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Home » Sport » Martina Scavelli si dimette da arbitro di volley: “Sono grassa, ma non sopporto più di essere pesata”

Martina Scavelli si dimette da arbitro di volley: “Sono grassa, ma non sopporto più di essere pesata”

Nel lungo sfogo su Facebook la giovane racconta le continue umiliazioni subite a ogni partita, di come si sia sentita emarginata da quello sport che ama

Marianna Grazi
15 Febbraio 2023
Martina Scavelli si dimette da arbitro di volley per le continue umiliazioni a causa del suo peso

Martina Scavelli si dimette da arbitro di volley per le continue umiliazioni a causa del suo peso

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Si ritira perché grassa. No, non è uno scherzo e lei non è un’atleta con un fisico “non conforme” agli standard imposti. Ma poco importa. È comunque una vergogna che una donna (come un uomo) arrivi al punto di dover fare un passo indietro per non continuare a sentirsi “diversa”. Così Martina Scavelli, arbitro di pallavolo di Serie B a Catanzaro, ha deciso di dimettersi dalla Federvolley, annunciando la sua decisione con un post su Facebook. Il motivo è tanto semplice quanto drammatico: era stanca di essere pesata prima di ogni singola partita. Oltretutto, essere sottoposta a questa umiliazione, l’ha fatta anche sentire un’emarginata in quell’ambiente, da quello sport che invece tanto ama.

Quante volte abbiamo scritto, raccontato, letto di episodi di discriminazione a causa del peso, indignandoci per il trattamento riservato a queste persone, anche giovanissime, anche atleti e atlete professioniste. Tra l’altro, la maggior parte delle volte, assolutamente ingiustificate e non perché chi è più in carne debba essere insultato o offeso per il suo aspetto fisico. Ma si pensi allo scandalo Farfalle, con la denuncia delle campionesse di ginnastica ritmica, o alle colleghe dell’artistica, alle ballerine, tutte sottoposte a rigide misure di ‘contenimento’ del peso… Non facciamo di tutta un’erba un fascio, sono casi limite, ma esempi del genere esistono. E ce lo dimostra anche chi, dal campo di gara, rimane ai margini, le gare le dirige e non le disputa. “Egonu, tu sei nera, IO SONO GRASSA!“, scrive nel suo post Martina Scavelli, riferendosi alla fortissima schiacciatrice italiana che, anche dal palco del Festival di Sanremo, aveva raccontato di essere da sempre vittima di razzismo nel nostro Paese. “Non sopporto più di essere misurata e pesata come si fa con le vacche!”, aggiunge l’ex arbitro di volley.

Paola Egonu sul palco dell’Ariston, co-conduttrice della terza serata al Festival di Sanremo. La pallavolista 24enne ha portato un monologo sul razzismo

Queste le parole della donna, che sui Facebook ribadisce come lo sport, in generale, debba essere un ambiente inclusivo, che unisce e non che emargina. “E io non voglio più essere messa all’angolo per qualche centimetro o qualche chilo in più!“.

Ho superato i valori previsti di BMI e circonferenza addominale (nulla di eccessivo).
Ho ricevuto una penalizzazione di 3 punti nell’ambito del punteggio Dirigenti di Settore e l’esonero dall’impiego fino al raggiungimento dei valori previsti.
La penalizzazione mi porterà, a fine stagione, a passare dalla serie B al campionato regionale, facendo un enorme passo indietro.
Parametri fuori norma, certo, ma di poco. Un poco che non scalfisce la qualità del mio servizio. Come se tre dita in più sul mio girovita potessero mettere a rischio una partita di pallavolo che, tra l’altro, non prevede che l’arbitro corra per il campo come succede nel calcio.
Le regole sono regole, io le ho accettate e le rispetto, ma non vuol dire che siano sacre e immutabili.

Martina Scavelli ha iniziato a lavorare con la Federvolley nel 2007. Ora, a febbraio 2023, ha deciso di dimettersi

Insomma non è lei a gareggiare, a giocare, non deve correre né fare movimenti che richiedano un certo tipo di fisicità magra e longilinea. Ma in base alle regole della Federazione Scavelli non è “giusta” e viene penalizzata. Accetta di buon grado, perché ama quello sport e non vuole rinunciarvi. “Ho operato al servizio della Federazione dal 2007, con grande senso di responsabilità, devozione e disciplina – prosegue -. Sono sempre stata consapevole dei regolamenti legati all’attività di arbitro e ho mantenuto un comportamento scrupolosamente osservante delle regole, anche in merito ai parametri antropometrici.
Mi sono sempre autodenunciata nel momento in cui ho realizzato di superare i parametri imposti. Mi sono sempre autosospesa“. Una passione talmente forte che l’ha portata fino al limite. Poi però il vaso della sopportazione si è rotto:

Non sono disposta ad accettare che una carriera fondata sui sacrifici e sul massimo rispetto possa essere “calpestata” da imposizioni del genere che non prevedono soglie di tolleranza.
Ho deciso di dire BASTA, per me e per tutti i GRASSI.
BASTA a delle regole che non sempre vengono fatte valere erga omnes.
BASTA alle vedute ristrette.
BASTA a un sistema che non si interroga se qui chili in più nascano da problemi di salute o periodi particolari della propria vita.
BASTA a chi si basa sui numeri e sotterra le emozioni.

Martina Scavelli sceglie quindi di mettere al primo posto “La salute mentale, l’integrità di un individuo, la passione e il sacrificio di un essere umano” che giustamente hanno un valore troppo più grande rispetto alla taglia indossata. “Da oggi inizia la mia battaglia per superare la discriminazione imposta da certe norme – scrive ancora nel suo post, pubblicato il 14 febbraio -. Aiutatemi a fare la sentire la mia voce perché non è solo la mia voce. Sono grassa sì! Ma anche di contenuti, voglia di lottare e speranza. Buona festa degli innamorati – conclude -. Io oggi ho scelto di amarmi un po’ di più!“.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Si ritira perché grassa. No, non è uno scherzo e lei non è un'atleta con un fisico "non conforme" agli standard imposti. Ma poco importa. È comunque una vergogna che una donna (come un uomo) arrivi al punto di dover fare un passo indietro per non continuare a sentirsi "diversa". Così Martina Scavelli, arbitro di pallavolo di Serie B a Catanzaro, ha deciso di dimettersi dalla Federvolley, annunciando la sua decisione con un post su Facebook. Il motivo è tanto semplice quanto drammatico: era stanca di essere pesata prima di ogni singola partita. Oltretutto, essere sottoposta a questa umiliazione, l'ha fatta anche sentire un'emarginata in quell'ambiente, da quello sport che invece tanto ama. Quante volte abbiamo scritto, raccontato, letto di episodi di discriminazione a causa del peso, indignandoci per il trattamento riservato a queste persone, anche giovanissime, anche atleti e atlete professioniste. Tra l'altro, la maggior parte delle volte, assolutamente ingiustificate e non perché chi è più in carne debba essere insultato o offeso per il suo aspetto fisico. Ma si pensi allo scandalo Farfalle, con la denuncia delle campionesse di ginnastica ritmica, o alle colleghe dell'artistica, alle ballerine, tutte sottoposte a rigide misure di 'contenimento' del peso... Non facciamo di tutta un'erba un fascio, sono casi limite, ma esempi del genere esistono. E ce lo dimostra anche chi, dal campo di gara, rimane ai margini, le gare le dirige e non le disputa. "Egonu, tu sei nera, IO SONO GRASSA!", scrive nel suo post Martina Scavelli, riferendosi alla fortissima schiacciatrice italiana che, anche dal palco del Festival di Sanremo, aveva raccontato di essere da sempre vittima di razzismo nel nostro Paese. "Non sopporto più di essere misurata e pesata come si fa con le vacche!", aggiunge l'ex arbitro di volley.
Paola Egonu sul palco dell'Ariston, co-conduttrice della terza serata al Festival di Sanremo. La pallavolista 24enne ha portato un monologo sul razzismo
Queste le parole della donna, che sui Facebook ribadisce come lo sport, in generale, debba essere un ambiente inclusivo, che unisce e non che emargina. "E io non voglio più essere messa all'angolo per qualche centimetro o qualche chilo in più!".
Ho superato i valori previsti di BMI e circonferenza addominale (nulla di eccessivo). Ho ricevuto una penalizzazione di 3 punti nell'ambito del punteggio Dirigenti di Settore e l'esonero dall'impiego fino al raggiungimento dei valori previsti. La penalizzazione mi porterà, a fine stagione, a passare dalla serie B al campionato regionale, facendo un enorme passo indietro. Parametri fuori norma, certo, ma di poco. Un poco che non scalfisce la qualità del mio servizio. Come se tre dita in più sul mio girovita potessero mettere a rischio una partita di pallavolo che, tra l'altro, non prevede che l'arbitro corra per il campo come succede nel calcio. Le regole sono regole, io le ho accettate e le rispetto, ma non vuol dire che siano sacre e immutabili.
Martina Scavelli ha iniziato a lavorare con la Federvolley nel 2007. Ora, a febbraio 2023, ha deciso di dimettersi
Insomma non è lei a gareggiare, a giocare, non deve correre né fare movimenti che richiedano un certo tipo di fisicità magra e longilinea. Ma in base alle regole della Federazione Scavelli non è "giusta" e viene penalizzata. Accetta di buon grado, perché ama quello sport e non vuole rinunciarvi. "Ho operato al servizio della Federazione dal 2007, con grande senso di responsabilità, devozione e disciplina - prosegue -. Sono sempre stata consapevole dei regolamenti legati all'attività di arbitro e ho mantenuto un comportamento scrupolosamente osservante delle regole, anche in merito ai parametri antropometrici. Mi sono sempre autodenunciata nel momento in cui ho realizzato di superare i parametri imposti. Mi sono sempre autosospesa". Una passione talmente forte che l'ha portata fino al limite. Poi però il vaso della sopportazione si è rotto:
Non sono disposta ad accettare che una carriera fondata sui sacrifici e sul massimo rispetto possa essere "calpestata" da imposizioni del genere che non prevedono soglie di tolleranza. Ho deciso di dire BASTA, per me e per tutti i GRASSI. BASTA a delle regole che non sempre vengono fatte valere erga omnes. BASTA alle vedute ristrette. BASTA a un sistema che non si interroga se qui chili in più nascano da problemi di salute o periodi particolari della propria vita. BASTA a chi si basa sui numeri e sotterra le emozioni.
Martina Scavelli sceglie quindi di mettere al primo posto "La salute mentale, l'integrità di un individuo, la passione e il sacrificio di un essere umano" che giustamente hanno un valore troppo più grande rispetto alla taglia indossata. "Da oggi inizia la mia battaglia per superare la discriminazione imposta da certe norme - scrive ancora nel suo post, pubblicato il 14 febbraio -. Aiutatemi a fare la sentire la mia voce perché non è solo la mia voce. Sono grassa sì! Ma anche di contenuti, voglia di lottare e speranza. Buona festa degli innamorati - conclude -. Io oggi ho scelto di amarmi un po' di più!".
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