di Down presentata dal capogruppo di FdI, Tommaso Foti.

"C’è ancora un po’ di strada da fare se una ragazza con la sindrome di Down non viene ammessa all’esame di maturità – ha detto la ministra –. Se non si è stati in grado di usare tutte le strategie possibili e l’accomodamento ragionevole, come previsto dalla Convenzione Onu per i diritti delle persone disabili che in Italia è legge; se non si è stati in grado di valorizzare i punti di forza dei ragazzi che non chiedono di essere promossi automaticamente ma di avere un’occasione e un’opportunità."

#lucenews #lucelanazione #ninasorentino #disabilityinclusion #bologna
  • “Ho fatto la storia”. Con queste parole Alex Roca Campillo ha postato sul suo account Twitter il video degli ultimi, emozionanti, metri della maratona di Barcellona.

Ed effettivamente un record Alex l’ha scritto: è la prima persona al mondo con una disabilità al 76 per cento a riuscire a percorrere la distanza di 42 km e 195 metri.
Alex ha concluso la sua gara in 5 ore 50 minuti e 51 secondi, ma il cronometro in questa situazione è passato decisamente in secondo piano. “tutto questo è stato possibile grazie alle mia squadra. Grazie a tutti quelli che dal bordo della strada mi hanno spinto fino al traguardo. Non ho parole”.

#lucenews #alexrocacampillo #maratonadibarcellona #barcellona
  • In Uganda dirsi gay potrà costare l’ergastolo. Il Parlamento dell’Uganda ha appena approvato una legge che propone nuove e severe sanzioni per le relazioni tra persone dello stesso sesso. Al termine di una sessione molto movimentata e caotica, la speaker del Parlamento Annet Anita Among, dopo il voto finale ha detto: “È stata approvata a tempo record”. La legge, che passa ora nelle mani del presidente Yoweri Museveni, che potrà scegliere se porre il veto o firmarla, propone nuove e molto dure sanzioni per le relazioni omosessuali in un Paese in cui l’omosessualità è già illegale.

La versione finale non è ancora stata pubblicata ufficialmente, ma gli elementi discussi in Parlamento includono che una persona condannata per adescamento o traffico di bambini allo scopo di coinvolgerli in attività omosessuali, rischia l’ergastolo; individui o istituzioni che sostengono o finanziano attività o organizzazioni per i diritti Lgbt, oppure pubblicano, trasmettono e distribuiscono materiale mediatico e testuale a favore degli omosessuali, rischiano di essere perseguiti e incarcerati. 

“Questa proposta di legge – ha detto Asuman Basalirwa, membro del Parlamento che l’ha presentata – è stata concepita per proteggere la nostra cultura, i valori legali, religiosi e familiari tradizionali degli ugandesi e gli atti che possono promuovere la promiscuità sessuale in questo Paese”. Il parlamentare ha poi aggiunto: “Mira anche a proteggere i nostri bambini e giovani che sono resi vulnerabili agli abusi sessuali attraverso l’omosessualità e gli atti correlati”.

Secondo la legge amici, familiari e membri della comunità avrebbero il dovere di denunciare alle autorità le persone omosessuali. Nello stesso disegno di legge, tra l’altro, si introduce la pena di morte per chi abusa dei bambini o delle persone vulnerabili. 

#lucenews #lucelanazione #uganda #lgbtrights
  • Un’altra pagina di storia del calcio femminile è stata scritta. Non tanto per il risultato della partita ma per il record di spettatori presenti. All’Olimpico di Roma andava in scena il match di andata dei quarti di finale di Champions League tra Roma e Barcellona quando si è stabilito un nuovo record: sono state 39.454 infatti le persone che hanno incoraggiato le ragazze fin dal primo minuto superando il precedente di 39.027 stabilito in Juventus-Fiorentina del 24 marzo 2019.

Era l’andata dei quarti di finale che la Roma ha raggiunto alla sua prima partecipazione alla Champions League, ottenuta grazie al secondo posto nell’ultimo campionato. Il Barcellona, campione di Spagna e d’Europa due anni fa, era favorito e in campo lo ha dimostrato, soprattutto nel primo tempo, riuscendo a vincere 1-0. La squadra di casa è stata tenuta a galla dalle parate di Ceasar, migliore in campo, ma ha provato a impensierire la corazzata spagnola nella ripresa dove più a volte ha sfiorato la rete con le conclusioni di Haavi, Giacinti e Giugliano, il primo “numero 10” a giocare all’Olimpico per la Roma dopo il ritiro di Francesco Totti.

✍ Edoardo Martini

#lucenews #lucelanazione #calciofemminile #championsleague
Vinse la medaglia d'oro alle Olimpiadi di Atlanta 1996 e il bronzo a quelle di Atene del 2004 quando aveva 35 anni. Saltò per infortunio i Giochi di Barcellona 1992 e quelle di SydneY 2000.  Jury Chechi è stato il ginnasta italiano (e forse il ginnasta occidentale, non appartenente all'ex blocco sovietico) più forte di tutti i tempi e dello sport coglie molto più degli aspetti tecnici.Con lui stiliamo un bilancio a tutto tondo dei Giochi di Tokio 2020, svoltisi un anno dopo la data prevista.
 Jury Chechi bacia il bronzo di Atene 2004
 

Jury Chechi, che Olimpiadi sono, quelle di Tokio 2020?

“L’impressione è che siano i primi Giochi della globalizzazione, di cui a Rio si erano avute avvisaglie. Con l'emergere di paesi nuovi, che hanno ingaggiato maestri delle discipline più tecniche e in genere individuali,  in cambio di fortune e riconoscimenti. Quei paesi hanno attinto al capitale umano di giovani forze che sono state convogliate destinare allo sport“.

E’ il caso della scherma, dove l'Italia non è riuscita a incassare la rendita di posizione alla quale era abituata.

  “Alt, La scherma è nel mirino di tanti perché non ha vinto l'oro, ma ha portato a  casa medaglie e sono certo che tornerà ai livelli di sempre. Tuttavia non è sbagliato parlare di ’rendita’. Tokio sdogana la possibilità di osservare che la scherma era una nicchia  per tre, quattro paesi. Ora Si affacciano Hong Kong, crescono  gli Usa, la Cina".

C’è posto per tutti.

“Certo, ma vorrei dire che il più grande e sorprendente frutto della globalizzazione manifestatasi in queste Olimpiadi siamo noi, l’Italia. Chi avrebbe immaginato, appena una settimana fa che avremmo vinto cento metri e staffetta veloce? La 'rendita di posizione' è sfuggita di mano agli Stati Uniti, alla Giamaica, alla Gran Bretagna, al Canada che da sempre si dividevano la torta. Ora c'è l'Italia" .

Merito degli atleti di colore?

“Merito di una programmazione che dura nel tempo, di tecnici che hanno lavorato intensamente per una crescita che riguarda non un solo campione, come può succedere, ma investe tutto un movimento, come conferma la staffetta, un capolavoro di squadra. Jacobs e  Desalu sono italiani cresciuti in Italia come uomini e come  atleti, qui sono maturati. Non sono campioni ingaggiati all'ultimo momento che,  come accade in altre discipline,  cambiano il volto a una squadra. Loro sono parte di un progetto che ha radici lontane“.

L'Italia è andata male nelle competizioni di squadra dove eravamo fortissimi e si è esaltata nelle competizioni individuali. Quasi un frutto dei tempi, dell'isolamento forzato che ha esaltato i singoli, mortificato il collettivo.

“Lettura suggestiva, ma non credo sia questa la ragione. Il Covid ha colpito tutto il mondo, altri paesi si sono confermati forti nelle gare a squadre. Credo che siano sconfitte da addebitare al chiudersi di un ciclo. O al caso: può esserci il  capitano al quale gira male e non è tranquillo, qualcuno fuori forma. Il ciclo si riaprirà, non vedo emergenza“.

Mazzanti, tecnico della pallavolo femminile, ha visto invece molti tablet e telefonini che avrebbero distratto le atlete.

“Solo chi vive lo spogliatoio è in grado di dare un giudizio. Certo, i social sono entrati in maniera preponderante anche nella vita degli sportivi per i quali possono rappresentare un incitamento, una iniezione di autostima, oppure suscitare nervosismo. Anche a me è capitato di essere nervoso prima di una gara importante".  

Come andò?

"Accadde ad Atlanta, prima della prova olimpica. Ero teso, preoccupato, scelsi di non parlare, mi isolai da entourage, giornalisti e lasciai sbollire, ritrovando la tranquillità necessaria per vincere la medaglia d'oro".  

Allora, non esistevano i social.

"Ci sono due grandissime differenze, rispetto alla condizione di oggi. La prima è che i miei interlocutori sarebbero stati giornalisti, professionisti che sai come affrontare, che conoscono le regole. Sui social invece trovi chiunque, compreso l'anonimo   che per narcisismo o sentirsi importante finisce per destabilizzarti. L'altra grande differenza è se allora volevi chiuderti al mondo, potevi farlo. Oggi, chi riesce a ignorare lo smartphone?. A tenerlo spento per il tempo necessario?".  

A proposito di telefonini, che messaggio hai inviato a Vanessa Ferrari, argento nella ginnastica a trentuno anni?

"Sono contento per lei come donna, la ginnastica femminile non ha espresso grandi livelli in queste Olimpiadi".  

Sono state le Olimpiadi delle star in preda a depressione . Come l'americana Simone Biles.

  "Credo che abbia risentito della pressione ed è andata in confusione nel momento in cui era necessario essere concentrati al massimo, come nell'effettuare gli avvitamenti. E' successo anche a me di subire un black out. L'ho superato, lo sperererà anche lei".  

La staffetta "multicolore" che ha vinto la 4x100 aiuterà il Paese a fare un altro passo verso l'integrazione?

  "Ho già detto che Jacobs è cresciuto in Italia e Desalu vi è pure nato. Nella seconda  terza frazione della staffetta ho visto soltanto due maglie azzurre scambiarsi il testimone, non ho pensato che un atleta fosse meticcio e un altro di colore.  Era soltanto la squadra italiana".  

Il mondiale di calcio del 1998 vinto dalla Francia con Thuram, Desailly Zidane e altri giocatori di colore favorì l'integrazione.

  "Lo sport ha valori altissimi, anche in fatto di etica- Se lo si pratica  correttamente i risultati anche sul piano sociale arrivano da soli. Ma per favore non carichiamolo di incombenze che non gli spettano, non lo si usi come leva politica. Lasciamo il compito alle istituzioni. Lo sport va praticato e basta. Nella lotta era favorito un italiano di origini cubane Chamizo, E' uscito ai quarti e oggi c'è un altro cubano in finale per il terzo e quarto posto. (proprio in quel momento in tv si vede Abramo Conyedo vincere la medaglia di bronzo ndr.).Lo sport premia chi s'impegna e merita. Sai cosa invece non mi è piaciuto?"  

Cosa?

  "Vedere un lanciatore del peso in maglia azzurra rispondere in inglese. Non ha senso, se rappresenti l'Italia".  

Come se avessimo acqustato solo i suoi muscoli.

  "Si è o si diventa italiani come persone, non solo come atleti. Comunque l'Italia non è un paese razzista, a parte alcuni episodi spiacevoli e da condannare".  

Ogni sera sei su Raidue al "Circolo degli Anelli", trasmissione di elevati ascolti. Il titolo sembra fatto su misura per Chechi: gli anelli delle Olimpiadi, gli anelli del ginnasta.

"E' televisione nella quale si può parlare liberamente e in modo sobrio. Aspetti tecnici, non gossip. Mi piace, mi diverto".  

Sono state le prime Olimpiadi a stadi chiusi .

  "Sono state disputate per due motivazioni: non frustrare gli atleti che vivono aspettando le Olimpiadi, fanno sacrifici immensi per arrivarci al meglio. E per ragioni economiche connesse ai diritti e  agli introiti televisivi. Se la pandemia verrà superata non ci saranno ragioni per disputarle ancora senza pubblico, con le mascherine sul podio, durante l'inno. All'inizio, chiedevi qual è il più importante connotato di questi giochi. E' il fatto che siano arrivati a termine fra mille difficoltà e senza problemi sanitari. E' il segnale positivo che lo sport va avanti. Un segnale diretto a tutto il mondo".
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