Main Partner
Partner
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce

Home » Sport » Wimbledon, la tennista russa Natela Dzalamidze cambia nazionalità per partecipare al torneo

Wimbledon, la tennista russa Natela Dzalamidze cambia nazionalità per partecipare al torneo

Fa discutere la mossa dell’atleta che ha così raggirato il divieto di partecipazione al torneo imposto lo scorso aprile dagli organizzatori di Wimbledon in risposta all'invasione dell'Ucraina da parte del governo di Mosca

Edoardo Martini
22 Giugno 2022
Natela Dzalamidze

Natela Dzalamidze

Share on FacebookShare on Twitter

Ieri russa, oggi georgiana. E’ questo il trucco che ha usato la tennista Natela Dzalamidze che ha deciso di cambiare nazionalità così da poter aggirare il divieto imposto da Wimbledon. Gli organizzatore del torneo londinese hanno comunicato lo scorso aprile che non avrebbero ammesso giocatori russi e bielorussi, in risposta all’invasione dell’Ucraina da parte del governo di Mosca.

La tennista Natela Dzalamidze ha cambiato la nazionalità da russa a georgiana per poter partecipare a Wimbledon

Il cognome Dzalamidze è di chiare origini georgiane: la giustificazione a favore della tennista

La numero 44 del mondo dunque la vedremo in campo a fianco della serba Alexandra Krunic, alla faccia delle sanzioni dell’All England Club. “La nazionalità degli atleti – ha spiegato freddamente un portavoce del Club – è una questione regolata da chi gestisce i circuiti internazionali (cioè Atp e Wta) e Itf (la federazione internazionale)”. Il cognome Dzalamidze è di chiare origini georgiane, e fra l’altro, come riporta il Times, a dicembre la tennista si è allenata a Kiev, in Ucraina.

Dzalamidze è nata a Mosca il 27 febbraio 1993 e, nonostante sia il suo nome che il cognome siano di origine georgiana, non è chiaro quale sia il suo esatto legame familiare con la Georgia.

Agli Open di Francia del mese scorso, Dzalamidze ha gareggiato come atleta neutrale insieme alla sua connazionale Kamilla Rakhimova e ha perso al primo turno. Per lei sarà la terza volta a Wimbledon.

Natela Dzalamidze parteciperà al doppio di Wimbledon insieme ad Alexandra Krunic

Il torneo di Wimbledon, l’eccezione alla regola

Il divieto imposto da Wimbledon ha provocato numerose polemiche, tanto che Atp e Wta hanno deciso di privare il torneo dei punti classifica. Nessun torneo del Grande Slam ha infatti seguito l’esempio di Wimbledon, e gli Us Open hanno recentemente annunciato che i giocatori russi e bielorussi potranno partecipare sotto bandiera neutrale. La decisione di Wimbledon ha escluso molti top player maschili e femminili, uno su tutti Daniil Medvedev, l’attuale numero uno al mondo, ma anche Andrey Rublev e Victoria Azarenka.

A Parigi, al Roland Garros,  dove i russi erano ammessi, ha gareggiato senza bandiera a fianco dell’altra russa Kamilla Rakhimova, mentre agli Us Open non avrebbe avuto comunque problemi visto che la federazione statunitense ha deciso di non escludere russi e bielorussi dallo Slam di casa. Trucchetto? Imbroglio? Legittima scappatoia? Non tanto diversa, in fondo, da quella che permetterà ad altri russi di competere a Wimbledon: è il caso dei ‘kazaki di importazione’ come Alexander Bublik, n. 37 Atp, russi al 100 per cento ma che il Kazakistan ha convinto, sborsando diversi soldi, a cambiare passaporto per poter giocare in Coppa Davis con una bandiera diversa.

L’inizio del torneo è alle porte. L’attesa sale e le polemiche pure. Sarà sicuramente uno Slam che ci ricorderemo per sempre.

Potrebbe interessarti anche

Iman Vellani Ms Marvel
Spettacolo

La prima supereroina musulmana della Marvel: chi è la 19enne pakistano-canadese Iman Vellani

8 Giugno 2022
Born to be Free, la seconda playlist di Luce!
Attualità

Born to be Free, ascolta la tua rivoluzione sulla playlist di Luce!

27 Giugno 2022
Enzo Ghinazzi, in arte Pupo con la moglie Anna (a destra) e la compagna Patricia
Attualità

Pupo: “Poliamore o poligamia? Io e le mie due compagne siamo oltre gli stereotipi”

14 Giugno 2022

Instagram

  • Stando a quanto dicono gli studiosi, i social network sono portatori malati di ansia e depressione. E, diciamocelo, non servivano studi e numeri per capirlo. I più attrezzati di noi a comprendere le dinamiche social e sociali che si nascondono dietro l’algoritmo di Meta già da tempo avevano compreso che “social sì, ma a piccole dosi”.

Eppure la deriva c’è stata e adesso distinguere il virtuale dal reale, l’immagine dallo schermo, il like dall’affetto sembra essere diventata un’operazione assai difficile.

Il senso di inadeguatezza delle persone di ogni età sta dilagando. Pare che il meccanismo sia più o meno questo: l’erba del vicino – di account – è sempre più verde. 

Che poi nella realtà non è così poco importante. A importare è ciò che appare, non ciò che è, tanto da ridurre il dilemma “essere o non essere” a coltissimo equivoco elitario. Cogito ergo sum un po’ poco, verrebbe da dire, se non fosse che la faccenda è seria e grave. 

Lo stress da social è reale e affligge grandi e piccini, senza distinzione di ceto. Una vera e propria sofferenza psicologica che tende a minare le fondamenta dell’intera società. Tra il 2003 e il 2018, i casi di ansia hanno registrato numeri da record, così come quelli di depressione, autolesionismo e problemi di alimentazione. Questo basti per capire che limitarsi a catalogare il problema come questione minore è sbagliato e pericoloso.

Complice il recente lockdown, la corsa verso la psicosocialpatologia ha accelerato il passo. L’unica soluzione a portata di mano, seppur temporanea, è prendersi una pausa dai social e uscire dalla bolla, come Selena Gomez insegna. 

Vivere la vita vera, in Logout, fatta di persone in carne e ossa che di perfetto hanno poco o nulla e che combattono ogni giorno per cercare di assomigliare a ciò che vorrebbero essere. 

E tu quanto tempo passi sui social? 📲

Di Margherita Ambrogetti Damiani ✍

#lucenews #lucelanazione #socialout #viverelavita #nofilter #autoconsapevolezza #stressdasocial #socialdetox
  • Ad appena 3 anni e mezzo, Vincenzo comunica ai genitori il desiderio di indossare vestiti e gonne. Alla richiesta viene inizialmente, quanto inevitabilmente, dato poco peso, come se fosse un gioco… 

Ma 6 anni e mezzo dopo Vincenzo fa un coming out più deciso, chiede di potersi chiamare Emma e di indossare un costume femminile alle lezioni di danza, che condivide con le due sorelle maggiori. Pochi giorni fa, grazie anche alla comprensione e disponibilità della sua insegnante di danza, ha vissuto il suo momento di gloria, esibendosi in un saggio-spettacolo di fine anno costruito su misura, con una coreografia che racconta la sua storia.

La danza, si sa, può essere di grande aiuto per costruire la propria identità, perché è prima di tutto libertà di espressione. 

“Gli anni di pandemia sono stati decisivi per mia figlia. La riflessione è diventata sempre più profonda e, con sofferenza, lo scorso ottobre, è riuscita a parlarci di ciò che davvero le stava a cuore. Le prime sostenitrici sono state proprio le sorelle, più aperte e predisposte mentalmente su questa tematica. Noi genitori ancora pensavano a una latente omosessualità, ma non era così: per nostra figlia la propria identità di genere non coincideva con il sesso assegnatole alla nascita”.

I primi tempi non sono stati facili, per certi aspetti è stato come elaborare un lutto perché Emma volava cancellare tutto il suo passato, buttando via foto e vestiti. La sua è stata una rinascita vera e propria, il suo “no" al nome, al genere maschile, è ormai definitivo. 

A scuola, ha chiesto e ottenuto di potersi chiamare Emma, così come in società. Fondamentale è stato il supporto della famiglia che, a un certo punto, ha capito che non si trattava di un gioco, malgrado la giovanissima età.

“A chi tuttora continua a ripeterci che avremmo dovuto insistere e iscriverla a calcio, dico con fermezza: i figli vanno ascoltati, è giusto che vivano la loro vita, quella più congeniale al loro sentire, perché tutti meritiamo di essere felici”.

Di Roberta Bezzi ✍

#lucenews #lucelanazione #bologna #emma #transgender #transrights
  • “Trova qualcuno a cui piaci come sei e digli di farsi curare”, scrive Andrea Pinna in uno dei suoi tipici post su Instagram. 

Ma se Andrea Pinna, apprezzato per i suoi aforismi taglienti, “né bello né ricco” come dice lui, è diventato uno degli influencer più originali del web, è anche perché ha fatto entrambe le cose: ha accettato se stesso com’era e ha intrapreso un percorso di cura.

Trentacinque anni, origini sarde e milanese di adozione, ha cominciato il suo cammino partendo dal gradino più basso. 

"Lavoravo a Roma nel mondo dei negozi, commesso e poi vetrinista. Mi hanno mandato in Sardegna, la mia terra, a seguire nuovi negozi, ma poco dopo hanno chiuso tutto lasciandomi senza lavoro. E lì si è scatenata la mia prima fortissima depressione. Che ho affrontato con Facebook, scrivendo status più o meno sarcastici per scaricare la rabbia”.

Non una depressione qualsiasi, ma un malessere profondo che a distanza di anni gli verrà diagnosticato come bipolarismo. 

"Non è stato facile. Ho passato periodi che non dormivo mai e altri in cui stavo sempre a letto. Avere un disagio psichico non è una passeggiata e bisogna raccontarlo, imparare ad ascoltarsi”.

Sul suo profilo Instagram @leperledipinna ha deciso di portare avanti due battaglie: quella per i diritti civili dei gay e l’altra per dare voce ai problemi mentali.

“La prima la combatto in prima persona da tanto tempo, la seconda per far capire che se vai dall’ortopedico quanto ti fa male il ginocchio è giusto andare da uno psicoterapeuta o uno psichiatra quando hai un disagio mentale o psicologico”.

E attraverso le dirette Instagram di psicoterapinna "racconto la mia storia, il mio vissuto, chiamando gli esperti a parlare dei vari problemi psicologici che la gente può avere”.

La storia di chi ha trovato il coraggio di affrontare il bipolarismo e ha saputo rendere i social un luogo in cui sentirsi a proprio agio. Qualunque sia il disagio.

L
  • "L’autismo è un fenomeno che riguarda sì, in primo luogo gli autistici e le loro famiglie, ma anche la società in generale. Un nato o nata ogni 70/80 rientra nello spettro autistico ormai ed è quindi bene che anche i cosiddetti neuro tipici sappiano di cosa si parla”.

Dopo la standing ovation ricevuta lo scorso 2 aprile al Cinema La Compagnia di Firenze e il fortunato tour avviato nei cinema e nei teatri della Toscana, il documentario “I mille cancelli di Filippo” sarà nuovamente proiettato lunedì 27 giugno alle 21, nella Limonaia di Villa Strozzi a Firenze. Al centro della narrazione il figlio del noto autore Enrico Zoi, il giovane Filippo, colpito da spettro autistico.

Con la delicatezza e la magia tipica di uno scrittore che, prima di tutto, è un babbo amorevole, Enrico – insieme a sua moglie Raffaella Braghieri – apre una volta ancora le porte della sua casa per raccontare al mondo la realtà speciale della sua famiglia.

E il consiglio per i genitori che hanno appena ricevuto una diagnosi di autismo sul proprio bambino sarebbe quello di "non chiudersi, di non chiedersi perché, di guardare al mondo esterno, di aprirsi. Chiudersi non serve a niente, anzi… è un po’ come una partita di calcio: se non scendi in campo la perdi a tavolino, se invece accetti il confronto te la puoi giocare!”.

Di Caterina Ceccuti ✍

#lucenews #lucelanazione #enricozoi #imillecancellidifilippo #firenze #autismo #autismawareness
Ieri russa, oggi georgiana. E' questo il trucco che ha usato la tennista Natela Dzalamidze che ha deciso di cambiare nazionalità così da poter aggirare il divieto imposto da Wimbledon. Gli organizzatore del torneo londinese hanno comunicato lo scorso aprile che non avrebbero ammesso giocatori russi e bielorussi, in risposta all'invasione dell'Ucraina da parte del governo di Mosca.
La tennista Natela Dzalamidze ha cambiato la nazionalità da russa a georgiana per poter partecipare a Wimbledon

Il cognome Dzalamidze è di chiare origini georgiane: la giustificazione a favore della tennista

La numero 44 del mondo dunque la vedremo in campo a fianco della serba Alexandra Krunic, alla faccia delle sanzioni dell'All England Club. "La nazionalità degli atleti - ha spiegato freddamente un portavoce del Club - è una questione regolata da chi gestisce i circuiti internazionali (cioè Atp e Wta) e Itf (la federazione internazionale)". Il cognome Dzalamidze è di chiare origini georgiane, e fra l'altro, come riporta il Times, a dicembre la tennista si è allenata a Kiev, in Ucraina. Dzalamidze è nata a Mosca il 27 febbraio 1993 e, nonostante sia il suo nome che il cognome siano di origine georgiana, non è chiaro quale sia il suo esatto legame familiare con la Georgia. Agli Open di Francia del mese scorso, Dzalamidze ha gareggiato come atleta neutrale insieme alla sua connazionale Kamilla Rakhimova e ha perso al primo turno. Per lei sarà la terza volta a Wimbledon.
Natela Dzalamidze parteciperà al doppio di Wimbledon insieme ad Alexandra Krunic

Il torneo di Wimbledon, l'eccezione alla regola

Il divieto imposto da Wimbledon ha provocato numerose polemiche, tanto che Atp e Wta hanno deciso di privare il torneo dei punti classifica. Nessun torneo del Grande Slam ha infatti seguito l'esempio di Wimbledon, e gli Us Open hanno recentemente annunciato che i giocatori russi e bielorussi potranno partecipare sotto bandiera neutrale. La decisione di Wimbledon ha escluso molti top player maschili e femminili, uno su tutti Daniil Medvedev, l'attuale numero uno al mondo, ma anche Andrey Rublev e Victoria Azarenka. A Parigi, al Roland Garros,  dove i russi erano ammessi, ha gareggiato senza bandiera a fianco dell'altra russa Kamilla Rakhimova, mentre agli Us Open non avrebbe avuto comunque problemi visto che la federazione statunitense ha deciso di non escludere russi e bielorussi dallo Slam di casa. Trucchetto? Imbroglio? Legittima scappatoia? Non tanto diversa, in fondo, da quella che permetterà ad altri russi di competere a Wimbledon: è il caso dei 'kazaki di importazione' come Alexander Bublik, n. 37 Atp, russi al 100 per cento ma che il Kazakistan ha convinto, sborsando diversi soldi, a cambiare passaporto per poter giocare in Coppa Davis con una bandiera diversa. L'inizio del torneo è alle porte. L'attesa sale e le polemiche pure. Sarà sicuramente uno Slam che ci ricorderemo per sempre.
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Cos’è Luce!
  • Redazione
  • Board
  • Contattaci

Robin Srl
Società soggetta a direzione e coordinamento di Monrif
Dati societariISSNPrivacyImpostazioni privacy

Copyright© 2021 - P.Iva 12741650159

CATEGORIE
  • Contatti
  • Lavora con noi
  • Concorsi
ABBONAMENTI
  • Digitale
  • Cartaceo
  • Offerte promozionali
PUBBLICITÀ
  • Speed ADV
  • Network
  • Annunci
  • Aste E Gare
  • Codici Sconto