Scarcerato, ma non assolto. Una gioia non completa, ma che dà comunque speranza. La notizia che arriva da Mansura, in Egitto, sul delta del Nilo, è che Patrick Zaki, studente egiziano dell'università di Bologna sotto accusa per diffusione di false informazioni attraverso articoli giornalistici e detenuto da 22 mesi, dopo il rinvio a giudizio a settembre e i continui rinnovi di custodia cautelare, potrà finalmente uscire dal carcere. La decisione del giudice monocratico, durante la terza udienza del processo a carico del 30enne, è arrivata dopo appena 4 minuti di seduta, sospesa velocemente visto che la sua legale, Hoda Nasrallah, aveva chiesto l'acquisizione di altri atti per dimostrare una presunta illegalità durante l'arresto (avvenuto il 7 febbraio 2020 all'aeroporto del Cairo) e la correttezza dell'articolo sui copti su cui si basa lo stesso processo (ritenuto invece falso dalle autorità egiziane). L'assoluzione sperata dai legali del ragazzo non è arrivata e Zaki rischia ancora una condanna fino a cinque anni di reclusione. Ma potrà intanto lasciare la cella, anche se non è ancora chiaro quando, se già oggi - martedì 7 dicembre - o nei prossimi giorni. Secondo quanto si apprende, non gli è stato imposto l'obbligo di firma in vista della prossima udienza, fissata il primo febbraio. "Abbiamo appreso che la decisione è la rimessa in libertà ma non abbiamo altri dettagli al momento", ha spiegato la legale Nasrallah. Si tratta comunque di un passo avanti significativo anche per le su condizioni di salute, sui cui però sono arrivate rassicurazioni dallo stesso studente. In aula infatti erano presenti una delegazione dell'Unione europea, due diplomatici italiani e funzionari delle ambasciate di Stati Uniti, Spagna e Canada, che come ad ogni appuntamento hanno manifestato l'attenzione straniera sulla vicenda, per monitorare il corretto svolgimento delle udienze e il rispetto dei diritti umani e civili. Invece, secondo una fonte, per la prima volta si è presentato al processo anche un pm. Poco prima dell'inizio dell'udienza un diplomatico italiano si è potuto avvicinare alla gabbia degli imputati e scambiare qualche parola con lui, rappresentandogli la vicinanza delle istituzioni italiane. Alla domanda su come stesse Patrick Zaki ha risposto, alzando il pollice, "Bene, bene, grazie" e ha tenuto a ringraziare anche per quello che l'Italia e l'Ambasciata stanno facendo per lui. Fuori dal tribunale il diplomatico italiano si era intrattenuto anche con i genitori del ragazzo, George e Hela, poco prima. Le sue parole rassicurano dunque l'opinione pubblica e le istituzioni, allontanando l'ipotesi di violenze nei suoi confronti che era circolata ieri anche se smentita dall'associazione Patrick Libero. Rimane invece apprensione sulle nuove condizioni detentive a cui è stato sottoposto, dopo il trasferimento dal carcere di Tora a quello di Mansura: una fonte informata sulle condizioni carcerarie ha spiegato infatti che "si sta meglio a Tora, dove almeno c’è il bagno in cella. Qui a Mansura dopo le 4 del pomeriggio si può usare solo il bugliolo, il secchio usato come latrina dentro la cella". Soddisfatto per la decisione il portavoce di Amnesty International Italia Riccardo Noury: "Un enorme sospiro di sollievo perché finisce il tunnel di 22 mesi di carcere e speriamo che questo sia il primo passo per arrivare poi ad un provvedimento di assoluzione". Così commenta la notizia della scarcerazione di Zaki: "L'idea che Patrick possa trascorrere dopo 22 mesi una notte in un luogo diverso dalla prigione ci emoziona e ci riempie di gioia. In oltre dieci piazze italiane questa sera scenderemo con uno stato d'animo diverso dal solito e più ottimista". E una nota arriva anche dalla città che aveva 'adottato' lo studente, Bologna, con il sindaco Matteo Lepore che dichiara: "La notizia che tanto aspettavamo. Patrick Zaki sarà scarcerato. Speriamo presto di poterlo riabbracciare qui a Bologna".