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Home » Sport » Paola Egonu e gli attacchi razzisti: “Un figlio mio? Vivrebbe lo schifo che ho vissuto io”

Paola Egonu e gli attacchi razzisti: “Un figlio mio? Vivrebbe lo schifo che ho vissuto io”

A Sanremo 2023 come co-conduttrice nella serata del 9 febbraio, la pallavolista dice: "Sono cresciuta in un contesto in cui lo standard di bellezza presupponeva l'essere bianca"

Barbara Berti
4 Febbraio 2023
Paola Egonu

Paola Egonu

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“Se mai dovessi avere un figlio di pelle nera, vivrà tutto lo schifo che ho vissuto io. Se dovesse essere di pelle mista, peggio ancora: lo faranno sentire troppo nero per i bianchi e troppo bianco per i neri. Vale la pena, dunque, far nascere un bambino e condannarlo all’infelicità?”. L’interrogativo se lo pone la pallavolista italiana Paola Egonu in una intervista a “Vanity Fair”, a pochi giorni dal suo debutto come co-conduttrice di Sanremo 2023, in programma dal 7 all’11 febbraio. La sportiva sarà sul palco dell’Ariston di Sanremo nella terza serata del festival, giovedì 9  febbraio. Al fianco di Amadeus, conduttore e direttore artistico, sono previste anche Chiara Ferragni (martedì 7 febbraio per la serata di apertura, e per quella finale, l’11), la giornalista Francesca Fagnani (mercoledì 8 febbraio) e Chiara Francini, attrice scrittrice, finta svampita dotata di ironia tagliente (venerdì 10 febbraio).

L'atleta Paola Egonu sarà sul palco del festival di Sanremo 2023 come co-conduttrice nella serata di giovedì 9 febbraio (Instagram)
L’atleta Paola Egonu sarà sul palco del festival di Sanremo 2023 come co-conduttrice nella serata di giovedì 9 febbraio (Instagram)

Paola Egonu, a “Vanity Fair” si racconta a 360 gradi: dagli episodi di razzismo, ai sacrifici legati alla carriera sportiva, fino al timore di mettere al mondo un figlio che potrebbe rivivere tutta la crudeltà che lei, da sempre, ha sperimentato sulla sua pelle.

“A quattro anni ho capito di essere diversa” la 24enne nata a Cittadella, in provincia di Padova, da genitori di nazionalità nigeriana. E aggiunge: “Ero all’asilo e, con un mio amichetto, stavamo strappando l’erba del giardino: ci facevano ridere le radici. La maestra ci ha messo in castigo. Per tre volte le ho chiesto di andare in bagno. Per tre volte mi ha risposto di no. Alla fine ci sono andata di corsa, senza permesso. Troppo tardi: mi ero fatta tutto addosso. La maestra mi ha riso in faccia: ‘Oddio, fai schifo! Ma quanto puzzi!’. E, per il resto del giorno, non mi ha cambiata. Ho dovuto attendere, sporca, l’arrivo di mia madre nel pomeriggio. Ancora oggi, 20 anni dopo, fatico a usare una toilette che non sia quella di casa mia”. Rispetto a quando è stata maltrattata all’asilo, oggi la situazione non è cambiata. “C’è meno razzismo in Italia? No. Capita che mia mamma chieda un caffè al bar e che glielo servano freddo, che in banca lascino entrare la sua amica bianca ma non lei” dice la campionessa, già portabandiera olimpica ai Giochi di Tokyo.

La pallavolista italiana Paola Egonu (Instagram)
La pallavolista italiana Paola Egonu (Instagram)

La giocatrice di pallavolo, presenza fissa nella Nazionale di volley, è stata attaccata e criticata più volte per il colore della pelle. Ecco, chi le ha mosso queste accuse è in cima alla sua lista nera. “Chi non apprezzo? Per esempio quelli che mi insultano chiedendo perché sono italiana. Non sanno niente di me, di noi atlete. Non sanno quanto fatichiamo, quanto siamo stanche, quanto non ci sentiamo all’altezza, quanto a volte vorremmo solo prenderci una pausa da tutto, ma non possiamo”. E spiega: “Non ho nemmeno il tempo per godermi una vittoria che arriva la sfida successiva: dopo lo scudetto c’è la Champions, e l’Europeo, la Super Coppa, le Olimpiadi. Allora poi succede che qualcuno mi dice la frase sbagliata e io mi domando: perché mai dovrei rappresentare voi?”. Vale la pena ricordare che Egonu è cittadina italiana dal 2014. Nonostante ciò, e il fatto di essere nata nel nostro Paese, il colore della pelle è sempre stato motivo per attaccarla. “Sono cresciuta in un contesto in cui lo standard di bellezza presupponeva l’essere bianca. E i ragazzini possono essere molto spiacevoli. Io ero sempre la più alta, ero nera, con questi ricci che odiavo. A un certo punto mi sono rasata a zero. Peccato che poi venivo presa in giro perché non avevo i capelli. La vita era uno schifo. Io mi sentivo uno schifo” racconta ancora a “Vanity Fair” la pallavolista attualmente in forza al VakıfBank, club turco, con sede a Istanbul.

Paola Egonu attualmente gioca nel VakıfBank (Instagram)
Paola Egonu attualmente gioca nel VakıfBank (Instagram)

Anche il privato dell’atleta è sempre stato sotto i riflettori e oggetto di critiche. Nel 2018 fece coming out rivelando di essere fidanzata con la collega pallavolista Katarzyna Skorupa. “Come la presero i miei? Malissimo. Erano preoccupati di quello che avrebbero pensato gli zii o i vicini di casa. Poi hanno capito che la mia non era una scelta. Chi opterebbe per uno stile di vita che ti mette contro tutti? Certe cose capitano e basta” dice sempre a “Vanity Fair” sottolineando che anche in quel caso la società preferì attaccarla invece che accettarla. “Io me ne fregavo, baciavo la mia fidanzata anche in pubblico. Le reazioni, però, non sono sempre state gradevoli. Il problema è che la gente non pensa agli affari propri. Io dico, cosa vieni a giudicare me, o una coppia omosessuale che cresce i figli con amore, quando è pieno di famiglie tradizionali disfunzionali?” dice la Egonu che dopo la storia con la collega pallavolista è stata legata sentimentalmente all’atleta polacco Michał Filip. “A me piacciono le persone, il genere conta poco. Mi ero innamorata di una collega ma non significa che non potrei innamorami di un ragazzo o di un’altra donna. Non ho niente da nascondere” sono le parole che la campionessa ha detto in passato rifiutando ogni tipo di etichetta.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
“Se mai dovessi avere un figlio di pelle nera, vivrà tutto lo schifo che ho vissuto io. Se dovesse essere di pelle mista, peggio ancora: lo faranno sentire troppo nero per i bianchi e troppo bianco per i neri. Vale la pena, dunque, far nascere un bambino e condannarlo all'infelicità?”. L'interrogativo se lo pone la pallavolista italiana Paola Egonu in una intervista a “Vanity Fair”, a pochi giorni dal suo debutto come co-conduttrice di Sanremo 2023, in programma dal 7 all’11 febbraio. La sportiva sarà sul palco dell’Ariston di Sanremo nella terza serata del festival, giovedì 9  febbraio. Al fianco di Amadeus, conduttore e direttore artistico, sono previste anche Chiara Ferragni (martedì 7 febbraio per la serata di apertura, e per quella finale, l'11), la giornalista Francesca Fagnani (mercoledì 8 febbraio) e Chiara Francini, attrice scrittrice, finta svampita dotata di ironia tagliente (venerdì 10 febbraio).
L'atleta Paola Egonu sarà sul palco del festival di Sanremo 2023 come co-conduttrice nella serata di giovedì 9 febbraio (Instagram)
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La pallavolista italiana Paola Egonu (Instagram)
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Paola Egonu attualmente gioca nel VakıfBank (Instagram)
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