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Home » Sport » Mondiali calcio 2022: perché quella che si giocherà in Qatar è già una partita persa

Mondiali calcio 2022: perché quella che si giocherà in Qatar è già una partita persa

Diritti umani violati, migliaia di morti sul lavoro, donne e comunità Lgbtq+ tutt'altro che benvenuti. La Coppa del Mondo della discordia sta per iniziare

Giovanni Pierozzi
19 Novembre 2022
Il 20 novembre iniziano i Mondiali di calcio in Qatar

Il 20 novembre iniziano i Mondiali di calcio in Qatar

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Non è certo la privazione più grave che gli organizzatori del Mondiale abbiano deciso finora, ma è l’ultima in ordine di tempo e di certo sarà una delle più dibattute dai tifosi: “A seguito di discussioni tra le autorità del Paese ospitante e la FIFA, è stata presa la decisione di concentrare la vendita di bevande alcoliche nel FIFA Fan Festival, in altre destinazioni per i fan e in luoghi autorizzati, rimuovendo i punti vendita della birra dai perimetri dello stadio della Coppa del Mondo FIFA 2022 del Qatar”. Questo è il comunicato ufficiale della Federazione internazionale di calcio. Le partite devono ancora iniziare, ma per certi versi sembra che alcune sfide si siano già concluse, con pesanti sconfitte. La “squadra” che più di tutti risulta battuta sono gli organizzatori, nello specifico le autorità del Qatar.

I Mondiali di Calcio 2022 si giocheranno nell’emirato del Qatar dal 20 novembre al 18 dicembre 2022

Il piccolo emirato, come Paese ospitante, sembra già sconfitto: ha subito svariati gol, o potremmo dire autogol. Quello dei diritti umani violati in modo palese e quasi senza vergogna è il peggiore, i dati lo dimostrano: il quotidiano inglese Guardian conferma che dal 2010, quando la FIFA ha assegnato i Mondiali di calcio al ricco Paese della penisola arabica, nella costruzione di stadi e impianti sportivi, metropolitane ed edifici pubblici per l’accoglienza sono morti circa 6500 lavoratori migranti accertati, provenienti soprattutto da Paesi poveri come India, Bangladesh, Pakistan, Nepal e Sri Lanka. Questi, la manodopera a basso costo che primeggia in tutto il mondo, risultano essere stati trattati in condizioni di vera e propria schiavitù, con paghe bassissime, turni di lavoro indecenti, in un ambiente dove le temperature superano senza difficoltà i 45 gradi. Le morti sono state ufficialmente attribuite a cause naturali, in realtà dalle indagini molte risultano suicidi per il troppo lavoro, arresti cardiaci dovuti allo sforzo, agli stenti legati alle “abitazioni” in cui erano stati posti dal governo qatariota ecc. Un rapporto di Amnesty International ha calcolato che, per il risarcimento alle famiglie dei lavoratori, deceduti e non, la FIFA dovrebbe versare in totale 440 milioni di dollari.

Un’occasione non sfruttata

mondiali qatar
Sarebebro oltre 6500 i lavoratori migranti morti nella realizzazione delle strutture per i Mondiali in Qatar

Data la visibilità nell’ospitare uno degli eventi più importanti e seguiti al mondo in ambito sportivo, pari solo ai Giochi olimpici, il Qatar aveva la possibilità di presentarsi come un Paese all’avanguardia dal punto di vista economico, sociale e di attenzione ai diritti. I soldi certo non mancano, ma per il resto possiamo dirlo già ora, un’altra sconfitta. Il tema dei diritti per le donne è il primo autogol di questa partita: molte le testimonianze di restrizioni e abusi domestici, tantissimi i casi di depressione e autolesionismo, fino ad arrivare al suicidio. Negli stadi è stata bandita la bandiera arcobaleno, simbolo della comunità Lgbtq+. La giustificazione è semplice: se qualcuno vuole sostenere orientamenti sessuali e identità di genere diversi da quelli considerati legali nel Paese, dovrebbe farlo in una società dove questi vengono accettati. Le autorità, infatti, non saranno tenute a difendere tifosi arcobaleno da quelli locali. Come a dire: “Non siamo noi a vietarlo, sono i cittadini“. Uno scaricabarile vero e proprio.

Un altro autogol proviene dall’ambasciatore dei Mondiali, Khalid Salman, che poche settimane fa, in un’intervista ad una televisione tedesca, ha dichiarato: “l’omosessualità è una malattia mentale“. In effetti, in Qatar, l’omosessualità è severamente vietata, con pene che arrivano a 7 anni di carcere. Insomma, non proprio una Paese aperto a tutti, come almeno dovrebbe esserlo uno che ospita un evento come questo. Al contrario, la repressione è all’ordine del giorno, come accade tipicamente in una monarchia ereditaria assoluta (meglio conosciuta come emirato), come lo sono anche il Kuwaiut, Dubai o gli Emirati Arabi Uniti, nei quali è la Shari’a (o “legge di Dio” in lingua araba) a comandare.
Ma non finisce qui. Sembra che il governo del Qatar abbia assoldato falsi tifosi per dimostrare che l’evento sarà un successone. Peccato che nei video che circolano sul web, che mostrano alcune tifoserie già presenti a Doha, si ha la netta sensazione che a girarli sia la stessa persona, poiché vengono utilizzate le stesse inquadrature, angolazioni, movimenti e gesti dei “tifosi”, tutti vestiti a mo’ di recita scolastica.

Pantone realizza una bandiera a supporto della comunità Lgbtq+ senza utilizzare i colori arcobaleno vietati in Qatar

Il calcio però non ci sta

Per fortuna però in questa situazione sull’orlo del disastro, non tutto è perduto. Il mondo del calcio, infatti, sembra aver detto no a tutti questi autogol: la Francia ha vietato i maxischermi nelle proprie piazze per protesta. Lo sponsor della Danimarca, il marchio Hummel, si è autocensurato per protestare sulle morti dei lavoratori. La stessa nazionale del nord Europa aveva di recente chiesto di poter indossare sulla propria maglia la scritta “diritti umani per tutti“, ma la FIFA in questo caso ha detto no. I capitani di molte nazionali presenti al torneo, come Harry Kane per l’Inghilterra e Manuel Neuer per la Germania, hanno fatto richiesta alla FIFA per poter indossare le fasce da capitano con i colori Lgbtq+.
Insomma, la presenza per la prima volta di tre arbitri donna, anche se incoraggiante, di certo non basta a nascondere crepe enormi sulla gestione, organizzazione e soprattutto sulla scelta da parte delle istituzioni calcistiche di scegliere il Qatar per ospitare i Mondiali. Vedremo come andrà, ma sicuramente le polemiche non finiscono qui, come non finiranno qui gli autogol.

 

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È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l’unica persona trans italiana sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti.

#lucenews #lucysalani #dachau
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  • Elaheh Tavakolian, l’iraniana diventata uno dei simboli della lotta nel suo Paese, è arrivata in Italia. Nella puntata del 21 marzo de “Le Iene”, tra i servizi del programma di Italia 1, c’è anche la storia della giovane donna, ferita a un occhio dalla polizia durante le proteste in Iran. Nella puntata andata in onda la scorsa settimana, l’inviata de “Le Iene” aveva incontrato la donna in Turchia, durante la sua fuga disperata dall’Iran, dove ormai era troppo pericoloso vivere. 

“Ho molta paura. Vi prego, qui potrebbero uccidermi” raccontava l’attivista a Roberta Rei. Già in quell’occasione, Elaheh Tavakolian era apparsa con una benda sull’occhio, a causa di una grave ferita causatale da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine iraniane durante le manifestazioni a cui ha preso parte dopo la morte di Mahsa Amini.

Elaheh Tavakolian fa parte di quelle centinaia di iraniani che hanno subito gravi ferite agli occhi dopo essere stati colpiti da pallottole, lacrimogeni, proiettili di gomma o altri proiettili usati dalle forze di sicurezza durante le dure repressioni che vanno avanti ormai da oltre sei mesi. La ragazza, che ha conseguito un master in commercio internazionale e ora lavora come contabile, ha usato la sua pagina Instagram per rivelare che le forze di sicurezza della Repubblica islamica stavano deliberatamente prendendo di mira gli occhi dei manifestanti. 

✍ Barbara Berti

#lucenews #lucelanazione #ElahehTavakolian #iran #leiene
  • Ha 19 anni e vorrebbe solo sostenere la Maturità. Eppure alla richiesta della ragazza la scuola dice di no. Nina Rosa Sorrentino è nata con la sindrome di Down, e quel diritto che per tutte le altre studentesse e studenti è inviolabile per lei è invece un’utopia.

Il liceo a indirizzo Scienze Umane di Bologna non le darà la possibilità di diplomarsi con i suoi compagni e compagne, svolgendo le prove che inizieranno il prossimo 21 giugno. La giustificazione – o la scusa ridicola, come quelle denunciate da CoorDown nella giornata mondiale sulla sindrome di Down – dell’istituto per negarle questa possibilità è stata che “per lei sarebbe troppo stressante“.

Così Nina si è ritirata da scuola a meno di tre mesi dalla fine della quinta. Malgrado la sua famiglia, fin dall’inizio del triennio, avesse chiesto agli insegnanti di cambiare il Pei (piano educativo individualizzato) della figlia, passando dal programma differenziato per gli alunni certificati a quello personalizzato per obiettivi minimi o equipollenti, che prevede l’ammissione al vero e proprio esame di Maturità. Ma il liceo Sabin non ha assecondato la loro richiesta.

Francesca e Alessandro Sorrentino avevano trovato una sponda di supporto nel Ceps di Bologna (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), in CoorDown e nei docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, che si sono detti tutti disponibili per realizzare un progetto-pilota per la giovane studentessa e la sua classe. Poi, all’inizio di marzo, la doccia fredda: è arrivato il no definitivo da parte del consiglio di classe, preoccupato che per la ragazza la Maturità fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione“, come ha scritto la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo di questa storia tutt’altro che inclusiva.

“Il perché è quello che ci tormenta – aggiungono i genitori –. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”.

#lucenews #lucelanazione #disabilityinclusion #giornatamondialedellasindromedidown
Non è certo la privazione più grave che gli organizzatori del Mondiale abbiano deciso finora, ma è l’ultima in ordine di tempo e di certo sarà una delle più dibattute dai tifosi: "A seguito di discussioni tra le autorità del Paese ospitante e la FIFA, è stata presa la decisione di concentrare la vendita di bevande alcoliche nel FIFA Fan Festival, in altre destinazioni per i fan e in luoghi autorizzati, rimuovendo i punti vendita della birra dai perimetri dello stadio della Coppa del Mondo FIFA 2022 del Qatar". Questo è il comunicato ufficiale della Federazione internazionale di calcio. Le partite devono ancora iniziare, ma per certi versi sembra che alcune sfide si siano già concluse, con pesanti sconfitte. La “squadra” che più di tutti risulta battuta sono gli organizzatori, nello specifico le autorità del Qatar.
I Mondiali di Calcio 2022 si giocheranno nell'emirato del Qatar dal 20 novembre al 18 dicembre 2022
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Data la visibilità nell'ospitare uno degli eventi più importanti e seguiti al mondo in ambito sportivo, pari solo ai Giochi olimpici, il Qatar aveva la possibilità di presentarsi come un Paese all’avanguardia dal punto di vista economico, sociale e di attenzione ai diritti. I soldi certo non mancano, ma per il resto possiamo dirlo già ora, un'altra sconfitta. Il tema dei diritti per le donne è il primo autogol di questa partita: molte le testimonianze di restrizioni e abusi domestici, tantissimi i casi di depressione e autolesionismo, fino ad arrivare al suicidio. Negli stadi è stata bandita la bandiera arcobaleno, simbolo della comunità Lgbtq+. La giustificazione è semplice: se qualcuno vuole sostenere orientamenti sessuali e identità di genere diversi da quelli considerati legali nel Paese, dovrebbe farlo in una società dove questi vengono accettati. Le autorità, infatti, non saranno tenute a difendere tifosi arcobaleno da quelli locali. Come a dire: "Non siamo noi a vietarlo, sono i cittadini". Uno scaricabarile vero e proprio. Un altro autogol proviene dall'ambasciatore dei Mondiali, Khalid Salman, che poche settimane fa, in un'intervista ad una televisione tedesca, ha dichiarato: "l'omosessualità è una malattia mentale". In effetti, in Qatar, l'omosessualità è severamente vietata, con pene che arrivano a 7 anni di carcere. Insomma, non proprio una Paese aperto a tutti, come almeno dovrebbe esserlo uno che ospita un evento come questo. Al contrario, la repressione è all'ordine del giorno, come accade tipicamente in una monarchia ereditaria assoluta (meglio conosciuta come emirato), come lo sono anche il Kuwaiut, Dubai o gli Emirati Arabi Uniti, nei quali è la Shari'a (o “legge di Dio” in lingua araba) a comandare. Ma non finisce qui. Sembra che il governo del Qatar abbia assoldato falsi tifosi per dimostrare che l'evento sarà un successone. Peccato che nei video che circolano sul web, che mostrano alcune tifoserie già presenti a Doha, si ha la netta sensazione che a girarli sia la stessa persona, poiché vengono utilizzate le stesse inquadrature, angolazioni, movimenti e gesti dei "tifosi", tutti vestiti a mo' di recita scolastica.
Pantone realizza una bandiera a supporto della comunità Lgbtq+ senza utilizzare i colori arcobaleno vietati in Qatar

Il calcio però non ci sta

Per fortuna però in questa situazione sull'orlo del disastro, non tutto è perduto. Il mondo del calcio, infatti, sembra aver detto no a tutti questi autogol: la Francia ha vietato i maxischermi nelle proprie piazze per protesta. Lo sponsor della Danimarca, il marchio Hummel, si è autocensurato per protestare sulle morti dei lavoratori. La stessa nazionale del nord Europa aveva di recente chiesto di poter indossare sulla propria maglia la scritta "diritti umani per tutti", ma la FIFA in questo caso ha detto no. I capitani di molte nazionali presenti al torneo, come Harry Kane per l'Inghilterra e Manuel Neuer per la Germania, hanno fatto richiesta alla FIFA per poter indossare le fasce da capitano con i colori Lgbtq+. Insomma, la presenza per la prima volta di tre arbitri donna, anche se incoraggiante, di certo non basta a nascondere crepe enormi sulla gestione, organizzazione e soprattutto sulla scelta da parte delle istituzioni calcistiche di scegliere il Qatar per ospitare i Mondiali. Vedremo come andrà, ma sicuramente le polemiche non finiscono qui, come non finiranno qui gli autogol.  
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