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Superlega europea, se il calcio dei ricchi e ricchissimi vuol abolire perfino la sconfitta

di PIERO CECCATELLI -
19 aprile 2021
SuperLega

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Si chiama Superlega, ispirazione americana, con tanti saluti all'europeissimo De Coubertin. Se il vecchio barone affermava che "'importante è partecipare, non vincere", per chi sta escogitando il campionato europeo per club ricchi o ricchissimi, il principio sarà: "impossibile perdere". Perché nel campionato europeo a venti squadre architettato da Andrea Agnelli, presidente della Juventus  e dai vertici di altri 14 top club in Europa ci sarà una clausola: le 15 fondatrici parteciperanno sempre, a prescindere dai risultati sportivi. Arrivi ultima? L'anno prossimo rigiochi lo  stesso qui. Non si retrocede. C'è chi credeva di aver cancellato la povertà da un intero paese e chi sarà certo di avere cancellato la sconfitta dallo sport. Come quando, ai giardinetti,  vista la malaparata sul campo, chi portava il pallone se lo riprendeva e tanti saluti alla partita. Il progetto di Superlega europea da svolgersi a metà settimana fra le 15 big o presunte tali d'Europa più cinque parvenu cooptate ogni anno, prenderebbe il posto dell'attuale Champions League. Dove ad ad andarti bene e arrivare in finale si giocano al massimo 13 partite, fra eliminatorie, ottavi, quarti, semifinali e finale in gara unica. In venti squadre, col girone all'italiana, le gare sono 38 e i diritti tv lievitano. Al momento, la Superlega sta subendo strali da ogni parte. Dall'Uefa, che si sente detronizzata dallo strapotere dei privati ricchi, ricchissimi o solo ben sostenuti (al momento) dalle banche. Dalle federazioni, dai club "normali",  dai media,  meno le televisioni, socie in affari di un calcio che si disputerebbe solo ed esclusivamente fra grandi stelle. Di tutto il dissenso che si registra da ogni parte, apprezziamo lo striscione in inglese che recita "Creato dai poveri, rubato dai ricchi". Soggetto sottinteso, il calcio. Nessuno s'illude più che la serie A possa essere vinta, come successo cinquant'anni fa da Fiorentina e Cagliari in due anni consecutivi, poi dal Torino, dal Verona  e dalla Sampdoria. Ma il Leicester in Inghilterra ce l'ha fatta, nel 2016. E il Celtic, la Steaua Bucarest, il Nottingham Forest, la Stella Rossa Belgrado, il Porto hanno vinto la Coppa dei Campioni  o la sua anglofona figlia Champions League. Però un calcio fatto da chi non può perdere, non è sport. Se mai qualcuno si fosse illuso che lo sia ancora.