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Home » Sport » Rugby femminile, per la prima volta la Nazionale Italiana darà contratto (e stipendio) alle giocatrici

Rugby femminile, per la prima volta la Nazionale Italiana darà contratto (e stipendio) alle giocatrici

La Federazione Italiana Rugby ha deciso di stipendiare le Azzurre con contratti annuali di collaborazione sportiva. Investimento da oltre 350.000 euro. La capitana Manuela Furlan: "Un importante punto di svolta"

Remy Morandi
16 Aprile 2022
Nazionale Italiana femminile di rugby

Nazionale Italiana femminile di rugby

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Per la prima volta la Nazionale Italiana di rugby femminile darà un contratto (e uno stipendio) alle sue giocatrici. È l’ennesima prova che anche il mondo dello sport sta cambiando, che lo spettacolo dello sport non è esclusiva degli uomini, che i diritti delle atlete vanno tutelati. Dopo la bella notizia del record di spettatori a una partita di calcio femminile (91.553 tifosi hanno assistito a Barcellona-Real Madrid) e dopo la prima volta in assoluto di una coach donna in una partita della Major League Baseball, adesso è il Rugby femminile italiano ad accendere i riflettori su quanto anche il mondo dello sport possa (e debba) essere inclusivo e senza più barriere di alcun tipo.

Per la prima volta la Nazionale italiana di rugby femminile darà un contratto alle giocatrici

La Nazionale Italiana di rugby femminile andrà il prossimo autunno a giocare la nona edizione della Coppa del Mondo in Nuova Zelanda. Sarà un periodo molto impegnativo per le Azzurre. Il girone infatti è molto complicato, la nostra squadra dovrà infatti affrontare Stati Uniti, Canada e Giappone. Anche per questo motivo la Federazione Italiana Rugby (FIR) ha deciso di stipendiare le atlete italiane con dei contratti centralizzati. L’investimento previsto dalla Fir è di oltre 350.000 euro.

The @Federugby have announced that 25 members of the Italian squad have been given a centralised contract ahead of the Rugby World Cup in the autumn.

Read the full news below👇#TikTokW6N

— TikTok Women’s Six Nations (@Womens6Nations) April 13, 2022

Le rugbiste italiane non sono professioniste

Al momento, le giocatrici della Nazionale Italiana di rugby non sono considerate professioniste. E la decisione della Federazione di concedere loro un contratto annuale di collaborazione sportiva non determina la loro ‘promozione’ al professionismo. L’Italia infatti è ancora molto lontana dai Paesi come la Francia, l’Inghilterra e l’Irlanda che hanno reso (in parte, non completamente) professioniste le loro atlete. Solo alcune rugbiste di questi Paesi infatti sono considerate professioniste. Non tutte, ma è sempre un traguardo che le atlete italiane ancora vedono con il binocolo.

Manuela Furlan, 33 anni, è la capitana della nazionale italiana femminile di rugby

Quanto saranno pagate le Azzurre

Comunque, contrattualizzare le Azzurre è già un enorme passo avanti. Ancora oggi infatti le atlete sono costrette a dedicare il loro tempo libero al rugby (nonostante giochino in Nazionale). Le giocatrici o studiano o fanno altri lavori, in quanto la loro attività sportiva non prevede una adeguata retribuzione economica. Fino ad oggi infatti le rugbiste ricevevano al massimo borse di studio o rimborsi-spese. Con i contratti stabiliti dalla Fir – spiega il Post – le Azzurre riceveranno ora uno stipendio mensile di circa 1.000 euro.

Quali rugbiste italiane riceveranno il contratto

Sono 25 le Azzurre che riceveranno il contratto di collaborazione sportiva su base annuale: Ilaria Arrighetti, Sara Barattin, Melissa Bettoni, Giordana Duca, Giada Franco, Manuela Furlan, Lucia Gai, Elisa Giordano, Isabella Locatelli, Veronica Madia, Maria Magatti, Aura Muzzo, Vittoria Ostuni-Minuzzi, Beatrice Rigoni, Michela Sillari, Sofia Stefan, Silvia Turani. Borse di Studio: Alyssa D’Incà, Valeria Fedrighi, Gaia Maris, Sara Seye, Francesca Sgorbini, Sara Tounesi, Vittoria Vecchini, Beatrice Veronese.

La capitana Furlan: “Un importante punto di svolta”

La capitana della Nazionale Italiana femminile di rugby, Manuela Furlan ha così commentato la svolta della Fir: “Lasciare la maglia in un luogo migliore di quello in cui la si è trovata è il desiderio e l’obiettivo di qualunque giocatrice o giocatore – ha detto la capitana -. Questo accordo segna un primo, importante punto di svolta per il futuro della nostra Nazionale Femminile e, per me e le altre veterane del gruppo, rappresenta il miglior lascito possibile alle prossime generazioni di Azzurre, la testimonianza della volontà di ognuna di noi di contribuire in modo tangibile a un rugby in grado di offrire sempre più le stesse opportunità alle atlete e agli atleti. Questo traguardo è stato raggiunto grazie al supporto costante di Fir e Gira”.

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  • È la storia di Carson Pickett che non è solo una favola sportiva, ma un esempio di forza volontà e voglia di superare limiti fisici e pregiudizi. ⚽️

Nell’amichevole contro la Colombia, la Nazionale femminile degli Stati Uniti ha dimostrato ancora una volta quanto è all’avanguardia e ha fatto esordire Carson Pickett, giocatrice nata senza una parte del braccio sinistro. 

"La sensazione di essere diverso e l’ansia di non adattarsi è qualcosa che ho passato. Spero di incoraggiare altri a non vergognarsi di quello che sono.”

Questa volta la Nazionale statunitense ha mostrato, ancora una volta, quanto sia avanti nell’inclusione sociale e nelle pari opportunità. I diritti umani e sociali sono sempre in primo piano nella testa delle ragazze e della Federazione, che non di rado si sono esposte su tematiche importanti come il razzismo, l’omofobia e più in generale su questioni spinose.

Dopo il raggiungimento dell’obiettivo della parità salariale con i colleghi uomini, lo sdoganamento dell’omosessualità e altro ancora, ora i riflettori si puntano verso la disabilità e come nonostante essa si possa diventare giocatrici professioniste.

Di Edoardo Martini ✍

#lucenews #lucelanazione #carsonpickett #football #colombie #womensoccer #uswomensoccer #inspiretheworld
  • Il suo desiderio, più che legittimo, è semplicemente quello di partecipare al Jova Beach party di Viareggio, a settembre, insieme ai suoi amici. Eppure Enrico, classe 1965, padre di due meravigliosi figli adottivi e costretto su una sedia a rotelle dal 1988, non è riuscito a fare quello che tutto il resto della sua comitiva ha fatto con pochi semplici click sul sito di Ticketone: acquistare il suo biglietto. 

“Per noi disabili cose come questa sarebbero troppo semplici. Forse non tutti sanno che la realtà è che, se una persona nelle mie condizioni desidera partecipare a un qualsiasi evento, solitamente gli viene richiesto di individuare per conto proprio gli organizzatori, cercare sul rispettivo sito le indicazioni sulla modalità di richiesta dei biglietti (che variano da organizzatore ad organizzatore) e in fine allegare alla domanda di partecipazione il certificato di invalidità e un documento d’identità. Mai ci è permesso di usare le piattaforme online ad acquisto diretto come Ticketone.

Mi sono sentito ulteriormente discriminato: oltre ai miei limiti fisici mi sono dovuto scontrare con ulteriori ostacoli rappresentati da procedure imposte da persone che non hanno la minima idea di cosa significhi la parola ‘inclusione‘. E quello che più mi ha sorpreso è che questi limiti siano arrivati in abbinamento ad un evento di Jovanotti, che ritengo un paladino dell’inclusione. Mi chiedo se lui sia a conoscenza di tutto questo e cosa ne pensi in tal caso”.

Il racconto di Enrico nell’intervista a cura di Caterina Ceccuti ✍

#lucenews #lucelanazione #enrico #jovabeachparty #disabilityinclusion
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  • “Per cantare ho affrontato un lungo percorso di logopedia, ma voglio fare della musica un posto più inclusivo. 

Mi chiamo Francesco, in arte Brazzo, sono sordo e nella vita faccio rap”. In una frase, lo specchio di una vita in salita. La fatica di imparare a cantare senza poter ascoltare nulla se non “le vibrazioni delle casse”, gli anni della logopedia e la voglia di mettere in versi la realtà, le battaglie per il riconoscimento della propria comunità e la denuncia sociale.

Brazzo nasce a Taranto in una famiglia di sordi da tre generazioni e si trasferisce a Milano nel 2008.

“Già da bambino desideravo cantare solo che mi sentivo imbarazzato per il fatto che un sordo potesse cantare. Ho iniziato a parlare a cinque anni, all’inizio non parlavo molto bene e ho affrontato un lungo percorso di logopedia. Poi a trent’anni avevo questo desiderio lasciato nel cassetto e ho deciso di lanciarmi”.

Quando rappa – e rappa bene – lo fa anche attraverso la lingua dei segni. Nel 2020 ha partecipato a Italia
Per la prima volta la Nazionale Italiana di rugby femminile darà un contratto (e uno stipendio) alle sue giocatrici. È l'ennesima prova che anche il mondo dello sport sta cambiando, che lo spettacolo dello sport non è esclusiva degli uomini, che i diritti delle atlete vanno tutelati. Dopo la bella notizia del record di spettatori a una partita di calcio femminile (91.553 tifosi hanno assistito a Barcellona-Real Madrid) e dopo la prima volta in assoluto di una coach donna in una partita della Major League Baseball, adesso è il Rugby femminile italiano ad accendere i riflettori su quanto anche il mondo dello sport possa (e debba) essere inclusivo e senza più barriere di alcun tipo.
Per la prima volta la Nazionale italiana di rugby femminile darà un contratto alle giocatrici
La Nazionale Italiana di rugby femminile andrà il prossimo autunno a giocare la nona edizione della Coppa del Mondo in Nuova Zelanda. Sarà un periodo molto impegnativo per le Azzurre. Il girone infatti è molto complicato, la nostra squadra dovrà infatti affrontare Stati Uniti, Canada e Giappone. Anche per questo motivo la Federazione Italiana Rugby (FIR) ha deciso di stipendiare le atlete italiane con dei contratti centralizzati. L'investimento previsto dalla Fir è di oltre 350.000 euro.

The @Federugby have announced that 25 members of the Italian squad have been given a centralised contract ahead of the Rugby World Cup in the autumn.

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Le rugbiste italiane non sono professioniste

Al momento, le giocatrici della Nazionale Italiana di rugby non sono considerate professioniste. E la decisione della Federazione di concedere loro un contratto annuale di collaborazione sportiva non determina la loro 'promozione' al professionismo. L'Italia infatti è ancora molto lontana dai Paesi come la Francia, l'Inghilterra e l'Irlanda che hanno reso (in parte, non completamente) professioniste le loro atlete. Solo alcune rugbiste di questi Paesi infatti sono considerate professioniste. Non tutte, ma è sempre un traguardo che le atlete italiane ancora vedono con il binocolo.
Manuela Furlan, 33 anni, è la capitana della nazionale italiana femminile di rugby

Quanto saranno pagate le Azzurre

Comunque, contrattualizzare le Azzurre è già un enorme passo avanti. Ancora oggi infatti le atlete sono costrette a dedicare il loro tempo libero al rugby (nonostante giochino in Nazionale). Le giocatrici o studiano o fanno altri lavori, in quanto la loro attività sportiva non prevede una adeguata retribuzione economica. Fino ad oggi infatti le rugbiste ricevevano al massimo borse di studio o rimborsi-spese. Con i contratti stabiliti dalla Fir - spiega il Post - le Azzurre riceveranno ora uno stipendio mensile di circa 1.000 euro.

Quali rugbiste italiane riceveranno il contratto

Sono 25 le Azzurre che riceveranno il contratto di collaborazione sportiva su base annuale: Ilaria Arrighetti, Sara Barattin, Melissa Bettoni, Giordana Duca, Giada Franco, Manuela Furlan, Lucia Gai, Elisa Giordano, Isabella Locatelli, Veronica Madia, Maria Magatti, Aura Muzzo, Vittoria Ostuni-Minuzzi, Beatrice Rigoni, Michela Sillari, Sofia Stefan, Silvia Turani. Borse di Studio: Alyssa D’Incà, Valeria Fedrighi, Gaia Maris, Sara Seye, Francesca Sgorbini, Sara Tounesi, Vittoria Vecchini, Beatrice Veronese.

La capitana Furlan: "Un importante punto di svolta"

La capitana della Nazionale Italiana femminile di rugby, Manuela Furlan ha così commentato la svolta della Fir: "Lasciare la maglia in un luogo migliore di quello in cui la si è trovata è il desiderio e l’obiettivo di qualunque giocatrice o giocatore - ha detto la capitana -. Questo accordo segna un primo, importante punto di svolta per il futuro della nostra Nazionale Femminile e, per me e le altre veterane del gruppo, rappresenta il miglior lascito possibile alle prossime generazioni di Azzurre, la testimonianza della volontà di ognuna di noi di contribuire in modo tangibile a un rugby in grado di offrire sempre più le stesse opportunità alle atlete e agli atleti. Questo traguardo è stato raggiunto grazie al supporto costante di Fir e Gira".
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