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Robinho condannato per stupro, mandato d'arresto internazionale per l'ex attaccante del Milan

di REMY MORANDI -
15 febbraio 2022
Robinho

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Robinho condannato per stupro. La Procura di Milano ha inoltrato al Ministero della Giustizia la richiesta di estradizione e il mandato di arresto internazionale per il calciatore ed ex attaccante del Milan, Robinho, pseudonimo di Robson de Souza Santos, condannato in via definitiva a nove anni di reclusione per violenza sessuale di gruppo ai danni di una ragazza allora di 23 anni, commessa a Milano nel 2013.

Robinho, l'ex attaccante del Milan, è stato condannato per stupro nei confronti di una ragazza di 23 anni

Il Brasile non consente l'estradizione di Robinho

L'ordine di carcerazione è stato inviato al ministero di Giustizia che si occuperà di inoltrarlo alle autorità del Brasile, Paese in cui attualmente si trova il calciatore 38enne. È improbabile però che Robinho sarà consegnato alla giustizia italiana perché la Costituzione federale brasiliana non consente l'estradizione dei propri cittadini, ma con il mandato d'arresto internazionale Robinho potrebbe essere arrestato qualora uscisse dal Brasile e fosse rintracciato in un'altra nazione che prevede accordi d'estradizione con l'Italia.
 
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Per cosa è stato condannato Robinho

L'ex attaccante del Milan Robinho, assieme ad un amico, è stato condannato in via definitiva il 19 gennaio scorso a nove anni di reclusione per violenza sessuale di gruppo su una ragazza albanese di 23 anni, che subì abusi in un locale a Milano la notte del 22 gennaio 2013. Secondo le indagini, Robinho avrebbe fatto bere la giovane - che stava festeggiando in quel locale il suo compleanno - fino a farla diventare incosciente e a quel punto il gruppo con cui era il calciatore ne avrebbe approfittato per violentarla a turno, senza che lei potesse opporsi. Nella sentenza di secondo grado, la Corte scrisse che l'ex attaccante del Milan e i suoi "complici" hanno manifestato "particolare disprezzo" nei confronti "della vittima che è stata brutalmente umiliata".

Pelé e Robinho. 'O Rei' considerava il ragazzo brasiliano suo "erede"

Robinho, carriera e palmarès dell'attaccante considerato da Pelé suo "erede"

Robinho è nato nel 1984 a San Paolo in Brasile. A 12 anni il talento del ragazzo viene scoperto da Pelé che lo porta nel 1996 a giocare nella squadra brasiliana del Santos. Considerato dallo stesso 'O Rei' suo "erede", il calciatore rimane al Santos fino al 2005, anno in cui viene acquistato dal Real Madrid per 30 milioni di euro. Tre anni dopo, passa al Manchester City e nel 2010 atterra in Italia, acquistato dal Milan per 18 milioni di euro. Qui l'attaccante brasiliano vince la Serie A nella stagione 2010-2011 e la Supercoppa Italiana nel 2011. Dopo l'esperienza in Italia, il calciatore torna in Brasile a giocare con il Santos. Poi tenta alcune avventure anche in Cina e in Turchia. Nel suo palmarès Robinho vanta una Copa América (Venezuela 2007), due Confederations Cup (Germania 2005 e Sudafrica 2009) e partecipa a due Mondiali (Germania 2006 e Sudafrica 2010).
L’ex fidanzata dell’attaccante del Manchester United, Mason Greenwood, lo ha accusato su Instagram di averla aggredita

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Mason Greenwood, arrestato per stupro l'attaccante del Manchester United

Solo due settimane fa un'altra storia di un calciatore accusato di stupro. Alla fine dello scorso gennaio l'attaccante del Manchester United Mason Greenwood è stato arrestato per aggressione e stupro ai danni della fidanzata. Harriet Robson - questo il nome della compagna del calciatore - aveva pubblicato sul proprio profilo Instagram una serie di storie che la ritraevano con labbra e volto insanguinati, con lividi sulle gambe e in altre parti del corpo. "Ora tutti sanno cosa mi sta facendo Mason Greenwood", aveva accusato la fidanzata. La stessa Robson aveva poi documentato le aggressioni del calciatore anche con una registrazione audio di un presunto litigio tra i due. Le forze dell'ordine, dopo la denuncia della ragazza, hanno fatto scattare l'arresto di Mason Greenwood. Il suo club, il Manchester United, aveva rilasciato una dichiarazione in cui confermava che il giocatore fino a nuove indicazioni non sarebbe potuto tornare ad allenarsi, perché "la società non perdona la violenza di nessun tipo".