La preside scrive ai bocciati: "Non siete perdenti, credete in voi più di prima"

La dirigente del liceo Bottoni di Milano, Giovanna Mezzatesta, in una lettera agli studenti che non hanno superato l'anno: "Per noi è bruttissimo, significa ammettere di aver fallito"

di MARIANNA GRAZI -
15 giugno 2023
studenti quadri

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Dalla parte degli ultimi che poi ultimi, in realtà, non sono. Perché bocciare non significa fallire o essere dei perdenti, degli 'sfigati' senza speranza. Non è così. Ne è convinta Giovanna Mezzatesta, preside del liceo scientifico Bottoni in via Mac Mahon a Milano, che con una lettera si rivolge agli studenti e alle studentesse che non hanno superato l'anno scolastico. In un sistema sempre più competitivo, votato alla performatività, in cui eccellere è la norma e l'ansia da prestazione pure, il gesto della dirigente spicca per la sua umanità.

Il mea culpa della preside

A quei ragazzi e ragazze che, insieme al corpo docenti, è stata costretta a non promuovere, Mezzatesta rivolge parole di conforto e di speranza: niente giudizi, la scuola è finita e anche per loro è tempo di guardare avanti. A un futuro che, seppur in salita, non è loro precluso.
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Studenti di liceo: la preside del Bottoni di Milano scrive una a chi non è stato promosso

La preside non rinfaccia loro le mancanze che li hanno portati a perdere l'anno, il tempo perso, il restare indietro. Piuttosto il suo è un mea culpa che rivela il lato umano, quasi materno, empatico di questa donna, che evidenzia - senza togliere le ovvie responsabilità  degli studenti bocciati - come le responsabilità non sia solo individuale.

La lettera

La missiva della dirigente del Bottoni di Milano, apparsa sui suoi social, ha un obiettivo ben preciso: infondere a studenti e studentesse la fiducia necessaria a superare la bocciatura, quell'autostima che spesso viene meno leggendo quella che purtroppo spesso è considerata una sentenza di fallimento: "Non ammess*".
Eccoti lì davanti al PC. Ci dovrebbe essere scritto: 'Non ammesso alla classe successiva', oppure forse 'Non ammesso agli esami'. Immagino che ci starai odiando. Forse starai pensando che nel decidere questa cosa abbiamo voluto punirti. O addirittura che l’abbiamo fatto perché ci stai antipatico/a, perché non ti sopportiamo, perché abbiamo voluto darti 'una lezione'".
Il senso di frustrazione, l'arrabbiatura, la punizione ritenuta eccessiva o ingiusta. Sentimenti negativi che sul momento sono assolutamente normali, che spingono ad attribuire la 'colpa' al professore o alla professoressa stron*i, ai docenti piuttosto che a se stessi. Ma le cose non stanno proprio così.
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Giovanna Mezzatesta vuol mandare agli studenti e alle studentesse bocciate un messaggio di vicinanza, empatia, spronandoli a ritrovare speranza e fiducia nel futuro

"So già che non mi crederai, ma per me, per noi, è bruttissimo quando succede. Quando alziamo la mano per decidere la non ammissione, io come la maggior parte di noi, stiamo male, ma sul serio. Bocciare un/a ragazzo/a significa ammettere di aver fallito. Ammettere di non essere riusciti a motivarti, a farti venir voglia di dare il meglio di te, o ad appassionarti".
Giovanna Mezzatesta fa una dichiarazione coraggiosa: se di fallimento si vuole parlare, questo riguarda anche il corpo insegnanti. Che non hanno 'preso di mira' quello o l'altro studente per antipatia personale ma che, nel loro lavoro, hanno evidentemente sbagliato qualcosa con loro.
"Certo, però, che un po’ anche tu…, sì insomma, potevi dare di più! Ma non è solo questo. Non è mai, solo questo.
Perché sì, la responsabilità è e deve essere condivisa: è tanto dei docenti quanto, ovviamente, degli studenti che non hanno superato l'anno. Per poco studio, per problemi esterni alla scuola, per ragioni nascoste che spesso è anche difficile indagare. E allora la dirigente prova a spiegare con parole semplici quello che accade:
"È come quando decidi di fare un bel regalo a una persona a cui vuoi bene, un qualcosa di fatto da te[...] e poi scopri che quel regalo se ne sta buttato lì dentro un cassetto, mai usato. Sì certo, un po’ magari sei tu che potevi sforzarti di più, ma niente riesce a togliermi dalla testa l’idea che se il regalo è finito dentro il cassetto, beh, è anche colpa mia che ne ho fatto uno non adatto a te".
O ancora, un'altra metafora calzante della relazione che si stabilisce tra professori e studenti:
"O come quando chiedi a una ragazza o a un ragazzo di uscire e lei/lui dice 'Sì sì certo, volentieri' e poi non si presenta all’appuntamento, o come quando perdi una partita importante, come quando costruisci qualcosa e poi quel qualcosa si rompe. È così che mi sento, così che ci sentiamo, anche noi".
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Spesso la bocciatura è vista come un fallimento, in un periodo in cui la performatività e l'eccellenza sono la norma

Il messaggio di speranza

La dirigente del liceo milanese, nella sua lunga lettera, vuole quindi anche mandare un messaggio di speranza a questi ragazzi e ragazze, perché non si demoralizzino, perché guardino con fiducia al futuro che li aspetta non lontano. E lo fa, ancora, con una metafora che fa comprendere quanto sia loro vicina, anche di mentalità, e non la algida e severa direttrice che dal suo ufficio decide sulla vita altrui.
"Per cui ti voglio dire una cosa. Che vale sia per me, che per te. Tu Il prossimo anno sarai, dovrai essere, lì, di nuovo. Saremo ancora insieme - sì lo so, che palle, in classe con quei mocciosi, che palle -. Abbiamo perso una partita. Abbiamo giocato male. Ma è una partita, non è tutto il campionato". "Adesso un anno in più ti sembra un’eternità, e tanti ti diranno che così resti indietro, che sei un perdente, che non capisci niente: non è così. Hai il tempo dalla tua. Fra dieci anni nessuno si ricorderà di questa bocciatura.
Non siete perdenti. Non siete dei falliti. Quello che Mezzatesta dice ai suoi giovani alunni è che non sarà quella bocciatura a definirli. Per questo è inutile ascoltare chi dà giudizi affrettati, senza senso. Perché il tempo è dalla loro, perché non è la durata del percorso a determinarne il successo o l'insuccesso.
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La dirigente del liceo scientifico Bottoni di Milano

"Tutti guarderanno la persona che sarai diventato/a, non certo quanti anni ci hai messo a finire la scuola. E la persona che diventerai, che stai diventando, comincia da domani mattina, quando ti sveglierai. Comincia dalla tua voglia di dimostrare che puoi dare molto di più. Che puoi dimostrare a tutti il tuo valore. Comincia da quanta forza sei disposto/a a mettere sul piatto per realizzare i tuoi sogni. Io sarò lì, promesso. E vedrai che ce la farai!".
E infine, ci tiene a dare un ultimo consiglio:
"Un’ ultima raccomandazione: on aver paura di ciò che diranno gli altri, di essere giudicato male o sminuito per questa piccola sconfitta. È dentro di te che devi trovare la forza di andare avanti, e sono certa che ce la farai. Quasi sempre è dagli insuccessi che nascono le più grandi vittorie. Credi in te stesso/a ancora più di prima, come noi faremo con te. E se hai bisogno di piangere, piangi. Presto saranno lacrime di gioia".