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Home » Sport » L’ex giocatore di rugby Ryan Jones ha la demenza senile: “Sono terrorizzato”

L’ex giocatore di rugby Ryan Jones ha la demenza senile: “Sono terrorizzato”

L'ex capitano del Galles è affetto da una forma precoce della malattia. Ora chiede una maggiore responsabilità ai vertici dello sport

Edoardo Martini
18 Luglio 2022
Ian Evans e il capitano del Galles Ryan Jones Wales durante un'azione al Sei Nazioni del 2013

Ian Evans e il capitano del Galles Ryan Jones Wales durante un'azione al Sei Nazioni del 2013

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Ryan Jones soffre di demenza senile. È solo l’ultima testimonianza di una lunga serie di ex rugbisti professionisti che, a seguito dei colpi violenti subiti nel corso della carriera, hanno sviluppato forme più o meno aggressive della malattia neurodegenerativa dell’encefalo.

Ryan Jones mentre festeggia con il trofeo vinto con la nazionale gallese

“Il mio mondo sta andando in pezzi”

L’ex rugbista britannico, internazionale con il Galles, ha appena 41 anni e ha rivelato di essere affetto da una forma di demenza ad esordio precoce. Dopo i sintomi sorti negli scorsi mesi, l’ex atleta ha deciso di sottoporsi ad esami specifici. I medici, dopo controlli approfonditi, gli hanno diagnosticato la malattia: “Sono terrorizzato. Sento che il mio mondo sta andando in pezzi. E ho davvero paura. Perché ho tre figli e tre figliastri e voglio essere un papà fantastico. Ho vissuto 15 anni della mia vita come un supereroe e non lo sono. Non so cosa mi riserverà il futuro” ha raccontato in un’intervista.
Il 41enne non sa infatti cosa gli riserverà la vita ed è particolarmente spaventato: “Sono il prodotto di un ambiente che è tutto incentrato sulle prestazioni umane .Vorrei solo condurre una vita felice, sana e normale, ma sento che mi è stata portata via e non c’è niente che io possa fare. Non posso allenarmi più, non posso fare l’arbitro, non so più quali siano le regole del gioco. Le persone a me vicine notavano dei cambiamenti in me”.

Un problema per molti ex rugbisti

Tanti ex rugbisti soffrono di disturbi simili: l’ex capitano del Galles ha voluto porre l’accento proprio su questo. I giocatori che, una volta appeso il paradenti al chiodo, si sono sentiti diagnosticare la demenza potrebbero arrivare fino a 200. Il rugby, a suo dire, starebbe “precipitando a capofitto e con gli occhi chiusi verso una situazione catastrofica”. Nella straziante intervista Jones ha spiegato che tutto è cominciato quando gli è stata diagnosticata la depressione. Dopo ulteriori esami, ha scoperto di soffrire di demenza: “Mi è stata diagnosticata la depressione e ho iniziato a rendermi conto che alcune delle mie funzioni cognitive non erano eccezionali. Ho cominciato a vedere che la mia memoria a breve termine non era buona. Stavo dimenticando le cose”. La depressione, infatti, è un sintomo della demenza. Un durissimo colpo per un uomo che ha passato la sua vita in campo.

Ryan Jones durante una partita con la nazionale gallese

Dimissioni e maggiore responsabilità

Il britannico solo pochi mesi fa ha rassegnato le dimissioni come Performance Director della Federazione di rugby gallese. Un ruolo importante che ha dovuto lasciare dopo la diagnosi malattia. “Non so se tra due anni saremo qui seduti e se questi episodi durano una settimana, due settimane o se sono permanenti. Questa è la paura, questo è quello che non riesco a scollarmi di dosso” ha rivelato l’ex capitano della Nazionale. Che ha concluso dicendo: “Ero un bambino che sognava di giocare per il Galles. Sono riuscito a vivere quel sogno. Ho capitanato il Galles più volte di chiunque altro fino a quando non è arrivato Warburton e per nulla lo avrei cambiato. In quel momento è stato fantastico, ma oggi lo cambierei in base alla mia esperienza attuale”.

Un declino inarrestabile, di fronte al quale Jones, come chiunque nelle sue condizioni, è impotente. Anche per questo l’ex capitano del Galles chiede maggiore responsabilità ai vertici dello sport. Il mese scorso, l’Alzheimer’s Society ha stabilito una partnership con l’associazione rugbisti professionisti, per fornire informazioni e sostegno a giocatori o manager, del passato o del presente, a cui è stata diagnosticata la demenza.

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Instagram

  • «Era terribile durante il fascismo essere transessuale. Mi picchiavano e mi facevano fare delle cose schifose. Mi imbrattavano con il catrame e mi hanno rasato. Ho preso le botte dai fascisti perché mi ero atteggiato a donna e per loro questo era inconcepibile».

È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l’unica persona trans italiana sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti.

#lucenews #lucysalani #dachau
  • È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l
  • Elaheh Tavakolian, l’iraniana diventata uno dei simboli della lotta nel suo Paese, è arrivata in Italia. Nella puntata del 21 marzo de “Le Iene”, tra i servizi del programma di Italia 1, c’è anche la storia della giovane donna, ferita a un occhio dalla polizia durante le proteste in Iran. Nella puntata andata in onda la scorsa settimana, l’inviata de “Le Iene” aveva incontrato la donna in Turchia, durante la sua fuga disperata dall’Iran, dove ormai era troppo pericoloso vivere. 

“Ho molta paura. Vi prego, qui potrebbero uccidermi” raccontava l’attivista a Roberta Rei. Già in quell’occasione, Elaheh Tavakolian era apparsa con una benda sull’occhio, a causa di una grave ferita causatale da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine iraniane durante le manifestazioni a cui ha preso parte dopo la morte di Mahsa Amini.

Elaheh Tavakolian fa parte di quelle centinaia di iraniani che hanno subito gravi ferite agli occhi dopo essere stati colpiti da pallottole, lacrimogeni, proiettili di gomma o altri proiettili usati dalle forze di sicurezza durante le dure repressioni che vanno avanti ormai da oltre sei mesi. La ragazza, che ha conseguito un master in commercio internazionale e ora lavora come contabile, ha usato la sua pagina Instagram per rivelare che le forze di sicurezza della Repubblica islamica stavano deliberatamente prendendo di mira gli occhi dei manifestanti. 

✍ Barbara Berti

#lucenews #lucelanazione #ElahehTavakolian #iran #leiene
  • Ha 19 anni e vorrebbe solo sostenere la Maturità. Eppure alla richiesta della ragazza la scuola dice di no. Nina Rosa Sorrentino è nata con la sindrome di Down, e quel diritto che per tutte le altre studentesse e studenti è inviolabile per lei è invece un’utopia.

Il liceo a indirizzo Scienze Umane di Bologna non le darà la possibilità di diplomarsi con i suoi compagni e compagne, svolgendo le prove che inizieranno il prossimo 21 giugno. La giustificazione – o la scusa ridicola, come quelle denunciate da CoorDown nella giornata mondiale sulla sindrome di Down – dell’istituto per negarle questa possibilità è stata che “per lei sarebbe troppo stressante“.

Così Nina si è ritirata da scuola a meno di tre mesi dalla fine della quinta. Malgrado la sua famiglia, fin dall’inizio del triennio, avesse chiesto agli insegnanti di cambiare il Pei (piano educativo individualizzato) della figlia, passando dal programma differenziato per gli alunni certificati a quello personalizzato per obiettivi minimi o equipollenti, che prevede l’ammissione al vero e proprio esame di Maturità. Ma il liceo Sabin non ha assecondato la loro richiesta.

Francesca e Alessandro Sorrentino avevano trovato una sponda di supporto nel Ceps di Bologna (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), in CoorDown e nei docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, che si sono detti tutti disponibili per realizzare un progetto-pilota per la giovane studentessa e la sua classe. Poi, all’inizio di marzo, la doccia fredda: è arrivato il no definitivo da parte del consiglio di classe, preoccupato che per la ragazza la Maturità fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione“, come ha scritto la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo di questa storia tutt’altro che inclusiva.

“Il perché è quello che ci tormenta – aggiungono i genitori –. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”.

#lucenews #lucelanazione #disabilityinclusion #giornatamondialedellasindromedidown
Ryan Jones soffre di demenza senile. È solo l'ultima testimonianza di una lunga serie di ex rugbisti professionisti che, a seguito dei colpi violenti subiti nel corso della carriera, hanno sviluppato forme più o meno aggressive della malattia neurodegenerativa dell'encefalo.
Ryan Jones mentre festeggia con il trofeo vinto con la nazionale gallese

"Il mio mondo sta andando in pezzi"

L’ex rugbista britannico, internazionale con il Galles, ha appena 41 anni e ha rivelato di essere affetto da una forma di demenza ad esordio precoce. Dopo i sintomi sorti negli scorsi mesi, l’ex atleta ha deciso di sottoporsi ad esami specifici. I medici, dopo controlli approfonditi, gli hanno diagnosticato la malattia: "Sono terrorizzato. Sento che il mio mondo sta andando in pezzi. E ho davvero paura. Perché ho tre figli e tre figliastri e voglio essere un papà fantastico. Ho vissuto 15 anni della mia vita come un supereroe e non lo sono. Non so cosa mi riserverà il futuro" ha raccontato in un'intervista. Il 41enne non sa infatti cosa gli riserverà la vita ed è particolarmente spaventato: "Sono il prodotto di un ambiente che è tutto incentrato sulle prestazioni umane .Vorrei solo condurre una vita felice, sana e normale, ma sento che mi è stata portata via e non c’è niente che io possa fare. Non posso allenarmi più, non posso fare l’arbitro, non so più quali siano le regole del gioco. Le persone a me vicine notavano dei cambiamenti in me".

Un problema per molti ex rugbisti

Tanti ex rugbisti soffrono di disturbi simili: l’ex capitano del Galles ha voluto porre l’accento proprio su questo. I giocatori che, una volta appeso il paradenti al chiodo, si sono sentiti diagnosticare la demenza potrebbero arrivare fino a 200. Il rugby, a suo dire, starebbe “precipitando a capofitto e con gli occhi chiusi verso una situazione catastrofica". Nella straziante intervista Jones ha spiegato che tutto è cominciato quando gli è stata diagnosticata la depressione. Dopo ulteriori esami, ha scoperto di soffrire di demenza: "Mi è stata diagnosticata la depressione e ho iniziato a rendermi conto che alcune delle mie funzioni cognitive non erano eccezionali. Ho cominciato a vedere che la mia memoria a breve termine non era buona. Stavo dimenticando le cose". La depressione, infatti, è un sintomo della demenza. Un durissimo colpo per un uomo che ha passato la sua vita in campo.
Ryan Jones durante una partita con la nazionale gallese

Dimissioni e maggiore responsabilità

Il britannico solo pochi mesi fa ha rassegnato le dimissioni come Performance Director della Federazione di rugby gallese. Un ruolo importante che ha dovuto lasciare dopo la diagnosi malattia. "Non so se tra due anni saremo qui seduti e se questi episodi durano una settimana, due settimane o se sono permanenti. Questa è la paura, questo è quello che non riesco a scollarmi di dosso" ha rivelato l’ex capitano della Nazionale. Che ha concluso dicendo: "Ero un bambino che sognava di giocare per il Galles. Sono riuscito a vivere quel sogno. Ho capitanato il Galles più volte di chiunque altro fino a quando non è arrivato Warburton e per nulla lo avrei cambiato. In quel momento è stato fantastico, ma oggi lo cambierei in base alla mia esperienza attuale". Un declino inarrestabile, di fronte al quale Jones, come chiunque nelle sue condizioni, è impotente. Anche per questo l'ex capitano del Galles chiede maggiore responsabilità ai vertici dello sport. Il mese scorso, l'Alzheimer's Society ha stabilito una partnership con l'associazione rugbisti professionisti, per fornire informazioni e sostegno a giocatori o manager, del passato o del presente, a cui è stata diagnosticata la demenza.
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