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Home » Sport » No alle bandiere arcobaleno ai Mondiali di calcio in Qatar: “Non possiamo cambiare le leggi”

No alle bandiere arcobaleno ai Mondiali di calcio in Qatar: “Non possiamo cambiare le leggi”

Il simbolo Lgbtq+ per eccellenza bandito dagli stadi per il Campionato che prenderà il via a fine novembre: "Se un tifoso alzerà quella bandiera e io gliela porterò via" avverte il generale Abdulaziz Abdullah al-Ansari

Marianna Grazi
5 Aprile 2022
Tifosi bandiera arcobaleno mondiali

Tifosi bandiera arcobaleno mondiali

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Uno degli stadi del Qatar dove saranno giocate le partite della Coppa del Mondo di calcio 2022

Vietato sventolare o esporre la bandiera arcobaleno ai Mondiali di calcio in Qatar. L’avvertimento, lanciato dal responsabile per la sicurezza della manifestazione, il generale Abdulaziz Abdullah al-Ansari, in alcune interviste ai media internazionali, arriva con larghissimo anticipo, a quasi otto mesi dal fischio di inizio del Campionato, che si svolgerà dal 21 novembre al 18 dicembre prossimi. Ma certo non stupisce che miri a colpire uno dei più famosi simboli della comunità Lgbtq+, dato che nello stato ospitante l’omosessualità è ancora un reato. O meglio, è illegale per gli uomini, mentre formalmente tra le donne non viene proibita, ma in generale non vi è alcun riconoscimento giuridico per le coppie gay.

“Se un tifoso alzerà la bandiera arcobaleno e io gliela porterò via, non è perché voglio davvero farlo: non è un insulto ma un gesto per proteggerlo, perché se non lo farò io, qualcun altro intorno potrebbe attaccarlo – ha spiegato il presidente del Comitato nazionale antiterrorismo del ministero dell’Interno -. Non posso garantire per il comportamento delle altre persone. Gli dirò: ‘per favore, non c’è bisogno di alzare davvero quella bandiera, qui allo stadio. Vuoi dimostrare la tua opinione sulla situazione, fallo in una società in cui sarà accettata‘”. Insomma secondo il funzionario della sicurezza le bandiere arcobaleno sugli spalti potrebbero essere confiscate per prevenire attacchi da parte di tifosi presenti e non per ‘volere’ del governo stesso.

bandiere arcobaleno
Il generale Abdulaziz Abdullah al-Ansari ha avvertito la stampa internazionale che ai Mondiali di calcio in Qatar saranno confiscate tutte le eventuali bandiere arcobaleno esposte dai tifosi

Gli organizzatori infatti,  già alcuni mesi fa, avevano già anticipato che ai mondiali sarà sì concessa la presenza di coppie gay purché evitino effusioni in pubblico, sia tra i tifosi che in campo. Tolleranza zero, dunque, su qualsiasi espressione di sostegno alla comunità Lgbt, bandiere o baci che siano. “Prenotare la stanza insieme, dormire insieme, questo è qualcosa che non ci riguarda – ha specificato il generale al-Ansari – siamo qui per gestire il torneo. Non andiamo oltre. Qui non possiamo cambiare le leggi. Non puoi cambiare religione per 28 giorni di Coppa del Mondo. I tifosi hanno comprato il biglietto per vedere la partita, non per venire allo stadio e fare un gesto politico o difendere un ideale”. Lo sport rimanga sport e la politica ne stia fuori, sembra voler dire il presidente del Comitato nazionale antiterrorismo. Peccato che, come dimostrano i recenti Giochi Paralimpici invernali o il Campionato Europeo di Calcio, non è possibile lasciare il mondo esterno, con tutti i suoi problemi, le rivendicazioni per i diritti, le battaglie sociali, fuori dagli stadi. E nemmeno la pace (o almeno il simbolo che la rappresenta, così come identifica la comunità Lgbtq+) potrà essere ‘vietata’ così facilmente.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Uno degli stadi del Qatar dove saranno giocate le partite della Coppa del Mondo di calcio 2022
Vietato sventolare o esporre la bandiera arcobaleno ai Mondiali di calcio in Qatar. L'avvertimento, lanciato dal responsabile per la sicurezza della manifestazione, il generale Abdulaziz Abdullah al-Ansari, in alcune interviste ai media internazionali, arriva con larghissimo anticipo, a quasi otto mesi dal fischio di inizio del Campionato, che si svolgerà dal 21 novembre al 18 dicembre prossimi. Ma certo non stupisce che miri a colpire uno dei più famosi simboli della comunità Lgbtq+, dato che nello stato ospitante l'omosessualità è ancora un reato. O meglio, è illegale per gli uomini, mentre formalmente tra le donne non viene proibita, ma in generale non vi è alcun riconoscimento giuridico per le coppie gay. "Se un tifoso alzerà la bandiera arcobaleno e io gliela porterò via, non è perché voglio davvero farlo: non è un insulto ma un gesto per proteggerlo, perché se non lo farò io, qualcun altro intorno potrebbe attaccarlo - ha spiegato il presidente del Comitato nazionale antiterrorismo del ministero dell'Interno -. Non posso garantire per il comportamento delle altre persone. Gli dirò: 'per favore, non c'è bisogno di alzare davvero quella bandiera, qui allo stadio. Vuoi dimostrare la tua opinione sulla situazione, fallo in una società in cui sarà accettata'". Insomma secondo il funzionario della sicurezza le bandiere arcobaleno sugli spalti potrebbero essere confiscate per prevenire attacchi da parte di tifosi presenti e non per 'volere' del governo stesso.
bandiere arcobaleno
Il generale Abdulaziz Abdullah al-Ansari ha avvertito la stampa internazionale che ai Mondiali di calcio in Qatar saranno confiscate tutte le eventuali bandiere arcobaleno esposte dai tifosi
Gli organizzatori infatti,  già alcuni mesi fa, avevano già anticipato che ai mondiali sarà sì concessa la presenza di coppie gay purché evitino effusioni in pubblico, sia tra i tifosi che in campo. Tolleranza zero, dunque, su qualsiasi espressione di sostegno alla comunità Lgbt, bandiere o baci che siano. "Prenotare la stanza insieme, dormire insieme, questo è qualcosa che non ci riguarda - ha specificato il generale al-Ansari - siamo qui per gestire il torneo. Non andiamo oltre. Qui non possiamo cambiare le leggi. Non puoi cambiare religione per 28 giorni di Coppa del Mondo. I tifosi hanno comprato il biglietto per vedere la partita, non per venire allo stadio e fare un gesto politico o difendere un ideale". Lo sport rimanga sport e la politica ne stia fuori, sembra voler dire il presidente del Comitato nazionale antiterrorismo. Peccato che, come dimostrano i recenti Giochi Paralimpici invernali o il Campionato Europeo di Calcio, non è possibile lasciare il mondo esterno, con tutti i suoi problemi, le rivendicazioni per i diritti, le battaglie sociali, fuori dagli stadi. E nemmeno la pace (o almeno il simbolo che la rappresenta, così come identifica la comunità Lgbtq+) potrà essere 'vietata' così facilmente.
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