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Home » Sport » La judoka Pinot denuncia l’ex compagno di violenze: “Pensavo che avrei rinunciato alla mia vita”

La judoka Pinot denuncia l’ex compagno di violenze: “Pensavo che avrei rinunciato alla mia vita”

La campionessa olimpica francese di judo Margaux Pinot ha denunciato Alain Schmitt per le violenze subite tra le mura di casa, raccontando l'ultimo episodio in conferenza stampa. L'uomo è stato però rilasciato per mancanza di prove

Marianna Grazi
5 Dicembre 2021
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È stato prosciolto e liberato dal tribunale, perché secondo il giudice non ci sarebbero “prove sufficienti di colpevolezza” per procedere contro l’uomo. Lui è Alain Schmitt, ex compagno e allenatore di Margaux Pinot, campionessa francese di judo e medaglia d’oro alle Olimpiadi di Tokyo nella gara a squadre. Le prove, che per il giudice non sono “sufficienti” sono quelle impresse sulla pelle della ragazza, i lividi, i graffi, i segni lasciati dalla violenza di Schmitt.

La 27enne è abituata a lottare e sa cosa vuol dire soffrire, ma certo l’episodio a cui si è trovata a far fronte non ha nulla a che fare con il suo judo, che però le ha salvato la vita. In una conferenza stampa, Pinot si è presentata con il volto livido e pieno di tagli, e segni evidenti di violenza anche sul collo. Aveva denunciato, pochi giorni, prima l’ex compagno, arrestato e poi rilasciato, per le aggressioni subite in casa nella serata tra domenica 28 novembre e lunedì 29. “Mi ha preso per i capelli, mi ha tirato a terra, a sinistra del letto, poi mi ha tirata sul pavimento, si è messo a cavalcioni su di me e ha iniziato a darmi pugni, a destra e a sinistra con entrambe le mani – racconta la judoka ancora sotto shock –. Dopo questo episodio voleva strangolarmi“. “Pensavo che avrei perso la vita – aggiunge la campionessa – è stato il mio spirito guerriero, il mio spirito combattivo che mi ha salvato, è stato il judo”.

Data la notorietà dell’atleta e la drammatica vicinanza temporale ma anche tematica del suo caso con quello della tennista Peng Shuai (leggi qui) scomparsa dopo la denuncia di molestie da parte dell’ex vicepremier Zhang Gaoli, la storia ha fatto velocemente  il giro dei tabloid di tutta Europa. Nella stessa giornata della dichiarazione di Margaux Pinot anche Schmitt si è difeso davanti ai giornalisti, rispedendo le accuse al mittente (“Si è buttata su di me”).

Tuttavia la judoka già in precedenza aveva mostrato i segni dei colpi ricevuti e il suo racconto è stato da brividi. La discussione con il neo allenatore della squadra di judo femminile israeliana, la decisione della donna di troncare la relazione (“Volevo porre fine a questa relazione da diversi mesi, aspettavo che partisse per separarmi davvero da lui”), l’improvvisa violenza che l’ha spiazzata: “Non mi sono nemmeno difesa, ho provato a farlo ragionare“. Poi, al tentativo di strangolamento, in lei è scattato un forte istinto di sopravvivenza: “Sono riuscito a spingerlo di lato e sono andata nel corridoio. Mi ha raggiunto e mi sono detta ‘o riesci a liberarti o sei morta’“.

L’essere un’atleta, una lottatrice, l’ha salvata, ma Pinot si chiede cosa sarebbe successo se al posto suo si fosse trovata un’altra donna: “Pensavo che avrei rinunciato alla mia vita lì. I suoi colpi sono stati numerosi, non avevo mai affrontato una violenza del genere. Parlo per le donne che potrebbero essere morte per atti così violenti, che non hanno il fisico o la testa di reagire in una situazione del genere”. Ma è anche la situazione attuale, con la liberazione di Schmitt, a aggravare le sue condizioni, oltre alle botte ricevute. L’aggressore e il suo legale, come abbiamo detto, hanno smentito tutto, in particolare le violenze. Margaux Pinot è sconfortata e impaurita: “Lui mente, mi fa passare per un’isterica. Sono rimasta stupita per il suo rilascio. Ora ho paura, ci sono stati due episodi violenti in 4 anni”:

 

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
È stato prosciolto e liberato dal tribunale, perché secondo il giudice non ci sarebbero "prove sufficienti di colpevolezza" per procedere contro l'uomo. Lui è Alain Schmitt, ex compagno e allenatore di Margaux Pinot, campionessa francese di judo e medaglia d'oro alle Olimpiadi di Tokyo nella gara a squadre. Le prove, che per il giudice non sono "sufficienti" sono quelle impresse sulla pelle della ragazza, i lividi, i graffi, i segni lasciati dalla violenza di Schmitt. La 27enne è abituata a lottare e sa cosa vuol dire soffrire, ma certo l'episodio a cui si è trovata a far fronte non ha nulla a che fare con il suo judo, che però le ha salvato la vita. In una conferenza stampa, Pinot si è presentata con il volto livido e pieno di tagli, e segni evidenti di violenza anche sul collo. Aveva denunciato, pochi giorni, prima l'ex compagno, arrestato e poi rilasciato, per le aggressioni subite in casa nella serata tra domenica 28 novembre e lunedì 29. "Mi ha preso per i capelli, mi ha tirato a terra, a sinistra del letto, poi mi ha tirata sul pavimento, si è messo a cavalcioni su di me e ha iniziato a darmi pugni, a destra e a sinistra con entrambe le mani – racconta la judoka ancora sotto shock –. Dopo questo episodio voleva strangolarmi". "Pensavo che avrei perso la vita – aggiunge la campionessa – è stato il mio spirito guerriero, il mio spirito combattivo che mi ha salvato, è stato il judo". Data la notorietà dell'atleta e la drammatica vicinanza temporale ma anche tematica del suo caso con quello della tennista Peng Shuai (leggi qui) scomparsa dopo la denuncia di molestie da parte dell'ex vicepremier Zhang Gaoli, la storia ha fatto velocemente  il giro dei tabloid di tutta Europa. Nella stessa giornata della dichiarazione di Margaux Pinot anche Schmitt si è difeso davanti ai giornalisti, rispedendo le accuse al mittente ("Si è buttata su di me"). Tuttavia la judoka già in precedenza aveva mostrato i segni dei colpi ricevuti e il suo racconto è stato da brividi. La discussione con il neo allenatore della squadra di judo femminile israeliana, la decisione della donna di troncare la relazione ("Volevo porre fine a questa relazione da diversi mesi, aspettavo che partisse per separarmi davvero da lui"), l'improvvisa violenza che l'ha spiazzata: "Non mi sono nemmeno difesa, ho provato a farlo ragionare". Poi, al tentativo di strangolamento, in lei è scattato un forte istinto di sopravvivenza: "Sono riuscito a spingerlo di lato e sono andata nel corridoio. Mi ha raggiunto e mi sono detta 'o riesci a liberarti o sei morta'". L'essere un'atleta, una lottatrice, l'ha salvata, ma Pinot si chiede cosa sarebbe successo se al posto suo si fosse trovata un'altra donna: "Pensavo che avrei rinunciato alla mia vita lì. I suoi colpi sono stati numerosi, non avevo mai affrontato una violenza del genere. Parlo per le donne che potrebbero essere morte per atti così violenti, che non hanno il fisico o la testa di reagire in una situazione del genere". Ma è anche la situazione attuale, con la liberazione di Schmitt, a aggravare le sue condizioni, oltre alle botte ricevute. L'aggressore e il suo legale, come abbiamo detto, hanno smentito tutto, in particolare le violenze. Margaux Pinot è sconfortata e impaurita: "Lui mente, mi fa passare per un'isterica. Sono rimasta stupita per il suo rilascio. Ora ho paura, ci sono stati due episodi violenti in 4 anni":
 
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