Lucas potrebbe essere il primo ragazzo al mondo a vincere un tumore incurabile

Il 12enne belga aveva un cancro pediatrico molto aggressivo. Dopo sei anni dall'inizio delle cure nel suo corpo non ce n'è più traccia

di MARIANNA GRAZI
29 settembre 2023

2020-10-23

Come dare un nome a ciò che non è mai successo? A quello che non esiste? Lucas, 12 anni, potrebbe essere il primo bambino al mondo a sconfiggere un cancro incurabile. Un miracolo? Una magia? Definirlo è impossibile e forse ancora azzardato.Parlano gli esami, parla il volto sereno e spensierato dell'adolescente, le facce commosse dei suoi genitori. All'ospedale Gustave-Roussy di Villejuif (Val-de-Marne), il dottor Jacques Grill parla di "remissione molto lunga" e "forse guarigione", ma non vuole ancora esporsi né dare false speranze ai genitori del ragazzo, i quali però optano per un chiaro "non gli è rimasto più niente".

Nessuna traccia di tumore

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Dagli esami a sei anni dalla diagnosi e a un anno dall'interruzione del trattamento non risulta più esserci traccia del tumore

Sei anni dopo la diagnosi e un anno dopo la fine del trattamento, questo bambino belga, non mostra più alcuna traccia di un cancro pediatrico estremamente aggressivo, un glioma infiltrante del tronco cerebrale, che colpisce diverse decine di bambini ogni anno.  I medici stanno studiando il suo caso, unico al mondo, per aiutare altri giovani pazienti. Nessuno, per ora, vuole azzardare una conclusione definitiva, con il rischio di portarsi sfortuna. Ma il suo caso potrebbe essere un importante tassello nella ricerca contro questo tipo di patologie.

Lucas, la diagnosi a 6 anni

Lucas aveva appena 6 anni e stava trascorrendo le vacanze estive in campeggio con i nonni, quando è arrivata la terribile diagnosi. Il leggero fastidio al naso, la difficoltà nella minzione, il corpo che barcollava leggermente nascondevano in realtà un tumore ben radicato nel cervello. "La nostra fortuna è che la specializzanda in neurologia (dell'ospedale locale, ndr) ci ha subito parlato del Gustave-Roussy. Sapeva che lì si stava svolgendo un'importante sperimentazione clinica", spiega Cédric, padre 45enne di Lucas e manager informatico. Dopo aver affrontato una prima "battaglia amministrativa" per essere ammessi allo studio francese, padre e figlio sono immediatamente partiti per il vicino Stato. Dopo una biopsia a Necker, Lucas inizia la prima delle sue 30 sedute di radioterapia a Roussy.

La battaglia contro il cancro

Ormai ha dimenticato il vomito e preferisce ricordare, con uno sguardo raggiante, il "passaggio segreto" che collegava la casa dei suoi genitori all'ospedale. Il papà ammette di aver anche pensato di lasciar perdere: "Eravamo fiduciosi, ma i medici sono stati chiari. Ci hanno fornito le statistiche, che non erano buone, per niente buone...". È difficile per un papà pronunciare parole inconcepibili quando il figlio è vicino. Parlare di "incurabile" significa non essere un genitore. Significa arrendersi, significa non riuscire a trasmettere la speranza che non riusciva a trovare dentro di sé. Con la moglie Olesja, Cédric pianifica di andare negli Stati Uniti o in Messico, dove altre famiglie si recano sperando di trovare il Santo Graal medicinale. Poi desistono, restano a Villejuif, accettando che il figlio inizi il trattamento.  E qui scatta l'incantesimo: il corpo di Lucas contrasta il male, eliminando gradualmente la malattia. Per cinque anni, incredibilmente, tutti i segnali rimangono buoni, al punto che la domanda diventa ovvia: dobbiamo continuare a somministrare quotidianamente farmaci così potenti?

Un caso studio rivoluzionario

"Non sapevo quando smettere, né come, perché non c'erano riferimenti simili al mondo...", dice il primario Jacques Grill. Il medico ricorda in particolare una scena, nel suo studio: accenna all'idea di fermarsi, prescrive un'ultima scatola di farmaci, si sente dire da Lucas che gliene è già avanzata una. "Era impossibile, ho consegnato esattamente il numero di compresse necessarie tra due consultazioni – aveva osservato il dottore –. Lì ho capito che non lo prendeva più...". La famiglia e gli specialisti a quel punto hanno concordato di porre fine al trattamento. "È stato un momento emozionante e rischioso", racconta il padre del ragazzo. "Ci siamo detti: perché cambiare la strategia vincente? Ma dovevamo andare avanti...". Quasi un anno dopo, niente. Nessuna traccia del tumore. Tranne una piccola "ombra" che persiste nelle radiografie e che nessuno riesce a chiarire se sia un residuo della malattia o una cicatrice della biopsia.

Non esiste una cura miracolosa

Questo risultato incredibile, che medici e familiari esitano nel definire per paura che l'incantesimo si spezzi, è dovuto alle compresse bianche che Lucas ha ingerito quotidianamente per cinque anni? Purtroppo no. Non esiste una cura miracolosa. Questo deve essere chiaro. "Si ritiene che Lucas abbia avuto una forma particolare della malattia. Dobbiamo capire cosa è accaduto e perché, per riuscire a riprodurre medicalmente in altri pazienti quello che è successo naturalmente con lui. Sarebbe fantastico", prosegue il dottor Grill. Gli altri otto giovani pazienti dello studio sono oggi considerati long responders, senza ricadute a tre anni dalla diagnosi. Una speranza che alimenta anche il medico: "Lucas ci dimostra che, anche quando lo spiraglio è molto stretto, bisogna metterci il piede". "Vorremmo davvero che fosse utile, che non fosse un'eccezione", si sfoga Cédric, che ogni volta che il figlio deve fare un nuovo esame sente come un nodo allo stomaco. Lucas invece, come qualsiasi adolescente, rimane in silenzio in questi momenti, salta felice sul suo trampolino, preferendo sognare un futuro da YouTuber che parlare di un passato doloroso.