"Voglio prendere il seme congelato del mio compagno morto, all'estero potrei fare un figlio" ma la legge glielo vieta

Il fidanzato, malato di tumore, aveva deciso di congelare il suo seme prima di morire. Nel testamento lo ha lasciato a lei in eredità, ma il centro non glielo concede. Battaglia in tribunale

di TERESA SCARCELLA -
3 febbraio 2024
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"Voglio avere un figlio con il seme congelato del mio compagno, morto. Voglio poter costruire quel futuro che avevamo in programma insieme. Non ho paura di essere sola, anche perché non lo sarei". Chi parla è Caterina (il cognome preferisce non dirlo). Ha perso il compagno nel 2019. Stavano progettando di sposarsi, avevano quasi finito di ristrutturare casa, ma il destino si è messo in mezzo. Matteo, è il nome del fidanzato, è morto troppo presto. Di lui, però, sono rimasti i gameti congelati in modo preventivo, con cui Caterina vorrebbe avere quel figlio che desideravano insieme. Ma in mezzo, stavolta, si mette la legge.

La storia

È marzo 2019 quando Matteo, all’epoca 28enne, scopre di avere un tumore. Le cure che deve affrontare possono compromettere la sua fertilità, così decide di congelare il proprio seme. E per farlo si rivolge al Centro per la crioconservazione di Careggi, a Firenze. Qui, come da prassi, firma il consenso al deposito e con esso le condizioni: i gameti vengono conservati per 3 anni, durante i quali possono essere ritirati solo da lui altrimenti, scaduti i tempi o in caso di morte (come in questo caso) vengono distrutti. Succede, però, che le sue condizioni di salute peggiorano. Morirà pochi mesi dopo. Ma lascia un testamento olografo con cui autorizza la compagna a ritirare il campione di sperma. Quando lei prova a dar seguito a questo lascito, il centro le dice “no“. Di fronte al rischio che il campione seminale venga distrutto lei, insieme alla famiglia del compagno, assistiti dagli avvocati Matteo Forconi e Roberto Inches, decidono di far causa all’Azienda ospedaliera. Dal loro punto di vista il testamento dovrebbero prevalere sul modulo di consenso.
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Matteo Forconi, uno degli avvocati che assistono la famiglia di Matteo

In Italia è vietata la fecondazione assistita dopo la morte di uno dei futuri genitori

Il nodo della questione è anche un altro ed è contenuto nella legge 40 del 2004, secondo cui la procreazione assistita non può essere effettuata nel caso di morte di uno dei due membri della coppia. Il requisito essenziale per la procedura è che entrambi siano in vita. Ma questo, eventualmente, sarebbe il passaggio successivo. Prima c’è la consegna del liquido seminale e su questo la legge non è chiara.
Evidentemente perché si dà per scontato il fine ultimo del ritiro dello sperma, ovvero la fecondazione assistita. "Voglio solo che venga rispettata la volontà di mio figlio - aggiunge con rabbia e dolore la mamma di Matteo, Sandra - Poi, liberando il centro di ogni responsabilità, se Caterina deciderà di procreare, lo farà all’estero" (in alcuni paesi è possibile). O in Italia, se nel frattempo sarà cambiato qualcosa. "Basta anche solo una virgola diversa per cambiarmi la vita" conclude Caterina.
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Il testamento e l'eredità del seme

La battaglia legale, poi, è anche su un'altra questione: i gameti possono essere considerati beni ereditabili? Secondo una sentenza del 2013 del tribunale di Roma sì, ma anche in questo caso la giurisprudenza non parla chiaro. L’etica complica le cose.
Per ora la legge dà ragione all'Azienda ospedaliera. Nel 2021 il tribunale civile di Firenze, con una sentenza di primo grado, non ha concesso alla famiglia di Matteo di ereditare il liquido seminale. Lo ha fatto sulla base del consenso firmato da Matteo all'epoca della crioconservazione, che lo avvisava appunto delle condizioni e dell'eventuale distruzione in caso di morte. E lo fa, ovviamente, sulla base della normativa che vieta categoricamente la fecondazione post mortem in Italia.
La compagna e la famiglia del ragazzo, però, non ci stanno. Non hanno nessuna intenzione di fermarsi qui. Infatti hanno già fatto richiesta di appellarsi alla sentenza, per cui si tornerà in aula ad aprile. Una causa senza dubbio complicata, con tanti nodi da sciogliere e vuoti normativi da colmare. Si prevede, purtroppo per i diretti interessati, una lunga battaglia.