Main Partner
Partner
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Evento 2022
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Evento 2022
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce

Home » Sport » Olimpiadi? I Cinque cerchi sono anche quelli di separazione. Storie di barriere di genere infrante

Olimpiadi? I Cinque cerchi sono anche quelli di separazione. Storie di barriere di genere infrante

Nello sport è ancora presente una disparità di trattamento tra uomini e donne. Ma il divario si sta assottigliando, grazie alle conquiste degli ultimi anni

Giovanni Bogani
3 Gennaio 2023
Dalla partita di tennis tra Billie Jean King e Bobby Riggs, chiamata "La battaglia dei sessi" è stato tratto il film omonimo con Emma Stone e  Steve Carell

Dalla partita di tennis tra Billie Jean King e Bobby Riggs, chiamata "La battaglia dei sessi" è stato tratto il film omonimo con Emma Stone e Steve Carell

Share on FacebookShare on Twitter

Si chiama “Cinque cerchi di separazione. Storie di barriere di genere infrante dallo sport“. È il libro che Federico Greco, storico dello sport e creatore del sito calcioromantico.com, ha pubblicato per Paginauno. Racconta storie di donne e di sport: la storia di una discriminazione di genere in alcuni casi vinta. Le donne stanno conquistando traguardi sempre più importanti. Dal 1° luglio di quest’anno le calciatrici della serie A possono avere contratti professionistici: insieme alle golfiste, sono le sole atlete professioniste nel nostro Paese.

Sara Gama e Barbara Bonansea, calciatrici della Juventus e della nazionale italiana, da luglio potranno avere contratti professionistici come tutte le giocatrici della Serie A

La storia della conquista dello sport da parte delle donne parte, come ricostruisce nel suo libro Federico Greco, da molto lontano. E si incrocia da sempre con due altre discriminazioni: quella razziale e quella di classe. De Coubertin, l’inventore delle moderne Olimpiadi, immaginava un atleta bianco e aristocratico, o quanto meno benestante: qualcuno che non aveva bisogno di guadagnare dallo spot. Le donne? Le donne erano tenute lontane dallo sport, che – si pensava – poteva pregiudicare la loro funzione considerata più importante: la fertilità e la maternità. Ma già dalle Olimpiadi di Parigi del 1900 le donne vennero ammesse ad alcune specialità: gli sport “eleganti”, quelli nei quali lo sforzo fisico sembrava minore. Alle prossime Olimpiadi di Parigi, che si terranno nel 2024, 124 anni dopo, per la prima volta il numero di atleti maschi e femmine sarà uguale. Ma i “cinque cerchi di separazione” di cui parla Federico Greco includono anche molte storie di discriminazione, di obiettivi non raggiunti, di rifiuti.

Kathrine Switzer fu tra le prime donne a correre una maratona, quella di Boston del 1967, ma venne fermata durante la corsa quando i giudici scoprirono che era una donna

Stamata Revithi, una donna greca, voleva correre la Maratona alle Olimpiadi di Atene del 1896: le fu proibito di partecipare. E non andò meglio, nel 1967, a Kathrine Switzer che si iscrisse alla Maratona di Boston come K.V. Switzer: appena si resero conto che si trattava di una donna, i giudici la spinsero letteralmente fuori dal percorso. Sei anni dopo, sulla terra battuta sarebbe andata in scena quella partita di tennis mitica – e, in molti sensi, epocale – che oppose la campionessa Billie Jean King al maschio Bobby Riggs: era il 1973, e la partita – trasmessa in tv – fu conosciuta come “la battaglia dei sessi”. Mentre, per quanto riguarda la discriminazione razziale, ci pensò Althea Gibson, nel 1956, prima afroamericana a vincere un Grande Slam, aggiudicandosi il Roland Garros. Ci sono, oggi, altre questioni. Quella del non binarismo, cioè delle persone che non si identificano nelle categorie uomo/donna, esplosa con il caso della sudafricana Caster Semenya, campionessa olimpica degli 800 metri piani, e tre volte campionessa mondiale della stessa specialità. Nel 2009 fu costretta a eseguire un test del sesso, i cui risultati non vennero resi noti, a tutela della sua privacy: ma i risultati del test le permisero di tornare a gareggiare con effetto immediato. C’è la questione dell’assenza di donne nei ruoli dirigenziali dello sport: e ovviamente, il gender pay gap, la differenza di retribuzione fra uomini e donne che fanno lo stesso sport, raggiungono gli stessi traguardi, ma non guadagnano gli stessi soldi.

Potrebbe interessarti anche

Nicoletta Sipos
Attualità

Nicoletta Sipos: “Vi racconto la Seconda guerra mondiale attraverso gli occhi di un bambino tedesco”

25 Gennaio 2023
Beyonce in duetto con la figlia Blue Ivy Carter
Spettacolo

Beyoncé torna in scena a Dubai e duetta con la figlia Blue Ivy Carter. Ma c’è chi critica

23 Gennaio 2023
Fabrizia Pons
Sport

Chi è Fabrizia Pons, la prima donna del rally che a 67 anni non ha ancora voglia di fermarsi

23 Gennaio 2023

Instagram

  • Nicoletta Sipos, giornalista e scrittrice, ha vissuto in Ungheria, in Germania e negli Stati Uniti, prima di raggiungere Milano e lì restare. Il suo romanzo “La guerra di H”, un romanzo fortemente ispirato a fatti realmente accaduti.

L’autrice indaga in maniera del tutto nuova e appassionante un momento drammatico, decisivo della storia del nostro continente: la Seconda guerra mondiale. A raccontare l’ascesa e la disfatta del Nazismo è stavolta la voce di un bambino tedesco, che riporta con semplicità e veracità le molte sofferenze patite dal suo popolo durante il conflitto scatenato da Hitler, focalizzando l’attenzione del lettore sul drammatico paradigma che accomuna chiunque si trovi a vivere sulla propria pelle una guerra: la sofferenza. Pagine toccanti, le sue, tanto più intense perché impregnate di fatti reali, emozioni provate e sentite dai protagonisti e condivise da quanti, tuttora, si trovano coinvolti in un conflitto armato. La memoria collettiva è uno strumento potente per non commettere gli stessi errori. 

"Imparai poco alla volta – scrive il piccolo Heinrich Stein, protagonista del romanzo – che nel nostro strano Paese la verità aveva più volti con infinite sfumature”.

👉Perché una storia così e perché ora?
“Ho incontrato il protagonista di questa mia storia molto tempo fa, addirittura negli anni ’50, ossia in un’epoca che portava ancora gli strascichi della guerra. Diventammo amici, parlammo di Hitler e della miseria della Germania. Poco per volta, via via che ci incontravamo, lui aggiungeva ricordi, dettagli, confessioni. Per anni ho portato dentro di me la testimonianza di questa storia che si arricchiva sempre più di dettagli. Molte volte avrei voluto scriverla, magari a quattro mani con il mio amico, ma lui non se la sentiva. Io stessa esitavo ad affrontare questa storia che racconta una famiglia tedesca in forte sofferenza in una Germania ferita e umiliata. La gente ha etichettato tutto il popolo tedesco durante il nazismo come crudele per antonomasia. Non si pensa mai a quanto la gente comune abbia sofferto, alla fame e al freddo che anche il popolo tedesco ha patito”.

✍ Caterina Ceccuti

#lucenews #giornodellamemoria #27gennaio
  • È dalla sua camera con vista affacciata sull’Arno che Ornella Vanoni accetta di raccontare un po’ di sé ai lettori di Luce!, in attesa di esibirsi, sabato 28 gennaio sul palco della Tuscany Hall di Firenze, dov’è in programma una nuova tappa della nuova tournée Le Donne e la Musica. Un ritorno atteso per Ornella Vanoni, che in questo tour è accompagnata da un quintetto di sole donne.

Innanzitutto come sta, signora Vanoni?
“Stanca, sono partita due mesi dopo l’intervento al femore che mi sono rotto cadendo per una buca proprio davanti a casa mia. Ma l’incidente non mi ha impedito di intraprendere un progetto inaspettato che, sin da subito, mi è stato molto a cuore. Non ho perso la volontà di andare avanti. Anche se il tempo per prepararlo e provare è stato pochissimo. E poi sono molto dispiaciuta“.

Per cosa?
“La morte dell’orso Juan Carrito, travolto e ucciso da un’auto cercava bacche e miele: la mia carissima amica Dacia (Maraini, ndr) l’altro giorno ha scritto una cosa molto bella dedicata a lui. Dovrò scrollarmi di dosso la malinconia e ricaricarmi in vista del concerto“.

Con lei sul palco ci sarà una jazz band al femminile con Sade Mangiaracina al pianoforte, Eleonora Strino alla chitarra, Federica Michisanti al contrabbasso, Laura Klain alla batteria e Leila Shirvani. Perché questa scelta?
“Perché sono tutte bravissime, professioniste davvero eccezionali. Non è una decisione presa sulla spinta di tematiche legate al genere o alle quote rosa, ma nata grazie a Paolo Fresu, amico e trombettista fantastico del quale sono innamorata da sempre. Tempo fa, durante una chiacchierata, Paolo mi raccontò che al festival jazz di Berchidda erano andate in scena tante musiciste bravissime. E allora ho pensato: ’Se sono così brave perché non fare un gruppo di donne? Certo, non l’ha fatto mai nessuno. Bene, ora lo faccio io“.

Il fatto che siano tutte donne è un valore aggiunto?
“In realtà per me conta il talento, ma sono felice della scelta: è bellissimo sentire suonare queste artiste, vederle sul palco intorno a me mi emoziona“.

L
  • Devanshi Sanghvi è una bambina di otto anni che sarebbe potuta crescere e studiare per gestire l’attività di diamanti multimilionaria appartenente alla sua facoltosissima famiglia, con un patrimonio stimato di 60 milioni di dollari.

Ma la piccola ha scelto di farsi suora, vivendo così una vita spartana, vestita con sari bianchi, a piedi nudi e andando di porta in porta a chiedere l’elemosina. Si è unita ai “diksha” alla presenza di anziani monaci giainisti. La bimba è arrivata alla cerimonia ingioiellata e vestita di sete pregiate. Sulla sua testa poggiava una corona tempestata di diamanti. Dopo la cerimonia, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è rimasta in piedi con altre suore, vestita con un sari bianco che le copriva anche la testa rasata. Nelle fotografie, la si vede con in mano una scopa che ora dovrà usare per spazzare via gli insetti dal suo cammino per evitare di calpestarli accidentalmente.

Di Barbara Berti ✍

#lucenews #lucelanazione #india #DevanshiSanghvi
  • Settanta giorni trascorsi in un mondo completamente bianco, la capitana dell’esercito britannico Harpreet Chandi, che già lo scorso anno si era distinta per un’impresa tra i ghiacci, è una fisioterapista che lavora in un’unità di riabilitazione regionale nel Buckinghamshire, fornendo supporto a soldati e ufficiali feriti. 

Ha dimostrato che i record sono fatti per essere battuti e, soprattutto, i limiti personali superabili grazie alla forza di volontà e alla preparazione. E ora è diventata una vera leggenda vivente, battendo il record del mondo femminile per la più lunga spedizione polare – sola e senza assistenza – della storia.

Il 9 gennaio scorso, 57esimo giorno del viaggio che era cominciato lo scorso 14 novembre, la 34enne inglese ha raggiunto il centro del Polo Sud dopo aver percorso circa 1100 chilometri. Quando è arrivata a destinazione nel bel mezzo della calotta polare era felice, pura e semplice gioia di aver raggiunto l’agognato traguardo: “Il Polo Sud è davvero un posto incredibile dove stare. Non mi sono fermata molto a lungo perché ho ancora un lungo viaggio da fare. È stato davvero difficile arrivare qui, sciando tra le 13 e le 15 ore al giorno con una media di 5 ore di sonno”.

Di Irene Carlotta Cicora ✍

#lucenews #lucelanazione #polosud #HarpreetChandi #polarpreet
Si chiama "Cinque cerchi di separazione. Storie di barriere di genere infrante dallo sport". È il libro che Federico Greco, storico dello sport e creatore del sito calcioromantico.com, ha pubblicato per Paginauno. Racconta storie di donne e di sport: la storia di una discriminazione di genere in alcuni casi vinta. Le donne stanno conquistando traguardi sempre più importanti. Dal 1° luglio di quest’anno le calciatrici della serie A possono avere contratti professionistici: insieme alle golfiste, sono le sole atlete professioniste nel nostro Paese.
Sara Gama e Barbara Bonansea, calciatrici della Juventus e della nazionale italiana, da luglio potranno avere contratti professionistici come tutte le giocatrici della Serie A
La storia della conquista dello sport da parte delle donne parte, come ricostruisce nel suo libro Federico Greco, da molto lontano. E si incrocia da sempre con due altre discriminazioni: quella razziale e quella di classe. De Coubertin, l’inventore delle moderne Olimpiadi, immaginava un atleta bianco e aristocratico, o quanto meno benestante: qualcuno che non aveva bisogno di guadagnare dallo spot. Le donne? Le donne erano tenute lontane dallo sport, che – si pensava – poteva pregiudicare la loro funzione considerata più importante: la fertilità e la maternità. Ma già dalle Olimpiadi di Parigi del 1900 le donne vennero ammesse ad alcune specialità: gli sport "eleganti", quelli nei quali lo sforzo fisico sembrava minore. Alle prossime Olimpiadi di Parigi, che si terranno nel 2024, 124 anni dopo, per la prima volta il numero di atleti maschi e femmine sarà uguale. Ma i "cinque cerchi di separazione" di cui parla Federico Greco includono anche molte storie di discriminazione, di obiettivi non raggiunti, di rifiuti.
Kathrine Switzer fu tra le prime donne a correre una maratona, quella di Boston del 1967, ma venne fermata durante la corsa quando i giudici scoprirono che era una donna
Stamata Revithi, una donna greca, voleva correre la Maratona alle Olimpiadi di Atene del 1896: le fu proibito di partecipare. E non andò meglio, nel 1967, a Kathrine Switzer che si iscrisse alla Maratona di Boston come K.V. Switzer: appena si resero conto che si trattava di una donna, i giudici la spinsero letteralmente fuori dal percorso. Sei anni dopo, sulla terra battuta sarebbe andata in scena quella partita di tennis mitica – e, in molti sensi, epocale – che oppose la campionessa Billie Jean King al maschio Bobby Riggs: era il 1973, e la partita – trasmessa in tv – fu conosciuta come "la battaglia dei sessi". Mentre, per quanto riguarda la discriminazione razziale, ci pensò Althea Gibson, nel 1956, prima afroamericana a vincere un Grande Slam, aggiudicandosi il Roland Garros. Ci sono, oggi, altre questioni. Quella del non binarismo, cioè delle persone che non si identificano nelle categorie uomo/donna, esplosa con il caso della sudafricana Caster Semenya, campionessa olimpica degli 800 metri piani, e tre volte campionessa mondiale della stessa specialità. Nel 2009 fu costretta a eseguire un test del sesso, i cui risultati non vennero resi noti, a tutela della sua privacy: ma i risultati del test le permisero di tornare a gareggiare con effetto immediato. C’è la questione dell’assenza di donne nei ruoli dirigenziali dello sport: e ovviamente, il gender pay gap, la differenza di retribuzione fra uomini e donne che fanno lo stesso sport, raggiungono gli stessi traguardi, ma non guadagnano gli stessi soldi.
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Cos’è Luce!
  • Redazione
  • Board
  • Contattaci
  • Evento 2022

Robin Srl
Società soggetta a direzione e coordinamento di Monrif
Dati societariISSNPrivacyImpostazioni privacy

Copyright© 2021 - P.Iva 12741650159

CATEGORIE
  • Contatti
  • Lavora con noi
  • Concorsi
ABBONAMENTI
  • Digitale
  • Cartaceo
  • Offerte promozionali
PUBBLICITÀ
  • Speed ADV
  • Network
  • Annunci
  • Aste E Gare
  • Codici Sconto