La morte di Satnam Singh, bracciante agricolo di origine indiana, è solo l’ultimo caso di infortunio mortale sul lavoro che riempie tristemente le prime pagine dei giornali e dei tg. Un fatto talmente usuale, ormai, da non destabilizzare più l’opinione pubblica se non per un brevissimo lasso di tempo, né in grado di promuovere azioni concrete a favore dei diritti dei lavoratori, specialmente di quelli invisibili come i braccianti. Ma i dettagli raccapriccianti, questa volta, hanno acceso riflettori che, si spera, rimangano fari accecanti.
Singh, trasportato d’urgenza in ospedale solo due ore dopo l’infortunio con politraumi e un braccio amputato, è poi deceduto poco dopo. Al momento del ricovero versava già in condizioni gravissime, avendo trascorso moltissime ore in assenza di soccorsi. Stando al racconto della moglie e dei vicini di casa, il giovane è stato abbandonato per strada.
“Si sentivano le urla della moglie che continuava a chiedere aiuto, poi abbiamo visto un ragazzo che lo teneva in braccio e lo ha portato dietro casa. Noi pensavamo lo stesse aiutando, ma poi è scappato via". È la drammatica testimonianza di Noemi Grifo e Ilario Pepe, i due ragazzi che ospitavano Satnam Singh.
Il ruolo della criminalità organizzata
La piaga del caporalato, da anni, è solo l’anello conclusivo di una vera e propria tratta di esseri umani che, complici le infiltrazioni mafiose che la gestiscono, promette a migliaia di persone in assoluta povertà un futuro migliore nel cuore dell’Europa, che spesso sfocia in sfruttamento sessuale o lavorativo, il più delle volte in campo agricolo.
La mancanza di tutele e, in origine, delle più basilari misure di sicurezza, è indice di una corsa al profitto che ignora completamente le tutele e i diritti di coloro che, a stento, non vengono considerate persone, ma pedine da muovere in funzione del risparmio aziendale e del profitto. Il sistema sfrutta la vulnerabilità dei lavoratori migranti, costretti a lavorare in condizioni estreme per salari che spesso non rasentano neppure i tre euro l’ora e spinge sulle difficoltà economiche in cui versano determinati settori.
Il clima di paura e sottomissione che i caporali creano viene mantenuto costante tramite continue minacce e intimidazioni, volte a reprimere in partenza eventuali proteste.
Gli incidenti, spesso insabbiati o nascosti, non consentono una concreta presa di coscienza del fenomeno, contribuendo a mantenere invariato il continuo meccanismo di sfruttamento che, di anno in anno, coinvolge migliaia di persone scappate dai loro luoghi di nascita in cerca di un futuro migliore. Una vera e propria violazione dei diritti umani fondamentali che, nel nostro paese, meriterebbe un’attenzione decisamente maggiore, nonché azioni concrete volte a limitarne la diffusione e l’attuazione. Il ruolo della criminalità organizzata, ovviamente, incrudisce le modalità tramite le quali queste violazioni vengono svolte, complicando i tentativi di repressione dell’illegalità da parte delle istituzioni.
I numeri e i luoghi del caporalato
Secondo il rapporto Flai Cgil sul caporalato, nel 2021 sono stati 230mila i lavoratori irregolari sfruttati nei campi. Tra loro, oltre 55mila donne, spesso impiegate nelle stesse aziende dei loro mariti, proprio come nel caso di Sony e Satnam Singh. Numeri da capogiro, che testimoniano quanto i riflettori, ad oggi, siano puntati da tutt’altra parte, contribuendo a non rendere giustizia e a non sollecitare un intervento del legislatore su una tematica di primaria importanza.
Puglia, Campania, Sicilia, Lazio e Calabria le regioni maggiormente coinvolte, con oltre il 40% del totale dei lavoratori senza regolare contratto e tutele. Ma anche il centro nord, complici i grandi appezzamenti agricoli della Pianura Padana, non è da meno, con cifre che variano tra il 20% e il 30% del totale dei lavoratori irregolari.
Modalità di sfruttamento che riguardano prevalentemente il settore agricolo, esente da controlli mirati a eradicare il fenomeno, in particolare nei luoghi dove la criminalità organizzata costituisce parte integrante dell’organigramma sociale, arrivando a sostituirsi alle istituzioni.