Tifanny Abreu, donna dei record. Chi è la prima pallavolista trans a vincere una finale

Dalle difficoltà di sopravvivenza in Brasile ai test mensili per poter gareggiare nelle competizioni femminili fino alla vittoria in finale con il suo Osasco: “Porto in campo l'intera lettera T di transessuali, transgender e travestiti“

di EDOARDO MARTINI
7 maggio 2025
Tifanny con la maglia dell'Osasco (Instagram)

Tifanny con la maglia dell'Osasco (Instagram)

Per la prima volta nella storia, la Superliga femminile, il campionato brasiliano di pallavolo, ha avuto una donna trans in finale. Nata Rodrigo Abreu, adesso è Tifanny. E quella T del suo nome è un qualcosa che la pallavolista porta in campo con estremo orgoglio. È la T di transessuali, transgender e travestiti, come racconterà la stessa giocatrice. Ma se in campo la 40enne continua a schiacciare senza problemi, il percorso che l'ha portata a tutti i record non è stato per nulla semplice.

Le difficoltà di sopravvivenza per le persone trans in Brasile 

“Sono una sopravvissuta“, ha raccontato la pallavolista al sito globoesporte.com. E i numeri le danno ragione visto che, secondo un dossier dell'Associazione nazionale travestiti e transessuali (Antra), il Brasile, per il 16° anno consecutivo, è il Paese dove si uccide il maggior numero di persone transgender al mondo. Come se non bastasse, l'aspettativa di vita per chi cambia sesso è infatti di 35 anni. A 40 anni, Tifanny ha già vinto questa personale classifica, alla quale si è anche aggiunta la vittoria per 3-1 (26-24; 19-25; 28-26; 25-20) del suo Osasco (squadra di cui la pallavolista è la miglior marcatrice con 418 punti) in finale contro il Sesi Bauru, andata in scena giovedì 1 maggio nel Palasport Ibirapuera, a San Paolo.

La lettera T portata in campo 

“Vado in campo portando non solo Tifanny, ma l'intera lettera T di transessuali, transgender e travestiti. Penso che ogni persona che rappresenta questa comunità e si trova sotto i riflettori debba portare questa bandiera. Conosciamo la lotta quotidiana per sopravvivere. Lottiamo per la sopravvivenza“, ha proseguito allo stesso sito brasiliano. “A 40 anni mi sento una sopravvissuta, perché sappiamo che l'aspettativa di vita delle persone trans in Brasile è di 35 anni. La maggior parte delle morti sono orribili e causate da persone che, allo stesso tempo, consumano pornografia trans. Chiedo a tutti i padri, a tutte le madri, alle persone trans e a tutti di pensare alla nostra classe. Non è facile, ma vogliamo solo lavorare e avere dignità come tutti gli altri”.

I test mensili per poter gareggiare

Ma oltre alla lotta alla sopravvivenza, Tifanny deve continuare a sottoporsi a dei test mensili per garantire la sua presenza nelle competizioni femminili. Le regole della Confederazione Brasiliana di Pallavolo (CBV) infatti sono molto severe. Quest'ultime si basano sulle raccomandazioni della Federazione Internazionale di Medicina dello Sport (FIMS), il massimo organismo di medicina sportiva, secondo le quali un'atleta trans deve avere un livello di testosterone (ormone sessuale maschile) inferiore a 5 nmol/L (nanomoli per litro).

Il paradosso degli esami 

“Io faccio le analisi del sangue ogni mese. Ma chi ha subito un intervento di riassegnazione del sesso, come nel mio caso, ha livelli di testosterone molto bassi e non avrebbe bisogno di fare esami. Ma lo faccio nel caso in cui qualcuno me lo chieda, lo faccio per prevenzione e finisco per inviarlo al CBV. Ma non tutte le ragazze trans che intendono giocare nel campionato femminile vogliono sottoporsi a un intervento di riassegnazione del sesso. E anche loro dovrebbero avere il diritto di giocare, sono tutte donne e dovrebbero essere rispettate“, ha concluso la giocatrice.

La lotta per l'inclusione da parte di Tifanny 

Insomma, la pallavolista ha sempre risposto con dignità e determinazione, diventando una voce attiva per l'inclusione, parlando apertamente di diritti Lgbt+, di identità di genere nello sport e dell'importanza di superare la transfobia sistemica. Come quando un allenatore sosteneva che lei fosse “un uomo“. O come Ana Paula, icona del volley brasiliano, che disse: “C'è chi vuol far credere che certi sentimenti siano più importanti della biologia”. Tifanny, a tutti questi attacchi non si è mai scomposta, anzi ha risposto per le rime: “Io non sono un mostro. Sono una donna. E voglio solo fare ciò che amo: giocare a pallavolo“. E su questo penso che non ci sia alcun dubbio: le riesce proprio bene.