Violenza domestica: oltre 400mila bambini in Italia ne sono testimoni
SOS Villaggi dei Bambini e la campagna “La violenza non è un gioco”, per sensibilizzare l'opinione pubblica su una piaga sociale dalle conseguenze sottovalutate e sostenere il programma di supporto genitoriale “Mamma e Bambino”
In Italia sono oltre 400.000 i bambini e i ragazzi che assistono ad episodi di violenza dentro le mura della propria casa. Numeri che raccontano quanto drammaticamente la violenza contro le donne sia ancora un fenomeno diffuso.
I dati sulla violenza domestica
Secondo l’Istat circa il 50% dei figli delle vittime di abusi assiste ad atti di violenza, mentre il 10% la subisce addirittura. Il fatto è che, quando per un bambino la famiglia si trasforma da elemento primario di protezione a fattore di rischio, le conseguenze e le cicatrici che sarà destinato a portarsi nel cuore e nella testa saranno così profonde da compromettere il suo sviluppo fisico, cognitivo e comportamentale. “Un dramma ancora troppo sottovalutato – commenta Samantha Tedesco, Responsabile Programmi e Advocacy SOS Villaggi dei Bambini -, che necessita di essere conosciuto e affrontato anche con l’aiuto di professionisti che garantiscano il supporto e le cure adeguate.”
La campagna di sensibilizzazione
Ecco perché SOS Villaggi dei Bambini lancia la campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi “La violenza non è un gioco”, con l'idea non soltanto di sensibilizzare l'opinione pubblica rispetto a questo dramma sommerso, ma anche per permettere alle persone di contribuire in maniera concreta al proprio programma di supporto “Mamma e Bambino”, volto appunto a tutelare il benessere psicofisico della mamma e dei bambini nei casi di maltrattamento, trascuratezza e deprivazione socio culturale. Dal 16 al 29 ottobre, con sms o una chiamata da rete fissa al numero solidale 45590, era possibile contribuire al progetto che, prima di tutto, prevede una rete di alloggi per l'accoglienza in media di 48 mamme con i rispettivi figli, per un totale di oltre 110 beneficiari l’anno. “La violenza non è mai un gioco – continua Samantha Tedesco-, è un fatto serio che va preso in considerazione dagli amministratori, dai servizi consultoriali, dalle scuole. Nei nostri 60 anni di lavoro a favore dei bambini più vulnerabili, abbiamo sempre messo al centro il superiore interesse del bambino e la capacità di intervenire prendendo in considerazione la famiglia e la complessa rete di relazioni in cui è immerso. In questa cornice ci impegniamo affinché, nelle situazioni di violenza domestica verso le donne, il binomio mamma-bambino venga protetto, accolto, possa rimanere unito e tornare a vivere serenamente.”
Il programma "Mamma e bambino"
È attivo in tutti i Villaggi SOS presenti in Italia, offrendo accoglienza e rafforzamento delle capacità genitoriali attraverso diverse tipologie di servizi: la Casa mamma con bambino, che accoglie giovani madri con figli e gestanti che hanno bisogno di un sostegno; la Casa per donne vittime di violenza, dedicata a quante sono a rischio di possibili maltrattamenti e che sono costrette ad allontanarsi da casa; e gli Appartamenti per l’autonomia, necessari per lavorare sul recupero della genitorialità e sull'acquisizione dell'indipendenza lavorativa, economica e abitativa. Il progetto offre anche numerose attività per il consolidamento delle capacità genitoriali come sostegno psicoterapeutico, mediazione familiare, sostegno al ruolo genitoriale e percorsi di formazione e lavoro.
Le testimonianze
“Dopo aver vissuto il lutto per mio marito – racconta la signora Fernanda - ho conosciuto un uomo. Il pensiero di avere qualcuno su cui appoggiarmi per l’organizzazione della famiglia ha prevalso e a breve è venuto a vivere a casa nostra. Presto si è rivelato per quello che era. Ricevevamo maltrattamenti verbali e fisici. Vivevamo in continua tensione per paura che lui scattasse. Per qualsiasi motivo: perché i bambini non mangiavano l’insalata, perché non lo chiamavano papà, perché le posate erano messe male. Per niente. Non si poteva parlare del vero papà dei bambini, il nostro passato era da cancellare per lui. “Prima o poi ti ammazzo. Non mi servono le armi, le mie armi sono queste”, diceva indicando le mani e mettendomele al collo. Queste le parole che ero costretta a sentire. Vivevo in una nebbia, ero confusa. Le cose sono diventate chiare con il tempo. L’ho sconfitto con il silenzio. Nell’ultimo periodo non reagivo più e ho deciso di usare il registratore del cellulare per avere delle prove. Ho registrato i suoi deliri e questo mi ha aiutato a salvarmi. C’è un momento in cui scatta dentro di noi qualcosa e dici “Basta, non è giusto. Adesso devo fare qualcosa.” Il primo tarlo me lo aveva messo la pediatra che aveva notato degli atteggiamenti molto bruschi del mio compagno un giorno in cui aveva portato i bambini. “Immagino come tratterà lei”, aveva poi commentato. Da lì ho iniziato a pensare a come fare per evitare che le cose peggiorassero e magari un giorno le maestre arrivassero a dirmi “I suoi bambini oggi piangevano dicendo che il papà mette le mani addosso alla mamma”, con il rischio che mi togliessero pure i figli.”
"Al villaggio mi sentivo al sicuro"
“Mi ricordo tante brutte cose - racconta un'altra mamma che ha aderito al programma e che preferisce rimanere anonima -, prima di tutto perché sono entrata con tante difficoltà ed ero sempre agitata, perché sono sola qua in Italia. Ho avuto tre bambini. Ho sempre avuto paura perché lui non è un bravo papà, cioè faceva delle cose che non andavano bene, che un padre di famiglia non dovrebbe fare. Usava stupefacenti, era alcolizzato. Quando siamo entrati al Villaggio, ci hanno accolto subito molto bene. Abbiamo passato un periodo bellissimo lì dentro. All'inizio la convivenza non era semplice, non accettavano i miei bambini perché loro erano abituati sempre ad abitare da soli, senza amici, senza nessuno. Però poi ho passato un periodo di quasi 6 mesi dentro e ci siamo abituati a tutto, tanto che poi ci è dispiaciuto quando siamo andati via. Sono bravi educatori, non solo con le mamme ma anche con i ragazzi, con i bambini piccoli. Ancora adesso ci cerchiamo, ci sentiamo sempre. Negli anni passati con il papà dei bambini, le brutte e le belle cose che ho vissuto le ho tenute sempre per me e non ho mai detto niente a nessuno, finché non ho conosciuto la mia educatrice al Villaggio e con lei ho tirato fuori tutto quello che avevo dentro. Mi sentivo sicura, soprattutto per i miei bambini. Il mio figlio grande è ancora agitato, però lei sapeva come prenderlo. E quando ero agitata io, lei mi guardava e capiva quello che avevo dentro. Mi ha aiutato a cambiare, a fidarmi un po' di più della gente.”
Le operatrici
Anche la testimonianza delle operatrici che lavorano nei Villaggi dei Bambini, a stretto contatto con le mamme, è altrettanto impattante: “Una delle prime mamme con cui ho lavorato è arrivata qui con il suo bambino, e aveva un disturbo psichiatrico non ben identificato. A livello burocratico abbiamo fatto molta fatica, nel senso che ci sono voluti mesi per farla prendere in carico dal Servizio di Psichiatria del nostro territorio. Nel frattempo, dal punto di vista genitoriale, la mamma era in difficoltà: poco presente con il figlio, molto “catatonica”, faceva fatica a leggere i bisogni del bambino e a rispondergli anche quando era guidata da noi. Dal punto di vista affettivo sembrava repressa. Dopo alcuni mesi i servizi hanno iniziato a premere per una valutazione e le colleghe erano pronte a scrivere una relazione in cui si elencavano molti comportamenti negativi. Io mi sono opposta in modo forte a produrre una relazione in quel momento e ho scritto al servizio di attendere finché non fosse stata fatta una diagnosi e tentata una cura per questa signora. Quando, dopo altri mesi, si sono sbloccate le faccende burocratiche e la signora è stata finalmente presa in carico in modo serio dal Centro di Salute Mentale, le è stato diagnosticato un disturbo bipolare ed è stata curata farmacologicamente e con un terapia psicologica di supporto. Da quel momento è fiorita. Dal punto di vista genitoriale, lavorativo e sociale ha iniziato a rispondere bene e nel giro di un anno ha terminato con successo il suo percorso in Mamma-Bambino, trovando casa e lavoro.”
Come aiutare il progetto
Sostenere il lavoro delle operatrici dei Villaggi dei Bambini è possibile anche attraverso la collaborazione attivata dall'Organizzazione con Amazon. In occasione del “Charity Month” di Amazon, infatti, il negozio online metterà in vendita il bracciale #nonèmaiungioco . Simbolo della campagna “La violenza non è un gioco”, in cui due cerchi d’argento uniti tra loro rappresentano il legame indissolubile tra la mamma e il figlio. Per informazioni www.sositalia.it/la-violenza-non-e-un-gioco